Italia
L’ordinamento dei canali sul telecomando della Tv digitale terrestre sta creando non poche difficoltà al legislatore ma anche a broadcaster.
A lamentarsi sono soprattutto le emittenti locali che temono d’essere relegate agli ultimi posti. Da qui è nato un dibattito aperto sulla Logical channel numbering (Lcn) e l’apertura di un’istruttoria dell’Agcom.
Il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, in una lettera al presidente dell’Autorità per le comunicazioni, Corrado Calabrò, ha sottolineato che “confida in una sollecita definizione in via regolatoria di criteri idonei a promuovere modalità di assegnazione delle numerazioni suscettibili di favorire un’intensa competizione fra gli operatori”, con un sistema che sia possibilmente flessibile e per aree tematiche.
Catricalà prende spunto dall’istruttoria avviata dall’Agcom per sottolineare la “particolare rilevanza sotto il profilo concorrenziale della tematica, soprattutto nell’attuale fase di passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale terrestre”.
Ecco perché l’Antitrust definisce “fortemente auspicabile” che la possibilità di regolare il tema indicata dall’Agcom si tramuti in scelte concrete. Catricalà suggerisce di individuare un modello che sia in grado di “tutelare una certa flessibilità del sistema rispetto a eventuali modifiche sostanziali delle condizioni competitive” e un’organizzazione impostata per aree tematiche, che favorisca il confronto fra le varie offerte, come avviene all’estero.
In questo modo, vengono enfatizzate le opportunità di sviluppare audience per canali che, in assenza di un ordinamento tematico, sarebbero relegati in numerazioni molto elevate, tra emittenti recanti programmazioni del tutto disomogenee.
Nella lettera, Catricalà ricorda “la particolare rilevanza sotto il profilo concorrenziale della tematica dell’ordinamento automatico dei canali televisivi, soprattutto nell’attuale fase di passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale terrestre”, poiché nella televisione digitale terrestre, a fronte di un’offerta di programmi più ampia rispetto alla televisione analogica, “elementi di possibile successo della singola attività d’impresa sono, tra l’altro, rappresentati dalla facilità e rapidità di selezione del programma da parte dell’utente e dal consolidamento di una determinata posizione da parte dell’emittente televisiva nell’ambito della numerazione”.
Per l’Autorità presieduta da Catricalà, “…anche sulla scorta delle esperienze maturate in altri Paesi, un intervento regolatorio appare fortemente auspicabile, nell’ottica di promuovere l’affermazione di criteri organizzativi dell’ordinamento automatico idonei a favorire condizioni di piena concorrenza tra gli operatori effettivi e potenziali. Nessun accordo pattizio, infatti, può garantire condizioni di assoluta imparzialità, oggettività e non discriminazione, connaturate invece all’operato dell’Autorità di regolazione”.
Per l’Autorità tali considerazioni potrebbero acquistare ulteriore rilievo in vista di nuovi ingressi nel mercato televisivo: “infatti, l’organizzazione tematica, nella misura in cui attenua la centralità delle prime numerazioni, consente di mantenere una riserva di numerazioni di un certo interesse anche per potenziali newcomer”.
Secondo il parere della Commissione Lavori pubblici e Comunicazioni del Senato allo schema di decreto Romani, che recepisce la Direttiva Ue sui nuovi servizi media e audiovisivi, si prevede che spetti all’Agcom definire criteri e blocchi dei numeri, nell’ambito dell’istruttoria che è già in corso e terminerà a breve; al ministero, invece va il compito di assegnare il numero del telecomando alle emittenti ma anche di sanzionare quelle che non rispettano la posizione assegnata loro, anche con la revoca dell’autorizzazione a trasmettere fino a due anni.
L’ordinamento automatico dei canali è attualmente oggetto di un’istruttoria dell’Agcom che sta valutando l’accordo presentato da DGTVi sul quale non sono però pervenuti tutti i consensi.
Lo scorso novembre, l’Autorità delle tlc ha avviato l’iter ai sensi dell’art. 43 del Testo unico della radiotelevisione – e che sarà svolta in tempi rapidi – servirà a verificare se l’accordo raggiunto dai principali operatori del settore televisivo sia rispettoso del pluralismo e non discriminatorio nei confronti di alcune categorie di broadcaster.
Il problema è appunto l’LCN: quando il decoder o il televisore integrato li sintonizza, li colloca in una lista lunghissima, che arriva fino ai numeri 800. Ogni emittente, ovviamente, cerca di piazzarsi il più in alto possibile e si verificano casi di conflitto – segnalati dagli stessi decoder – tra più emittenti per occupare la stessa posizione.
L’accordo di DGTVi – che riunisce Rai, Mediaset, Telecom Italia Media, Frt, D-Free e Aeranti-Corallo -, ora al vaglio dell’Autorità, prevede che i canali dall’1 al 9 spettino alle ex tv analogiche (tre Rai, tre Mediaset, poi La7, Mtv e l’ex Rete A); dal 10 al 19 alle emittenti locali, in base alla graduatoria stilata dai vari Corecom; dal 20 in poi, a vari blocchi tematici: al numero 20 c’è Tv 2000, al 21 Retecapri (che però non ha ancora aderito all’accordo), poi i canali per bambini, i semigeneralisti (come Rai 4, Iris o RaiSat), gli sportivi e quelli dedicati alle news. Ma non tutti i broadcaster hanno aderito all’intesa.