Italia
Si è tenuto a Roma il 15 aprile 2010, presso
Un Contratto di servizio pubblico che è scaduto nel dicembre del 2009 e che in vista del suo rinnovo può e deve essere modificato, con lo scopo di ottenere dalla televisione degli italiani, perché pagata con il canone dai cittadini, uomini e donne, una rappresentazione dell’universo femminile più ampia possibile, per portare sul grande schermo ciò che le donne sono e fanno nella vita reale di tutti i giorni, tra difficoltà e successi, dolori e felicità. Oltre al codice, l’Appello richiede espressamente la costituzione di un Comitato in grado di garantire il rispetto delle regole, perché solo in questo modo sarà possibile, in breve tempo, porre rimedio alla degradante immagine che i media offrono della donna, nella speranza di offrire ai più giovani un modello culturale di riferimento della femminilità non stereotipata, ne tanto meno strumentalizzata a meri fini commerciali o di audience.
Tante donne in questi mesi si sono convinte della bontà e della necessità dell’iniziativa che, attraverso la campagna di diffusione via web promossa da Key4biz, ha saputo farsi strada nel mondo dell’informazione, ottenere visibilità e raccogliere consensi e risultati tangibili. Prova ne è stata l’invio di un nuovo messaggio di saluto al convegno da parte del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, letto in sala dal presidente del comitato per le Pari Opportunità, Mirella Ferlazzo, con alcune considerazioni che vanno ben oltre le semplici formalità e che esigono il rifiuto della comunicazione di un’immagine della donna che: “Risponda a funzioni ornamentali o che venga offerta come bene di consumo, attraverso una forma di rappresentazione che offende profondamente la dignità delle donne italiane“. Una sensibilità di uomo, prima che di Capo dello Stato, che deve essere portata ad esempio a tutto il genere maschile, con un richiamo forte già rivolto, in occasione della cerimonia dell’8 marzo di quest’anno al Quirinale, “Alle donne di domani, sollecitando le adolescenti che si apprestano ad entrare nell’età adulta a esigere il rispetto della loro dignità di donne. L’impegno a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, contenuto nell’articolo 3 della nostra Costituzione, così come la richiesta rivolta dall’articolo 117 alle leggi regionali di rimuovere ogni ostacolo che impedisce la piena parità tra donne e uomini, si riferiscono ovviamente anche al diritto ad ottenere uguale rispetto e dignità per i cittadini di entrambi i sessi“. Un richiamo ai valori democratici della nostra carta costituzionale e un invito a porre un argine forte e deciso verso il dilagante disprezzo della dignità femminile, così evidente in ogni ambito, compreso quello famigliare.
Altrettanto di rilievo è stata la presenza, al convegno ‘Donne in Tv e nei Media’, del ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, testimonianza evidente di una crescente attenzione a certe tematiche anche da parte del mondo politico e istituzionale. Nel suo intervento di apertura del convegno, il ministro ha sottolineato quanta strada le donne hanno percorso nella sfera sociale, civile, economica del paese, invitando però a riflettere anche su quanto ancora ci sia da fare: “In Italia il tasso di occupazione femminile è al 46%, ben al di sotto della media europea, segno che la donna non riesce ad affermarsi pienamente nel mondo del lavoro e questo è un problema serio, meno sentito nel Nord del paese, dove tale tasso di occupazione è al 57% circa, più evidente nel Sud, con appena il 30% delle donne occupate“. “Una disuguaglianza – ha sottolineato Scajola – che è forte nel paese e troppo marcata anche se confrontata con il resto d’Europa, sintomo di una malessere grave, che può portare a squilibri pesanti in termini sociali, ma anche economici, impedendo uno sviluppo equilibrato della nostra economia in termini di PIL procapite e tassi di competitività, che già vedono l’Italia in posizione arretrata“.
Un richiamo il ministro lo ha fatto anche alla televisione e ai media in genere, troppo propensi a offrire al pubblico un’immagine della donna che non corrisponde alla realtà del paese e su cui bisogna intervenire con più decisione, proprio attraverso le modifiche proposte dal Comitato al Contratto di servizio Rai: “Facendo in modo che la televisione pubblica ritorni a raccontare le storie di vita della gente, delle donne, storie di successo nel mondo del lavoro, di affermazione sociale e civile, lontane dalle immagini stereotipate e cariche di sessualità che siamo abituati a vedere in televisione ogni giorno“. A riguardo Scajola ha voluto garantire alla platea il suo massimo impegno per vigilare sul rispetto degli emendamenti che il Contratto di servizio Rai si appresta a raccogliere: “Perché è attraverso l’educazione del pubblico che si riesce ad agire in modo efficace in termini di modelli culturali diversi e più rispettosi della dignità umana, slegati dagli stereotipi dominanti e i vincoli di audience, offrendo nuove narrazioni del quotidiano, più consone ai valori e ai principi che animano il vivere civile di un paese“.
