Argentina
La Segreteria di politica economica del Ministero delle finanze argentino ha deciso di annullare la risoluzione della Segreteria del Commercio Interno che imponeva a Telecom Italia la vendita della propria partecipazione in Telecom Argentina, detenuta attraverso Sofora.
Lo ha reso noto Enrique Garrido, presidente del gruppo argentino, in una lettera inviata alla Sec lo scorso 26 febbraio.
La decisione, che si basava sul presunto monopolio creatosi nel mercato delle TLC del Paese dopo l’ingresso di Telefonica nel capitale di Telecom Italia, era già stata annullata dalla Camara en lo Penal Economico e dal Tribunale di Buonos Aires, che già a metà gennaio aveva annullato le scadenze imposte dal CNDC, ma il governo Kirchner aveva minacciato di ricorrere al Congresso per togliere a Telecom la licenza se non avesse rispettato la sentenza dell’Antitrust, che imponeva tempi e modi della cessione.
Marcia indietro, dunque, dell’esecutivo argentino, che ha ora vietato all’Antitrust di appellarsi contro la risoluzione 483/2009 che obbligava Telecom Italia a cedere gli asset argentini, obbligando inoltre l’autorità a fare i passi necessari per reindirizzare le procedure.
Una vicenda complicata, che pare concludersi comunque bene per Telecom Italia, che si è sempre definita estranea agli addebiti che hanno spinto l’antitrust argentino a chiedere la dismissione della quota di Sofora: il problema riguarda infatti Telefonica, il cui ingresso in Telco – la holding che controlla Telecom Italia – provocherebbe a detta del governo una distorsione della concorrenza, in quanto il gruppo spagnolo controlla l’altro grande operatore del Paese, Telefonica Argentina.
Sia gli azionisti Telco, la holding che controlla il 22% Telecom Italia, che la stessa società italiana, hanno presentato ricorso contro la decisione, che altro non sarebbe stata – secondo la stampa locale – che un espediente per abbassare il prezzo di vendita e rendere possibile l’acquisizione delle azioni da parte di elementi vicini al governo che non sembravano disposti a pagare secondo il loro reale valore di mercato.