Italia
Telefonica, operatore numero due in Europa dopo Deutsche Telekom, è il maggior azionista di Telco, la holding che controlla Telecom Italia, e – fin dal suo ingresso nell’azionariato – è stato considerato il candidato naturale all’acquisizione del gruppo italiano.
Se l’accordo ci sarà o meno, a questo punto, come ha fatto notare anche il FT, dipenderà solo dalla politica: la rete di Telecom Italia è infatti un asset strategico di primaria importanza e il governo si è fin qui dimostrato contrario al passaggio della sua gestione ‘in mani straniere’, eventualità che metterebbe a rischio gli investimenti nel nostro paese e la qualità della rete stessa, soprattutto in vista del passaggio alla fibra ottica.
Il caso Telecom-Telefonica è stato dibattuto anche nel corso del question time alla Camera: l’on Linda Lanzillotta (Gruppo Misto-API) ha chiesto in che modo il governo intenda muoversi per tutelare “…un’infrastruttura fondamentale del Paese, condizione essenziale per la sua crescita, per la sua competitività, per l’attrazione di investimenti e sempre più necessaria per garantire a tutti i cittadini l’accesso alla conoscenza e la fruizione di servizi pubblici.”
Un’infrastruttura considerata estremamente sensibile e delicata, su cui transitano anche informazioni vitali per l’economia e la sicurezza, e su cui gli altri Paesi stanno investendo massicciamente, “…mentre in Italia sono stati cancellati i finanziamenti pubblici (800 milioni di euro) destinati al completamento della rete a banda larga (da cui oggi sono ancora esclusi circa otto milioni di cittadini)”.
“La rete di telecomunicazioni – ha affermato la Lanzillotta – è di proprietà di Telecom, che la gestisce in regime di monopolio, condizionandone lo sviluppo e le condizioni di accesso, nonché di universalità, e, di conseguenza, dal carattere strategico della rete deriva il carattere strategico di Telecom”.
Riprendendo le insistenti voci di un’imminente fusione tra Telecom e la spagnola Telefonica , che determinerebbe il controllo di Telefonica sul gruppo Telecom e sulla rete italiana di telecomunicazioni, la cui governance sarebbe, quindi, del tutto estranea agli interessi strategici del nostro Paese, la Lanzillotta ha quindi chiesto se il governo voglia davvero convincere i soci di Telecom Italia ad aspettare a dopo le elezioni regionali per ufficializzare una fusione tra i due gruppi che appare ormai inevitabile, “per evitare l’imbarazzo di dover spiegare agli elettori come mai sono stati spesi per 3 miliardi di euro per salvare per qualche mese l’italianità di Alitalia e si sta invece lasciando la rete telefonica nelle mani di una società straniera”.
“Si rileva – ha sottolineato ancora la Lanzillotta – che l’inerzia del Governo nel caso Telecom ha fatto sorgere il dubbio, che, di fatto, non si voglia contrastare Telefonica, società che, su altri mercati, ha interessi comuni con aziende italiane molto vicine al Presidente del Consiglio dei ministri e che il Ministro dell’economia e delle finanze in più occasioni ha rivendicato il primato della politica sulla pura logica di mercato, allorché siano in gioco interessi e diritti dei cittadini, delle imprese e dell’intera comunità”.
Nell’interpellanza, dunque, la Lanzillotta ha chiesto se il Governo “…non ritenga in questo caso di dover intervenire per evitare il passaggio ad una società straniera del controllo della rete di telecomunicazioni, quali strumenti intenda eventualmente attivare a tale scopo e se non ritenga necessario a tali fini promuovere la creazione di una “società della rete”, partecipata, oltre che da Telecom, da soci pubblici e privati e con un assetto idoneo a garantire neutralità, accessibilità e adeguati investimenti sull’infrastruttura”.
Alla Lanzillotta ha risposto il ministro per i rapporti col Parlamento Elio Vito, che ha innanzitutto definito “prive di fondamento” le indiscrezioni di Repubblica su un presunto via libera del Governo alla fusione tra Telecom Italia e Telefonica e ha rassicurato sull’impegno del governo nella lotta contro il digital divide, confermando l’interesse verso la creazione di una società ad hoc per la rete.
“Non c’è stato nessun via liberà né opposizione, per il fatto che non c’è ancora stato alcun contatto”, ha spiegato Vito, sottolineando che il ministro Claudio Scajola seguirà attentamente la vicenda, pur non potendo entrare nel merito delle decisioni di un’azienda privata.
“L’esecutivo rispetta la libertà d’impresa. Tuttavia – ha aggiunto – la rete Telecom è un asset strategico per il paese e la sua importanza è, d’altra parte, dimostrata dall’impegno del Governo per il progetto banda larga ‘Italia a 20 megabit’ che sta mettendo in moto consistenti investimenti”.
Il ministro ha quindi ricordato che si sta procedendo al completamento del piano nazionale sulla banda larga per azzerare il digital divide e che, in attesa delle delibere del Cipe, si stanno mettendo in campo innovativi strumenti di finanziamento che permetteranno di aggiungere ai quasi 500 milioni oggi disponibili, altrettanti da spendere nel corso dei prossimi due anni.
“Stiamo anche procedendo – ha sottolineato Vito – agli accordi di cofinanziamento con tutte le Regioni”, con oltre 500 cantieri già avviati, 130 milioni di euro impegnati e assegnati con gara nel corso del 2009 e l’impegno di ulteriori 200 milioni di euro nel 2010.
Sulla creazione di una società ad hoc per lo sviluppo di una rete nazionale in fibra ottica, Vito ha quindi affermato che – come sottolineato anche dal ministro Scajola – si potrebbe promuovere uno strumento che potrebbe assumere “la forma di una società ad hoc per la rete in fibra ottica”, in grado di coinvolgere i maggiori operatori del settore.
Questa nuova entità, ha aggiunto, “potrebbe svolgere un ruolo da protagonista nella costruzione delle strutture evolute in fibra di cui il paese ha bisogno, con il coinvolgimento di tutti gli operatori a partire da Telecom Italia, e di tutte le istituzioni, in particolare dall’Autorità’ per le garanzie nelle comunicazioni”.
La Lanzillotta ha quindi replicato al ministro Vito, prendendo atto della risposta del Governo, ma esprimendo preoccupazione in merito allo stanziamento delle risorse da destinare al piano della banda larga ed auspicando che lo stesso informi tempestivamente il Parlamento sugli eventuali sviluppi.
“Il ministro Tremonti – ha affermato – ha rivendicato il primato della politica, ma se non ora, quando?”.
“…Perché si tratta veramente – ha concluso – di fare gli interessi del Paese come in altri Paesi sviluppati si sta facendo. Mi auguro che l’inerzia e le contraddizioni che ci sono nel Governo non ne determinino la paralisi per cui ci troveremo poi di fronte ai fatti compiuti quando sarà troppo tardi”.
Sul tema della società della rete è intervenuto anche il presidente Agcom, Corrado Calabrò, affermando, a margine di un’audizione alla Commissione di Vigilanza Rai, che questa ipotesi diventerebbe ancora più strategica in caso di fusione tra Telecom e Telefonica: “…la Società della Rete – ha sottolineato Calabrò – è tutt’ora d’attualità e ci si sta lavorando. Vediamo se si trova la quadratura del cerchio. C’è un gruppo all’interno dell’Autorità, il comitato NGN, che sta lavorando”.