Cambiamento che Gabriella Cims, dando il via ai lavori, ha voluto sottolineare come “Necessario per cancellare il modo stereotipato con cui i media, non solo la televisione, ma anche i giornali, propongono l’immagine della donna, segno di un preoccupante degrado culturale e sociale, fonte di atteggiamenti e comportamenti sempre più violenti soprattutto da parte dei giovani sui giovani, di ragazzi su ragazze“. Un problema culturale quindi, non solo di ‘quote rosa’ e di rappresentazione dei corpi, perché la femminilità di per se è già un valore positivo. In molte, infatti, hanno sottolineato che l’immagine è di per se fatta di corpo e la femminilità è un valore assoluto e irrinunciabile per la donna, non un oggetto su cui continuare ad intervenire limitandone la visibilità. “Ciò che manca -ha precisato la Cims – non è la presenza della donna nei media e nella società, ma il tipo di presenza, la qualità del racconto che se ne fa nei talk show, nella pubblicità e nei reality, che obbliga il corpo ad esibirsi come oggetto e merce“. Una fisicità manipolata che va riconquistata dall’universo femminile, con l’impegno concreto da parte delle donne. “L’immagine è anche sostanza della donna – ha spiegato Paolo Garimberti, Presidente Rai – del suo contemporaneo vissuto ed è da qui che bisogna ripartire per integrare l’attuale offerta televisiva, troppo sbilanciata sulla quantità a discapito della qualità“. “In Rai le donne – ha precisato il presidente – hanno nel tempo occupato ruoli di prestigio e di dirigenza, anche grazie all’ottimo lavoro svolto dal comitato pari opportunità dell’azienda, a cui persò bisogna dare seguito e la Rai, nel nuovo contratto di servizio pubblico, si farà carico delle richieste fin qui arrivate, impegnandosi a favorire la promozione di un’immagine della donna più consona alla realtà del quotidiano, in cui lavora, si impegna e si afferma, in ogni settore della vita sociale e professionale del paese“.
Temi che nella prima sessione dell’incontro, con Focus su ‘Servizio pubblico: gli emendamenti proposti dall’Appello e il nuovo contratto di servizio pubblico 2010-
Condizione di ‘svantaggio’ che certo non è più accettabile e che le donne in prima persona stanno affrontando con coraggio e determinazione, come ha raccontato Alessandra Servidori, consigliere nazionale di parità. “Ci sono in Italia 240 consigliere di pari opportunità che lavorano quotidianamente su questi temi e ascoltano le storie delle donne, cercando di applicare politiche serie e credibili, ma serve una cultura diversa, costruita su modelli a loto volta centrati sulla formazione e l’informazione qualità per cambiare davvero la situazione“. Modelli che il nuovo Contratto Rai potrebbe sicuramente favorire nel consolidamento e nell’affermazione in tutto il paese e che necessità però di un organo di controllo che vigili sull’effettivo rispetto delle regole, come ha sottolineato Annabella Souhodolsky, presidente CPO Rai. Una televisione pubblica, ha precisato Lucia Annunziata, giornalista Rai, che proprio per l’attenzione crescente al mondo femminile che nel tempo si è affermata, con la presenza di donne in alcuni posti di responsabilità, ha permesso di offrire al cittadino e utente dei media un’immagine diversa dell’universo femminile, non solamente corpo da spogliare: “Ciò che viene a mancare è in realtà l’opinione delle donne, il loro modo di vedere le cose, il loro punto di vista, che troppo spesso appare secondario rispetto a quello di un uomo; causa questa di una mancanza di autostima, che poi si riproduce nella vita di tutti i gironi, fin nei modelli educativi, in famiglia e a scuola“. Un punto importante, questo del sistema culturale e della sua trasmissione che anche Giampaolo Rossi, presidente RaiNet, ha voluto riprendere sostenendo che: “Troppo spesso quando si parla di donne in televisione e non solo, il mediatore tra il messaggio e il pubblico è sempre un uomo, come se il sistema di trasmissione della conoscenza sia ad appannaggio esclusivo del genere maschile“.
