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L’uso delle nuove tecnologie Web 2.0 sta prendendo piede non solo nella sfera privata dei singoli individui, ma anche sul posto di lavoro, dove il ricorso a nuovi media digitali può portare in tempi rapidi elevati ritorni in termini di business. Le aziende europee, però, stentano a recepire questa evoluzione, e spesso ne temono gli effetti in termini di calo della produttività e protezione dei dati aziendali.
A portare alla ribalta questa tendenza è l’indagine “Potere alle persone? Gestione della democrazia tecnologica sul posto di lavoro” commissionata da Trend Micro a The Economist Intelligence Unit. Lo studio, condotto su un campione di 390 dirigenti attivi nel Regno Unito, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Svezia e Russia, ha messo in evidenza che poco meno della metà degli intervistati (il 48%) si dichiara favorevole a incrementare la libertà tecnologica nella propria azienda, ma nel contempo, quasi la stessa percentuale (il 47%) dichiara l’esatto contrario.
Nonostante questa “spaccatura a metà” nelle opinioni dei dirigenti aziendali, il fenomeno si sta evolvendo verso quella che può essere definita come una “rivoluzione silenziosa” all’interno delle aziende: i lavoratori reclamano una maggiore “democrazia tecnologica” per poter usare applicazioni come i social network per svolgere meglio il proprio lavoro.
Le società europee sono divise di fronte al concetto di democrazia tecnologica, per diverse ragioni: ampliare la libertà di scelta dei dipendenti introduce molte incognite in un sistema prestabilito di funzioni e responsabilità nel settore IT; crea nuove opportunità professionali, ma espone anche le aziende a rischi che per anni hanno tentato di gestire e contenere. L’arrivo di numerose tecnologie innovative sul posto si lavoro ha trovato inoltre le aziende in gran parte impreparate.
Dal sondaggio emerge che più del 40% dei dirigenti europei sarebbe pronto ad affrontare i rischi legati alla democrazia tecnologica pur di sfruttare al massimo i vantaggi per le aziende, mentre il 23% reputa che rischi e opportunità si equivalgono. Il 31%, invece, sostiene che sono maggiori i rischi rispetto alle opportunità. I vantaggi principali individuati dagli intervistati consistono in una maggiore innovazione (31%), il morale dei dipendenti più alto (27%), e una più efficace collaborazione con i partner esterni (25%).
I partecipanti al sondaggio concordano sul fatto che i rischi principali legati alla democrazia tecnologica sono il calo della produttività (35%), la perdita di informazioni riservate (32%) e una maggiore vulnerabilità ai virus (24%). Da un lato infatti, fino ad ora non sono pochi i dipendenti che hanno sprecato un consistente lasso di tempo di lavoro utilizzando applicazioni Web 2.0 per scopi personali; dall’altro, alcune aziende hanno subito ingenti danni a causa della pubblicazione di informazioni sensibili sui blog.
Stando al sondaggio, nel panorama europeo i dirigenti inglesi sono i più ottimisti sui benefici che potrebbe portare la rivoluzione tecnologica del web 2.0, poiché la metà intravede più opportunità che rischi. Al contrario, i dirigenti russi sono i più diffidenti: il 41% pensa che i rischi siano decisamente superiori ai vantaggi.
I dati relativi all’Italia non si discostano particolarmente da quelli rilevati nel resto d’Europa ed attestano più in generale un buon livello di apertura dei manager italiani nei confronti delle nuove tecnologie.
Nel nostro Paese gli intervistati concordano sul fatto che sia aumentato l’uso di social network e applicazioni simili sul posto di lavoro: ne sono certi ben il 42,9% degli interpellati mentre il 34,7% dichiara di ritenere il fenomeno probabile anche se non ne ha la certezza. Per il momento, tuttavia, l’uso dei social network sul posto di lavoro, secondo il 71,4%, sembra rispondere più a un’esigenza personale dei dipendenti che a una necessità di tipo lavorativo. Il 63% ritiene di poter avere fiducia nel fatto che i dipendenti usino le applicazioni e i dispositivi in modo appropriato rispetto agli scopi lavorativi. La percezione dei rischi da parte dei manager italiani è sostanzialmente simile a quella dei colleghi europei: secondo il 42,8%, infatti, l’uso dei siti di social network avrebbe incrementato i rischi per la sicurezza dei dati aziendali. Alla domanda “come i senior manager dell’azienda valutano il trade off rischi – opportunità nel concedere maggiore libertà di usare le nuove tecnologie Web 2.0 sul posto di lavoro” , il 38,8 % ritiene le opportunità superiori ai rischi contro un 28,5% che le ritiene inferiori. Ben il 30,6% ritiene vi sia invece allo stato attuale un bilanciamento tra le due voci. I timori legati alla diffusione delle nuove tecnologie sul posto di lavoro sono simili a quelli manifestati dai manager degli altri paesi: il 46,9% è d’accordo nel valutare la riduzione della produttività dei dipendenti come uno degli inconvenienti più probabili derivanti dall’uso dei social network, ma non solo. Secondo il 32,7% i siti di social network (in particolare Facebook e LinkedIn) potrebbero mettere a repentaglio le informazioni aziendali. Nonostante ciò, i manager italiani sembrano preferire una regolazione “soft” delle nuove tecnologie: ad essere colpite da un divieto assoluto di impiego potrebbero essere invece le applicazioni e i siti di file sharing (un’indicazione data dal 59,2% degli interpellati).
Lo studio condotto da The Economist Intelligence Unit indica sei step per evitare che la democrazia tecnologica si trasformi in una minaccia alla sicurezza aziendale:
– Redigere linee guida specifiche per l’uso delle nuove tecnologie. Alcune aziende che autorizzano l’uso di blog e social network sul posto di lavoro, ad esempio, richiedono ai dipendenti di identificarsi in modo chiaro e di utilizzare formule di esclusioni di responsabilità quando parlano dell’azienda
– Aggiornare frequentemente le linee guida. E’ fondamentale stabilire regole inequivocabili per l’uso della tecnologia da parte dei dipendenti per ridurre al minimo il rischio di violazioni alla sicurezza. Data la rapidità di evoluzione delle tecnologie è indispensabile aggiornare frequentemente tali linee guida.
– Formare i dipendenti. Comunicare ai dipendenti le linee guida fissate. Integrare le ore di formazione aziendale previste con appositi corsi sull’uso dei social media e dei dispositivi di comunicazione personale.
– Sviluppare strumenti di social network interni all’azienda. Compatibilmente con le risorse disponibili, le aziende più grandi possono prendere in considerazione l’opportunità di creare applicazioni interne di social network in grado di garantire i vantaggi della condivisione delle informazioni senza tuttavia mettere a repentaglio la sicurezza.
– Essere pronti a delegare parte della supervisione per garantire la protezione. La messa in sicurezza delle applicazioni e dei dispositivi utilizzati dai dipendenti potrebbe sovraccaricare le funzioni IT centralizzate. Per gestire questo aspetto, potrebbe essere opportuno collocare nelle varie unità aziendali esperti IT con formazione specifica. In questo modo lo staff IT collocato a livello centrale si può dedicare ad altre mansioni come la gestione dei firewall e di altri aspetti di sicurezza della rete fisica e l’individuazione di nuove minacce esterne.
– Favorire la collaborazione tra unità aziendali e team IT. I dipendenti possono percepire prima dello staff IT l’utilità in termini di business di una nuova applicazione. Coinvolgere quindi le unità aziendali nel processo decisionale relativo alle tecnologie assicura uno sfruttamento completo di queste conoscenze e aumenta il livello di consapevolezza dei nuovi rischi.