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Donne e Tv. Gabriella Cims: ‘Ecco cosa si chiede al Contratto di servizio Rai’

Italia


Vi proponiamo volentieri l’articolo pubblicato su Women in the City (www.womeninthecity.it) a sostegno della campagna “Donne e TV”, lanciata da Key4biz per appoggiare le proposte avanzate da Gabriella Cims , coordinatrice dell’Osservatorio Direttiva UE Servizi di Media Audiovisivi presso il Ministero dello Sviluppo Economico. E sottoscritta da numerose donne impegnate nelle istituzioni, nelle imprese e nelle università.

 

 

La richiesta è chiara e soprattutto fattibile, sempre che ci sia la volontà politica di farlo.

La rappresentazione della figura femminile nella tv pubblica italiana si risolve nel suo ambito naturale: il Contratto di servizio pubblico che la RAI-Radiotelevisione Italiana sottoscrive ogni tre anni con il ministero delle Comunicazioni, e che fissa gli obiettivi e i parametri di qualità della mission dell’azienda ovvero l’informazione di servizio pubblico.

Alla fine di questo gennaio 2010, scade il contratto 2005 (che già prevede precisi riferimenti a minori, società civile, ambiente e altro, ma niente che riguardi le donne), e RAI e Ministero sono chiamati a sottoscrivere il contratto 2010-2013.

Cinque emendamenti, già pronti in cartella, potrebbero segnare “la svolta”, ponendo, peraltro, un punto fermo sulla più spinosa e storica querelle tra il movimento delle donne e il servizio pubblico televisivo: l’immagine femminile divulgata dagli schermi RAI.

 

Pezzi di carne, solitamente muta, non stop.

 

A stilare gli emendamenti, che women pubblica qui di seguito in anteprima, è stata Gabriella Cims , coordinatrice dell’Osservatorio Direttiva UE Servizi di Media Audiovisivi insediato dal vice ministro delle Comunicazioni Romani sulla Direttiva Europea per le Tv 2007/65/CE.

 

Traducono in azione positiva le riflessioni contenute in un suo Appello di novembre ai vertici RAI, in vista del prossimo rinnovo del contratto, “…Appello a Romani, Calabrò e Garimberti: il servizio pubblico ha un’occasione da non mancare…“, con specifico riferimento alle direttive comunitarie sul trattamento dell’immagine femminile nei media europei.

 

C’è un concetto che si chiama dignità“, riflette Gabriella Cims , “Dignità umana, culturale e professionale. Credo che questo concetto, riferito alle donne, sia stato ultimamente troppo tradito dai mezzi di comunicazione, in un processo a valanga che sta travolgendo tutto e tutti, consci ed inconsci…”.

 

Pubblicato sul sito di Key4biz e subito ripreso da Rai News24, l’appello è stato immediatamente raccolto da un cartello di personalità femminili, prime firmatarie Mirella Ferlazzo presidente della CPO del Ministero per lo Sviluppo Economico, Elisa Manna del Censis, Teresa Chironi presidente della CPO Enea, che hanno sottoscritto una lettera a sostegno, indirizzata al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ai ministri Claudio Scajola e Mara Carfagna, al viceministro Paolo Romani, al presidente RAI Paolo Garimberti, al presidente della Commissione di Vigilanza RAI Sergio Zavoli, al presidente dell’AGCOM Corrado Calabrò.

 

Una lettera che parla alle ragioni alle donne, indica un percorso condiviso e chiede l’adesione di tutte (per aderire, vedi sotto), specchio e riflesso di anni di dibattito femminile, reso incandescente dai recenti fatti di attualità, e di chilometri di proteste del Movimento sul modo di trattare il “corpo femminile” nella nostra tv.

 

Conviene ricordare che volgeva il 1991, siamo alla boa dei venti anni, quando Tina Anselmi, presidente della Commissione Nazionale Parità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, inaugurò a Palazzo Chigi il Tavolo delle Giornaliste con il duplice obiettivo della parità uomo-donna nei sistemi informativi, tanto sul piano dell’accesso e delle carriere quanto su quello della rappresentazione plurale dell’immagine delle donne nella programmazione.

 

Women in the city seguirà su queste pagine l’iter della proposta.

 

Non ci illudiamo: la questione è spinosa, i conformismi da sradicare innumerevoli, e così le indifferenze e i silenzi.

 

Ma è pur vero che, prima o poi e meglio se prima, i decisori politici e certi intellettuali ciechi dovranno rendersi conto che conviene a tutti, e innanzitutto al Paese, alle sue giovani generazioni, al suo corpo sociale, una diversa presenza e ruolo delle donne nei sistemi televisivi.

 

Ce lo impone peraltro l’Unione europea, per non dire della “modernità” degli altri, oltralpe.

Vai alla Lista delle Firmatarie          

  

                             

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