La donna deve cercare nuovi percorsi e allo stesso tempo affermarsi in quelli in cui è ancora l’uomo a dominare., ma per far questo c’è bisogno di inserirsi e mantenere presidio in quei luoghi specialmente preposti alla produzione di contenuti. La nostra società, più volte citata come universo dell’immagine, si nutre di contenuti audiovisivi e in futuro tale scenario non farà che consolidarsi ulteriormente. Ecco perché i lavori video e di ricerca sui media, come quello presentato della Zanardo e da altre firmatarie l’Appello, tra cui Nella Condorelli, sono di particolare importanza all’interno della piattaforma Donne e Media, in cui finalmente sono le donne a produrre il nuovo immaginario femminile e ad entrare così nel sistema di trasmissione culturale del paese. Proprio con un video è stato introdotto anche il secondo panel del convegno, moderato da Lucia Visca, presidente CPO FNSI, con focus sul “Quadro regolamentare nazionale e globale: un nuovo corso nell’impiego della figura femminile nei media“. Un ulteriore apprendimento dei temi già discussi nella prima parte, ma supportati dai numeri, necessari per rendere conto alla platea di come la donna realmente viene rappresentata sui media e nella società. Il frammento di documentario in questione è stato quello di Nella Condorelli, “Viaggio nel Novecento delle donne: una storia politica“, testimonianza storica appassionante del duro percorso di lotte delle donne, iniziato cento anni fa e ancora da terminare. Certo, esempi di donne affermate non mancano, come nel caso di Maria Latella, Direttore della rivista ‘A’, che ha portato la sua esperienza professionale e di donna nella direzione di una rivista affermata e tutta al femminile: “In cui non si fa giornalismo ‘rosa’, ma giornalismo e basta, senza il bisogno di distinguere tra informazione al femminile e al maschile o di qualità e leggera“. L’informazione modella la società sull’immagine che viene scelta come dominante e su questo processo di costruzione del quotidiano si affermano i nuovi poteri. Proprio per questo, ha affermato Maria Eleanora Luchin, responsabile direzione Doc. e Analisi Istituzionali Mediaset: “Sempre più donne vogliono fare giornalismo e raccontare il mondo in cui vivono e viviamo, ma è sbagliato demonizzare la televisione di per sé, perché l’offerta è plurale e tutti i modelli di culturali trovano giusta rappresentazione“.
Su questo punto non tutti si sono trovati d’accordo, col brusio in sala che più volte ha sottolineato i diversi interventi e le relative repliche. Ciò che forse non è stato abbastanza chiaro è che cosa significhi “rappresentanza di modelli culturali diversi”, se il ‘velinismo‘ sia o no un modello culturale da rispettare. Elisa Manna del Censis, nel suo intervento, ha presentato alla sala i risultati di uno studio europeo del 2005, ‘Woman and media in Europe’, in cui si mostrava quale era l’immagine predominante della donna italiana in tv e che già vedeva la ‘Velina’ in testa, col 42,4%, seguita dalla donna ‘Vittima o carnefice’ in storie di cronaca, col 42%, per arrivare alla donna ‘Esperta di qualcosa’, in campi del sapere e discipline scientifiche mai ben specificati, col 23% circa. Quindi un’immagine di donna che è possibile definire degradata a puro spettacolo, ormai, intrattenimento delle folle, che l’Europa come istituzione ha cercato in ogni modo di tutelare a livello normativo, equiparando ad esempio il sessismo al razzismo (Raccomandazione del Consiglio d’Europa 1555 del 2002), che l’Italia ha sempre sottoscritto almeno a livello ufficiale, ma scarsamente applicato. Altri numeri, poi, che bene rendono il divario che c’è tra il nostro paese e l’Europa, ci dicono che nei Paesi Bassi, in Svezia, in Gran Bretagna e nella stessa Spagna, le donne godono di maggiori tutele legislative in Italia, con una loro presenza più consistente nei luoghi di lavoro e nei posti di comando.
