Rete Tlc. Scajola: ‘Lasciamo lavorare le aziende’. Asati difende Telecom Italia, ‘Non accettiamo lezioni dalle banche’

di Alessandra Talarico |

L'associazione dei piccoli azionisti difende il gruppo dalle affermazioni di Alessandro Profumo, secondo cui Telecom Italia non può più essere considerata una grande azienda.

Italia


Claudio Scajola

Il Governo non ha intenzione di intervenire sul futuro assetto della Rete né sulle politiche industriali di Telecom Italia.

Lo ha affermato il ministro allo Sviluppo economico, Claudio Scajola, smentendo quanto ipotizzato stamani dal quotidiano La Repubblica, secondo il quale “…abbassati, per il momento, i riflettori sulla fusione con Telefonica…si lavora comunque a un piano per il futuro di Telecom Italia”.

 

I contorni di questo piano sarebbero stati delineati nei giorni scorsi dal premier Silvio Berlusconi e da Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, l’istituto che, insieme a Telefonica, Generali e Mediobanca  controlla la holding Telco , che a sua volta controlla Telecom Italia.

A differenza degli altri soci italiani di Telco, che propendono per la fusione con Telefonica, Intesa sembrerebbe – secondo La Repubblica – più orientata verso l’opzione scorporo.

Le ipotesi allo studio sarebbero due: la vendita di una parte della rete, quindi l’ultimo miglio, “a investitori privati capeggiati da CdP e Fondazioni” oppure la trasformazione di Telecom in utility attraverso “lo scorporo della rete commerciale, clienti compresi, che a questo punto potrebbe anche essere venduta a un operatore terzo”.

 

Secondo lo scenario tracciato da Repubblica, quindi, la necessità di ricorrere allo scorporo della rete sarebbe avvalorata non solo dal deterioramento dell’economia spagnola – che rende improbabile la realizzazione di un’acquisizione da parte di Telefonica – o dalla incertezza sul futuro di  Cesar Alierta ai vertici dell’ex monopolio statale, ma anche dalla necessità di investire pesantemente nella fibra ottica.

 

Scajola, tuttavia, ha ribadito stamani che sulla separazione della rete “non ci sono novità”.

La questione è di esclusiva competenza dell’azienda, ha detto ancora: “Siamo in un paese di libero mercato per cui le aziende si muovono e agiscono. Telecom sta valutando i suoi investimenti in Italia e la sua politica industriale: lasciamoli lavorare, non mi pare che i governi debbano intervenire”.

 

L’associazione Asati, che riunisce i piccoli azionisti di Telecom Italia, ha difeso Telecom Italia, che – secondo l’Ad di Unicredit Alessandro Profumo non può più essere inclusa nel novero delle grandi aziende italiane.

Asati, ha spiegato il presidente Franco Lombardi, ritiene “fuorvianti” le affermazioni rese da Profumo in merito a un’azienda dal “riconosciuto ruolo di leader globale nella innovazione tecnologica e dei servizi di TLC”.

Lombardi ha ricordato inoltre la significativa presenza di Telecom Italia in Sud America (Brasile, Argentina) e Cuba, “…Paesi con crescita del business a due cifre”, e i numeri relativi alla tanto bistrattata infrastruttura di rete, “estesa a 110 città in cinque continenti, con oltre 300.000 Km di cavo in fibra ottica, per servizi voce e IP”.

Per Asati, anzi, a bloccare finora lo sviluppo di Telecom Italia sono state proprio le Banche, presenti nel sistema di controllo del gruppo telefonico “…sin dalla sua privatizzazione e sia in Olimpia – in cui era presente anche Unicredit, sia oggi in Telco”.

Il sistema Bancario Italiano – ha detto ancora Lombardi – “…ha privilegiato un eccessivo leverage finanziario rispetto all’adeguamento della struttura patrimoniale” e, ha concluso,  “…la sua commistione nella gestione industriale delle maggiori imprese costituisce, a parere di molti economisti, una delle principali cause di debolezza del Capitalismo Italiano”.

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