Italia
L’associazione Asati, che riunisce i piccoli azionisti di Telecom Italia, torna a chiedere ‘azioni di responsabilità’ verso i dirigenti che hanno trascinato la società negli scandali passati e presenti, affermando che senza un’inversione di marcia “…che miri anche a recuperare le risorse finanziarie alcune delle quali già scontate nei bilanci precedenti, difficilmente potrà invertirsi la negativa percezione dei dipendenti e azionisti sulle prospettive di sviluppo della Società”.
Asati si riferisce, in particolare, non soltanto alle vicende più recenti, che vedono Telecom Italia Sparkle coinvolta nell’indagine sul maxi riciclaggio della Procura di Roma, ma anche “…allo scandalo delle false Sim, alle cessioni degli immobili sedi di importanti centrali telefoniche, alle operazioni commerciali sui terminali per videotelefonia, al ricorso a talune consulenze e taluni fornitori esterni specie nel campo della Security e dei prodotti Broadband”.
Tutti questi illeciti risalgono al periodo 2001-2007 e mostrano, spiega Asati, palesi “omissioni di controllo ex DLgs 231/01, come evidenziato anche dall’attuale procedimento penale in corso a Milano sullo spionaggio illegale, processo in cui ci auguriamo che la posizione di Telecom Italia si differenzi sostanzialmente dalla posizione giudiziale assunta dalla Pirelli”.
Asati chiede dunque alla società di attuare “…coerenti azioni di responsabilità nei confronti dei singoli e delle Società a vario titolo coinvolti negli scandali, compresi i dirigenti apicali che hanno percepito bonus, liquidazioni faraoniche, per oltre 50 milioni di euro, basate su obbiettivi taroccati, oltre agli attuali danni emergenti per Sparkle”.
Ieri, intanto, il Financial Times ha pubblicato un articolo in cui la maxi inchiesta sul riciclaggio e sull’evasione fiscale viene definita di una “complessità sorprendente”.
Secondo il quotidiano della City, dalle oltre 1.600 pagine dell’ordinanza emerge “un carosello di frodi”, che ha portato all’emissione di 56 ordinanze di custodia cautelare.
Il quotidiano prosegue con un ritratto di Silvio Scaglia, riportando una frase di Vincent Boland, secondo cui il manager è la prova “…che non c’è bisogno di essere uno stilista, un magnate dei media o un cioccolatiere per diventare miliardario in Italia”.
Tra il 1990 e il 2000, prosegue, “…il paese è stato un focolaio di innovazione tecnologica, soprattutto nel settore delle telecomunicazioni”.
“Fastweb – aggiunge il quotidiano – fu tra i pochi gruppi italiani di telecomunicazioni, insieme a Tiscali, a tracciare un percorso innovativo nel mondo delle nuove tecnologie a banda larga”.
Ora il manager è detenuto a Roma, con l’accusa di presunta frode internazionale.