TI Media approva aumento di capitale e nomina consigliere Andrea Mengoni di TI Sparkle

di Raffaella Natale |

Italia


Giovanni Stella

L’assemblea di Telecom Italia Media, nella sua parte straordinaria, ha approvato l’aumento di capitale di 240 milioni di euro. L’aumento, come ha precisato l’amministratore delegato della società, Giovanni Stella , dovrebbe essere attuato nella seconda metà di maggio e servire a ridurre l’indebitamento finanziario. Aumento che, ha spiegato il presidente Berardino Libonati rispondendo agli azionisti “si collega anche alla situazione generale dei mercati”.

 

TI Media non ha escluso che la struttura del capitale, diviso oggi in azioni ordinarie e di risparmio, possa cambiare ma non adesso.

“Se ne potrà parlare – ha detto Stella – solo quando la società sarà in grado di autofinanziarsi.

“Se potrà essere immaginata questa azione (conversione risparmio, ndr) lo faremo in un secondo momento quando la società sarà in grado di autofinanziarsi e pensare ad azioni sulle risparmio”.

 

Stella ha spiegato che non è previsto il ricorso a indebitamenti verso terzi. Si dovrà, invece, per poco tempo ancora ricorrere all’indebitamento verso Telecom Italia. Per non avere ulteriori tensioni bisognerà ricorrervi ancora nei prossimi 1-2 anni, poi ci sarà il momento del turnover finanziario e tutto il business comincerà a generare cassa.

L’Ad ha ricordato che tutti i proventi dell’aumento di capitale andranno a rimborsare i prestiti in essere nei confronti della controllante. “E’ vero che nei prossimi tre anni, in misura sempre più decrescente, dovremo accrescere il debito. Perché il rapporto con il mol non raggiunga livelli di incompatibilità oggettiva, essendo già a livelli di guardia, abbiamo fatto questa scelta (l’operazione di aumento di capitale, ndr). Speriamo in breve tempo di raggiungere l’autosufficienza finanziaria e iniziare a far decrescere il rapporto debito/mol”. Solo in quel momento “rivaluteremo la struttura patrimoniale, compreso se tenere le azioni risparmio o fare un bond“, ha concluso Stella.

 

La parte ordinaria dell’assemblea di TI Media si è conclusa con l’approvazione del bilancio 2009, la revoca dell’incarico di revisore a Reconta Ernst&Young e il conferimento del mandato a Pricewaterhouse&Coopers e la nomina del collegio sindacale.

 

Sono stati nominati come sindaci effettivi Salvatore Spiniello, Alberto De Nigro e Michela Zeme. Per la carica di sindaco supplente sono stati nominati Alberto Lazzaretti e Antonio Mastrapasqua.

Inoltre è stato nominato in Cda Andrea Mangoni, presidente di Sparkle e responsabile amministrazione finanza e controllo del gruppo telecom, già cooptato nel consiglio di TI Media il 25 febbraio a fronte delle dimissioni dell’ad Mauro Nanni.

 

E proprio sul caso di Telecom Italia Sparkle, la controllata su cui è in corso un’indagine per truffa e riciclaggio, Stella è intervenuto per chiarire la presa di posizione contro il giornalista di La7 Gad Lerner.

 

E’ “doveroso” che un editore televisivo lasci libere le ‘firme’ di scegliere temi e ospiti delle proprie trasmissioni, ha precisato Stella nel corso dell’assemblea degli azionisti riferendosi al suo intervento sulla trasmissione di Lerner dedicata al caso Sparkle.

“Ho ritenuto di dover intervenire – ha detto, incalzato dagli azionisti – perché c’erano ragioni di opportunità in un momento in cui la magistratura stava decidendo. Quando queste sono venute meno, la trasmissione è andata in onda”. Stella, che ha voluto ribadire che gli ospiti delle trasmissioni giornalistiche della rete “non sono assolutamente remunerati” e vengono “scelti dai conduttori“, ha precisato di ritenere “doveroso per l’editore lasciar libere le firme che ritiene di dover contrattualizzare di scegliere i temi della trasmissione e gli ospiti. Per legge – ha aggiunto – l’unica cosa che dobbiamo fare è vigilare sul rispetto della ‘par condicio’ in periodo elettorale“. A questo proposito, l’ad di telecom Italia Media ha rilevato come le reti televisive del gruppo non si siano mai “lasciate andare alla propaganda politica” e si siano anzi “distinte per pluralismo”.

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