Mondo
L’Europa è ancora un buon posto dove investire in tecnologia, nonostante le difficoltà incontrate recentemente dalle aziende hi-tech. La pensano così i fondatori di Skype Niklas Zennström e Janus Friis, che hanno deciso di puntare 165 milioni di dollari sulle start up europee ad alto potenziale ‘trasformativo’ attraverso Atomico Venture, il fondo di venture capital creato dal duo nel 2006.
“Le cose stanno cambiando – ha affermato Zennström – e, anche se negli Usa possono esserci maggiori opportunità, il rapporto tra opportunità e investitori è molto, molto migliore in Europa”.
Nel vecchio continente ci sono le infrastrutture e il talento. “Bisogna solo ispirare gli imprenditori a pensare in grande”, ha aggiunto.
Zennström e Friis, attraverso le loro visionarie invenzioni – da Skype a Kazaa – hanno più volte contribuito a rovesciare le certezze di potenti lobby come le tlc e le major partendo da molto in basso.
Per questo, ora, vogliono aiutare chi, come loro ha le idee ma non i soldi per mettere progetti innovativi ma difficili da finanziare, soprattutto in questi tempi di crisi.
E’ a società come Skype, Google e Facebook che i due rivolgono la loro attenzione: a quel tipo di compagnie, cioè, che non hanno bisogno di troppi dipendenti per partire e crescere, ma che hanno un business model in grado di funzionare e di assicurare profitti senza troppi finanziamenti iniziali.
Da bestia nera delle major, dunque, la premiata ditta Zennström & Friis si ripropone ora attraverso Atomico in una nuova veste: sotto il loro ombrello, società come Viagogo, Mydeco e Seesmic e anche Rdio, un servizio di streaming musicale online simile a quello offerto da Spotify per ascoltare – in maniera legale stavolta – musica dalla Rete da qualsiasi apparecchio, fisso o mobile, collegato al Web.
“La pirateria – ha detto Zennström – non sarà più un grande problema da ora in avanti perché si trovano online servizi per la fruizione di musica e video davvero validi”.
“I consumatori – ha aggiunto – non sono tutti pirati, la maggior parte di loro sono persone per bene che vogliono pagare per i servizi, purché non siano sovra prezzati”.
Zennström ha più volte affermato che anche Kazaa non nasceva con l’intento di derubare le major, anzi, il suo obiettivo era quello di aiutare le case discografiche a trovare un nuovo modello di distribuzione, ma queste non erano ancora preparate alla rivoluzione digitale.
“Il resto è storia”, ha dichiarato al Financial Times, ricordando i 100 milioni di dollari pagati do danni alle major.
Ora, però, che la storia ha insegnato alle etichette discografiche che il male non era Kazaa, sembra ci sia più spazio per la negoziazione e Zennström non è certo un tipo che porta rancore, visto che il suo obiettivo è ancora quello di lavorare insieme alle major, non di contrastarle. “Solo così – ha detto – puoi cavarne dei soldi”.