Unione Europea
L’operatore storico britannico, BT, aprirà i suoi cavidotti ai concorrenti, che potranno così gestire la propria rete ad alta velocità basandosi sull’infrastruttura dell’ex monopolista e con un notevole risparmio sui costi.
In questo modo, infatti, i competitor potranno stendere la propria fibra ottica senza dover affrontare i costi per la realizzazione dei cavidotti, che rappresentano una delle voci di spesa più ingenti nella costruzione di una rete in fibra ottica.
BT conta attualmente 5 milioni di clienti e ha pianificato interventi per 1,5 miliardi di sterline (1,6 miliardi di sterline) per una rete che offrirà velocità fino a 100 Mbps, inizialmente nelle maggiori città. Per l’inizio delle Olimpiadi, il 27 luglio, la società promette la copertura di 10 milioni di abitazioni, attraverso le tecnologie FTTH e FTTC.
Il piano per la superbanda larga del Governo britannico prevede quindi la copertura in fibra ottica del 90% del paese entro il 2017, ma tutti dovranno avere accesso alla banda larga a una velocità di almeno 2Mbps entro la fine del 2012.
L’annuncio di BT segna una vera inversione di tendenza nel settore europeo delle tlc, oltre a sottolineare l’intensa pressione politica e competitiva che il gruppo sta affrontando.
Il mese scorso, infatti, il partito conservatore aveva minacciato di imporre a BT l’apertura dei cavidotti se avesse vinto le prossime elezioni: in questo modo, i Tories sperano di stimolare gli investimenti privati e di assicurare le connessioni in fibra ottica anche nelle aree rurali.
BT ha precisato che la decisione di aprire le proprie infrastrutture ai concorrenti non è una conseguenza di questa moinaccia: già dal 2007, infatti, il gruppo avrebbe avviato discussioni in tal senso col regolatore.
“Siamo lavorando con Ofcom per raggiungere questo obiettivo e ci piacerebbe che il governo in futuro sostenesse questa iniziativa – ha dichiarato al Financial Times il Ceo di BT, Ian Livingston – Anche se questa soluzione non sarà la pallottola d’argento che porterà la fibra in ogni casa, l’accesso libero a tutti i condotti, non solo i nostri, potrebbe aiutare BT e altri a estendere la copertura della fibra ottica”.
BT spera infatti che anche i concorrenti – come TalkTalk e Virgin Media – seguano il suo esempio, dopo aver subito da loro numerose critiche per le sue strategie sulla fibra ottica. TalkTalk, ad esempio, ha avviato dei trials, che potrebbero far presumere l’intenzione della società di investire in una propria infrastruttura o, anche, potrebbero rappresentare una minaccia per acquistare maggiore peso nelle trattative con l’ex monopolista.
Virgin Media, di contro, ha già investito miliardi di sterline per il roll out di una rete in fibra e ha rispedito al mittente l’invito di BT ad aprire la propria rete. “Non abbiamo intenzione di sviluppare un’offerta all’ingrosso”, ha spiegato un portavoce.
BSkyB ha accolto favorevolmente la decisione di BT di aprire le proprie reti, ma ha chiarito che al momento non ha in programma investimenti nella fibra ottica.
“Anche se non abbiamo piani su larga scala per la fibra, sosteniamo il principio delle infrastrutture aperte, così come la nostra piattaforma satellitare è stata dal
Livingstone si è più volte lamentato del fatto che il governo britannico non abbia ancora fatto chiarezza sui piani di sviluppo dell’ultrabroadband, mentre nel resto del mondo, diversi governi stanno sostenendo proattivamente lo sviluppo della fibra ottica.
Mentre anche l’Italia arranca sullo sviluppo della fibra ottica, negli Usa, il governo ha predisposto un programma di sovvenzioni e prestiti per 2 miliardi di dollari volto a sostenere l’espansione della banda larga e a creare nuovi posti di lavoro. I fondi rientrano nel programma da 7,2 miliardi di dollari voluto dal presidente Barack Obama per portare la banda larga nelle aree che ancora non ne risultano provviste.
La Francia, intanto, ha varato un piano di stimolo da 35 miliardi, dei quali circa 4,5 miliardi di euro andranno allo sviluppo del digitale, 2 miliardi per portare la banda larga e quella ultra veloce su tutto il territorio nazionale e 750 milioni per digitalizzare il patrimonio culturale (musei, biblioteche e cinema).