Ciò di cui si ha bisogno, ha sostenuto Flavia Barca, coordinatrice IEM-Fondazione Rosselli, è una politica di Gender Equality, che parta dai media per bilanciare il peso dei due sessi, che ripari ad un’immagine femminile stereotipata e sbagliata, che permetta alle donne di contribuire allo sviluppo del paese, in termini civili ed economici. “Oggi in Italia – ha affermato Barca – c’è un forte movimento di donne, che hanno dato vita ad associazioni e gruppi di ascolto, che vogliono acquistare peso nella società civile e che vogliono imporsi e lavorare da protagoniste, con l’obiettivo di dare corso ad una nuova immagine dell’universo femminile“. Tra le proposte lanciate durante l’incontro c’è stata anche quella di un tavolo permanente di confronto e di controllo da sottoporre al vaglio del ministro Scajola, che possa quindi vigilare sull’operato della rete pubblica nel rispetto delle nuove regole. Una funzione necessaria, ha sottolineato Giovanna Maggioni, direttore generale UPA, per far in modo che, in mancanza di un codice generale di condotta, qualcuno vigili e sia in grado di sanzionare ogni violazione delle regole. Controlli che per il momento sono effettuati dal Comitato Media e Minori, di cui è presidente Franco Mugerli e che senza mezzi termini ha bollato come “vergognoso e volgare” il modo in cui la donna è rappresentata in televisione: “Centrale a mio avviso è prendere coscienza che oggi attraverso certi messaggi si sta facendo passare una costante e progressiva deculturazione della società, a partire dall’affermazione dell’individualismo estremo in ogni settore della vita sociale, fino all’annientamento di quei valori positivi da seguire, che ci hanno permesso di evolvere come società fino ad oggi“. Modelli comportamentali che prendono sempre più piede nel nucleo famigliare, come ha intelligentemente mostrato Alberto Contri, presidente di Pubblicità Progresso, attraverso le proiezioni di filmati pubblicitari particolarmente attinenti al tema della trasmissione dei valori culturali all’interno della società.
La battaglia da portare avanti, ha sottolineato Elena Vecchio, presidente Federmanager/Minerva, è sull’affermazione di una cultura del merito, che sappia farci dimenticare il velinismo, le carni da macello mediatico a cui siamo stati abituati, mettendo più cura nella comunicazione verso i ceti medio bassi del paese, lì dove l’attenzione a certi valori e principi democratici e culturali è sicuramente più bassa. Ma certo la televisione non basta per raggiungere lo scopo, pur rimanendo ancora il mezzo di comunicazione più seguito in Italia, perché altre piattaforme avanzano, come il web, i dispositivi mobili multifunzionali ad esempio, che ormai hanno conquistato le nostre case e che Raffaele Barberio, direttore di Key4biz, invita a non sottovalutare: “Il mondo della comunicazione sta cambiando velocemente e i nuovi contenuti si muovono su più canali, arrivando nelle nostre case, ai nostri figli, senza che nessuno se ne accorga“. “Non serve un nuovo femminismo – ha specificato Barberio – ma la capacità di rinnovare i linguaggi e costruire messaggi su misura per il genere femminile, in grado successivamente di investire l’intera società, oggi oggetto di attenzioni forti, di cui il corpo femminile è strumento“.
Qualcosa si muove e i risultati non tarderanno ad arrivare come ha voluto sottolineare Gabriella Cims nel concludere i lavori della giornata Donne in Tv e nei Media, con la volontà del Comitato di inserirsi nell’agenda politica delle Istituzioni e che il messaggio di Napolitano, unitamente alla presenza di Scajola e dei vertici Rai in sala, hanno legittimato pubblicamente. Tutte le iniziative e le proposte che le donne vorranno presentare e su cui si deciderà di lavorare saranno inoltre raccolte dalla piattaforma online del progetto Etic Media, di cui è coordinatrice Maria Moreni, che vede in tale strumento la possibilità concreta di affrontare questi temi in modo scientifico e arrivare così a generare dei modelli culturali davvero alternativi e in grado di migliorare la società in modo efficace. Il tempo c’è, ha ricordato infine la Cims, ciò che serve è l’impegno di tutti nel camminare assieme lungo un percorso che non sarà sempre facile, ma su cui è possibile agire, affinché un cambiamento sia davvero possibile per tutte le donne, dentro e fuori la televisione.
Iscriviti al gruppo di Facebook di “Donne e TV”
Vai alla Lista delle Firmatarie
Leggi anche:
Donne e Tv. L’adesione di Daniela Bellisario di Ipazia Sud
Donne e Tv. L’adesione di Alida Castelli, consigliera di parità regione Lazio
Donne e Tv. L’adesione di Marta Ajò, Direttore del sito donneierioggiedomani.it
Donne e Tv. Gabriella Cims: ‘Ecco cosa si chiede al Contratto di servizio Rai’
Donne e TV. L’adesione di Cinzia Curti (Presidente di Italica TV)
Donne e Tv. L’adesione di Franca Crippa Feldberg (Università di Trento)
Donne e Tv. L’adesione di Layla Pavone (Presidente di IAB Italia)
Donne e Tv. L’adesione di Andreina De Tomassi (Giornalista)
Donne e Tv. L’adesione di Elisabetta Strickland (Università di Roma ‘Tor Vergata’)
Donne e TV. Le adesioni di Nella Condorelli (Women in the City) e Serena Romano (Corrente Rosa)
Donne e TV. Flavia Barca (IEM): ‘Troppi programmi che umiliano l’identità femminile’