La Direttiva ‘Servizi media audiovisivi’ e la tutela dei minori

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Bambini e Tv: meglio non distrarsi

Pubblichiamo di seguito l’intervento della prof.ssai Lucia Musselli al convegno “Il recepimento della Direttiva ‘Servizi Media Audiovisivi’ e il futuro delle televisioni digitali“, organizzato lo scorso 17 marzo dall’Università degli Studi Roma Tre – Dipartimento di Diritto europeo – e Fondazione ‘Centro di iniziativa giuridica Piero Calamandrei’.

 

 

Il quadro normativo di tutela dei minori approntato dalla direttiva 2007/65/CE (direttiva SMA) costituisce ad oggi il punto di approdo di un percorso iniziato nel settore dell’audiovisivo con la direttiva 89/552/CEE (direttiva TSF), successivamente modificata dalla direttiva 97/36/CEE e completato da alcune fonti di soft law (Racc. 98/560/CEE, concernente lo sviluppo della competitività dell’industria dei servizi audiovisivi e la tutela dei minori e della dignità umana e Racc. 2006/952/CE relativa ai servizi audiovisivi e d’informazione in linea).
L’approccio comunitario alla tutela dei minori che emerge da tali differenti atti sembra decisamente orientato al c.d. modello della “differenza” (sui diversi modelli giuridici di protezione dei diritti dei bambini vd. Cortès, 2008), secondo cui i minori sono visti come soggetti deboli, in continua evoluzione, caratterizzati da credulità, inesperienza e da un non completo sviluppo di abilità e competenze. Ciò determina la necessità di dare luogo ad una regolazione speciale a loro tutela, fondata sul trattamento giuridico differenziato.
Al tempo stesso emerge con straordinaria evidenza come ogni intervento regolatorio si ponga oggi (soprattutto a seguito del Trattato di Lisbona) sempre più al crocevia tra diritti di rango “costituzionale”, riconosciuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: la libertà di pensiero (art.11) da un lato e la tutela dell’infanzia (art. 24) dall’altro, di modo che ogni tentativo di disciplina dei contenuti deve necessariamente avvenire nell’ottica del “bilanciamento” dei diritti.

In tal senso il modello comunitario di tutela dei minori, e quindi anche quelli nazionali di recepimento, si presentano assai distanti da quelli che si sono sviluppati in altre esperienze giuridiche, come quella nordamericana, ove la questione della tutela dei minori stenta a trovare un’appagante sistemazione giuridica, anche in ragione della particolare forza riconosciuta dalla Corte Suprema al primo emendamento e che ha fatto propendere per una soluzione tecnica del problema mediante l’utilizzo del c.d. V-Chip.
Le novità introdotte dalla dir. SMA in materia di tutela dei minori sono dunque da leggersi nel segno di una sostanziale continuità con le disposizioni precedenti, seppure nell’ambito di un ridisegno complessivo del settore, imperniato sulla nuova categoria dei “servizi di media audiovisivi”, ma anche in quello della novità, apparendo del tutto riduttiva una lettura delle stesse nell’ottica dell’adeguamento del quadro giuridico alle novità tecnologiche.
L’articolazione dei servizi di media nelle due sottocategorie dei servizi lineari e non lineari produce effetti rilevanti sulla graduazione dei divieti posti a tutela dei minori che appaiono più rigidi nei primi (art. 22) e meno stringenti nei secondi, ove viene posta particolare attenzione alle modalità di messa a disposizione del pubblico (vd. art. 3 nonies). Inoltre, in coerenza con il disegno complessivo della direttiva, finalizzata alla creazione di un level playing field, vengono previste importanti norme a tutela della dignità delle persone (art. 3-ter), così come in materia di comunicazioni commerciali audiovisive (art. 3 sexies, par 1 lett.g), applicabili indistintamente a tutti i servizi di media.

Sotto un profilo maggiormente innovativo sembra invece possibile cogliere nell’attuale impostazione comunitaria di content regulation, anche con riferimento alla tutela dei minori,alcuni tratti peculiari rispetto all’assetto precedente. In tal senso si è anzi parlato di un vero e proprio “mutamento di modello” dell’audiovisivo nel bilanciamento degli interessi generali.
Due paiono i campi ove tali fenomeni innovativi sembrano prendere maggiormente corpo: quello della governance di settore e quello delle fonti di disciplina. 
Sotto il primo profilo, come si ricava da numerosi indicazioni comunitarie, sia a carattere generale che settoriale, si assiste ad un progressivo affiancarsi, accanto alla direct regulation, di nuove modalità regolative, quali la self-regulation e la co-regulation.
In particolare quest’ultima, al di là delle diverse letture proposte in dottrina come “Enforced Self-Regulation“, “Two-Tiered Regulation” o come “Consensual Regulatory Process” , pare destinata ad esplicare un ruolo assai rilevante nel campo della tutela dei minori, in ragione della propria flessibilità operativa, della capacità inclusiva dei diversi interessi coinvolti e della possibilità di garantire il mantenimento di livelli “ragionevoli” di differenze tra gli Stati, in funzione delle rispettive diversità etico-culturali.
Sotto il secondo profilo si assiste ad un significativo proliferare  di fonti di soft law di vario genere, quali Raccomandazioni,  linee – guida o codici di condotta (vd. sul punto l’art. 3-sexies, par. 2 dir. SMA che auspica l’adozione di un codice di autoregolamentazione per le audiovisual commercial communications high in fat, sugar and salt (HFSS) rivolte ai bambini).

Il decreto legislativo di recepimento della dir. SMA, approvato dal Consiglio dei Ministri il 1° marzo 2010, contiene, in particolare nel suo art. 9, alcune importanti indicazioni di carattere operativo, volte ad accrescere il grado di efficacia “quotidiana” della tutela dei minori, nella direzione di attenuare quel gap tra teoria e prassi spesso evidenziato in dottrina (McGonagle, 2003).
In tale direzione vanno dunque le previsioni in merito all’uniformazione dei criteri di rating dei contenuti ad accesso condizionato (art. 34 c.1, seconda parte), così come le novità in materia di parental control che diviene ora obbligatorio, con riferimento ai contenuti giudicati a “visione non libera”, in base ai nuovi criteri (art. 34 c. 5 lett.a)).

Sotto il profilo organizzativo va poi salutato con particolare favore, per il coinvolgimento degli stakeholder del settore, il richiamo alla co-regulation nella disciplina di dettaglio relativa all’individuazione degli accorgimenti tecnici di filtraggio (art. 34 c.5)
In modo fedele al dettato comunitario, inoltre, il decreto adegua la normativa esistente alle nuove previsioni in materia di comunicazioni commerciali audiovisive (vd. ad es. il nuovo art. 36 bis c. 1 lett.g) e c.2), mentre per quanto riguarda, più in generale, la disciplina dei contenuti televisivi con riferimento alla tutela dei minori viene confermato il modello della graduated regulation in ragione delle tipologie di servizi resi, in un quadro che sembra però privilegiare (riprendendo, peraltro, le previsioni non sempre chiare contenute nella dir. SMA) l’ottica della sommatoria dei divieti (vd. in part. art. 34 c. 1 e 2) piuttosto che la loro semplificazione formale.

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