Italia
Il caso Telecom Italia Sparkle, coinvolta nell’inchiesta sul riciclaggio della Procura di Roma, non interferirà con un’eventuale fusione tra Telecom Italia e Telefonica. È questa la convinzione del sottosegretario allo Sviluppo economico Paolo Romani, che ieri, a margine del Convegno “Internet è libertà, perché dobbiamo difendere la rete”, ha affermato di non credere che i fatti che vedono coinvolta la filiale del gruppo italiano “…abbiano compromesso le possibilità di un’eventuale fusione”.
Nessun problema anche per gli investimenti stranieri nel settore delle tlc: “Mi sembra – ha detto Romani – che le due aziende stiano facendo chiarezza: basti pensare che Telecom ha responsabilmente rinviato la presentazione del bilancio”. Oltre tutto – ha aggiunto – in Italia esiste un sistema di regole “che consente agli investitori esteri di poter stare tranquilli”.
Emerge intanto, secondo quanto affermato dall’ex senatore del Pdl Nicola di Girolamo nel corso degli interrogatori in carcere conclusi martedì, che alcuni dei dirigenti delle due società erano certamente a conoscenza delle attività illecite che hanno consentito di accumulare ingenti somme attraverso il meccanismo della frode dell’ Iva.
Per Telecom Italia Sparkle sarebbero stati coinvolti l’ex amministratore delegato, Stefano Mazzitelli, l’ex responsabile dell’Area regioni europee, Massimo Comito, e l’ex responsabile del Carrier sales Italy, Antonio Catanzariti, mentre per Fastweb, sostiene sempre Di Girolamo, i dirigenti erano l’ex responsabile Grandi aziende, Bruno Zito, e l’ex dipendente della Divisione residenziale, Giuseppe Crudele, già per altro licenziati dalla compagnia.
Sarebbero loro, secondo Di Girolamo, le persone con cui il deus ex machina della truffa, Carlo Focarelli, avrebbe avuto contatti per la gestione delle operazioni di traffico telefonico.
Telecom Italia, intanto, difende la propria posizione e sull’ipotesi di commissariamento parla di misura ‘superflua’, dal momento che – come è emerso dalla difesa degli avvocati Telecom datata 2 marzo – “già dal 2003, Sparkle aveva un modello organizzativo idoneo ad evitare, almeno a priori, i reati contestati nell’inchiesta della procura di Roma”.
Inutile, dunque, affidare a un commissario i compiti già assolti dalla stessa società.
Anche il Financial Times, intanto, torna sulla vicenda e definisce l’ipotesi commissariamento, “esagerata”, dal momento che si tratta di società “sane”.
La vicenda, nota comunque il quotidiano della City, “fornisce un interessante test per il sistema giudiziario italiano”.
“E’ chiaro – scrive l’editorialista Paul Betts – che questi reati debbano essere perseguiti con determinazione”. Ma, aggiunge, “…la scrupolosità dei PM non deve sostituirsi alle pacate considerazioni da parte di un tribunale di tutti i fatti e non solo quelli che fanno il miglior titolo”.
Bisogna, insomma, punire il crimine se è stato commesso, ma solo una volta che sia stato provato e giudicato da un tribunale e ciò, ha concluso, “è ancora più importante quando ci sono migliaia di posti di lavoro a rischio”.