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Nel dibattito in corso sull’opportunità di far pagare i contenuti online, si è inserito nei giorni scorsi uno studio condotto dall’istituto di ricerca Nielsen condotto in 52 Paesi e il cui esito è stato un… ‘Forse’, ma con buone opportunità per chi legge fra le righe dei risultati.
La maggior parte degli utenti (85%), naturalmente, ha affermato di preferire la gratuità ma, quando si tratta di particolari tipi di contenuti, i partecipanti all’indagine si sono dimostrati propensi almeno a considerare di pagare per determinate categorie, specialmente se lo hanno già fatto prima.
In sostanza, spiega Nielsen, i consumatori sembrano più disposti a pagare – o l’hanno già fatto – quei contenuti per cui pagano anche offline, inclusi gli spettacoli teatrali, i film, la musica, i giochi e determinati contenuti video, come gli show televisivi. Insomma tutti quei contenuti che richiedono una produzione professionale e alti costi di realizzazione.
La ricerca evidenzia quindi come vi sia fra gli internauti minore propensione a pagare per i contenuti realizzati a costi molto bassi, come ad esempio, i video user generated, i blog, i podcast e le comunità di socializzazione.
In mezzo, ha spiegato Nielsen, c’è una vasta serie di formati – giornali, riviste, quotidiani, radio, talk show – creati da professionisti e a un costo di produzione relativamente elevato, che, nel caso di giornali e riviste, vengono comunemente venduti online. Eppure, gran parte di questi contenuti vengono considerati praticamente una merce, facilmente reperibile altrove gratuitamente.
Nonostante il generale consenso sul fatto che i media potrebbero generare sostanziosi ricavi dalla vendita delle news online, non si è trovato ancora un business model soddisfacente. Le aziende stanno sperimentando una gamma di modelli di pagamento, dagli abbonamenti per un servizio completo alle singole transazioni, o i micropagamenti.
Tra le persone intervistate da Nielsen, circa la metà (52%) è a favore di quest’ultimo, che però si è rivelato complesso da implementare in passato.
Ma, è emerso sempre dalla ricerca, un sistema più semplice da usare non cambierebbe molto le cose: solo il 43% dichiara, infatti, che un metodo di pagamento meno complicato aumenterebbe la propensione ad acquistare contenuti on-line.
Più volte in passato il patron della News Corp Rupert Murdoch aveva espresso dubbi circa l’accesso gratuito alle notizie online, sottolineando che tutti i siti dei quotidiani on-line dovrebbero sviluppare delle forme di pagamento per consultare le notizie pubblicate, per garantire la sopravvivenza stessa dei giornali. Secondo Murdoch – il cui impero mediatico è costituito da testate prestigiose come il Wall Street Journal, New York Post, il Times di Londra e altri giornali in Gran Bretagna e in Australia, tutti consultabili on-line – la pubblicità ormai non è più in grado da sola di sorreggere l’industria della carta stampata. Un’inversione di tendenza netta rispetto a pochi anni fa, quando l’editore aveva annunciato la gratuità dei contenuti dei suoi giornali di punta, nella convinzione che gli introiti legati all’advertising sarebbero riusciti a compensare gran parte delle entrate legate agli abbonamenti
Qualsiasi siano le loro preferenze, i consumatori sono comunque generalmente d’accordo sul fatto che per convincere a mettere mani al portafogli, i contenuti online devono rispettare alcuni criteri, come ad esempio la gratuità della consultazione online per quei contenuti per i quali si paga già un abbonamento (giornali, riviste, radio, televisione).
Il 71% dei consumatori ritiene quindi che i contenuti online, di qualsiasi genere, dovrebbero essere notevolmente migliorati prima di essere messi a pagamento, mentre 8 su 10 non pagherebbero per un contenuto che potrebbero ottenere gratis su un altro sito. Il 62% ha poi espresso la convinzione che i contenuti acquistati dovrebbero poter essere copiati o condivisi liberamente.
Interessante, infine, notare che il 47% dei partecipanti all’indagine si dice favorevole ad accettare più pubblicità per finanziare contenuti gratuiti, mentre il 64% ritiene che se dovesse pagare per i contenuti online, non vorrebbe pubblicità sulla pagina.