Italia
Ultimo appuntamento per il ciclo delle ‘Giornate di Studio Marconiane‘, organizzato dalla Fondazione Ugo Bordoni (FUB) e tenutosi ieri a Roma, presso la Sala della Lupa della Camera dei Deputati, alla presenza del Presidente della Camera Gianfranco Fini, della principessa Elettra Marconi e del figlio Guglielmo Giovanelli Marconi. L’incontro, dal titolo “Guglielmo Marconi imprenditore. Come favorire gli investimenti, l’imprenditorialità e l’innovazione“, ha voluto approfondire il ruolo di imprenditore e di uomo di economia che nella seconda parte della sua vita ha svolto Guglielmo Marconi, premio Nobel per la fisica nel 1909. Nei due precedenti appuntamenti sempre dedicati alla figura dello scienziato bolognese, la FUB aveva evidenziato il peso che il suo lavoro ha avuto nella nascita della società dell’informazione e sull’importanza dei nuovi mezzi di comunicazione nell’evoluzione dei processi di globalizzazione più recenti. Questo ultimo omaggio alla figura di Marconi si è inoltre dimostrato come straordinario momento di incontro tra imprenditori, Istituzioni, centri di ricerca, ma anche mondo delle banche e della finanza, per fare il punto sullo stato dell’innovazione in Italia e per stimolare i decisori politici da una parte e le forze del lavoro dall’altra, in un maggiore impegno in favore della ricerca e dello sviluppo in Italia.
Un grande scienziato, innovatore, inventore, ma anche geniale imprenditore come detto, in grado di sopperire alle mancanze croniche di un tessuto economico troppo debole e frammentario, in cui fare ricerca, nelle imprese come nei centri accademici, resta, allora come oggi, difficile. Eppure, nonostante tali evidenti limiti, secondo il Presidente Fini, “L’impresa scientifica marconiana rappresenta un marcato segno di italianità nel secolo delle grandi scoperte ed invenzioni scientifiche. Un modello virtuoso da presentare ai nostri giovani di come la scienza si applichi alla vita e la vita ad essa, svelando il suo volto più umano“. Dove manca, per vari motivi, il sostegno delle Istituzioni o delle aziende, esce sempre il genio italico, per tradizione e per vocazione tipicamente ricco di creatività e forza d’animo. Ma, ovviamente, in un contesto di esasperata competitività come quello che viviamo, tali virtù non bastano a reggere la concorrenza ed allora, come ha tenuto ha sottolineare ancora Fini: “C’è l’urgenza di sostenere e migliorare l’offerta formativa nel paese, nelle scuole e nelle Università, dotando le nuove generazioni di strumenti idonei e cercando di favorire l’emergere di intelligenze e di nuove competenze, coinvolgendo in questo l’Amministrazione Pubblica e il mondo del lavoro. Solo così si potrà porre fine all’inaccettabile fuga di cervelli all’estero e dare vita finalmente ad una nuova stagione di grandi risultati in ogni campo del sapere e della ricerca“.
Avere la possibilità di sviluppare sistemi di comunicazione efficienti e all’avanguardia significa apportare decisive modifiche alla vita sociale, culturale ed economica di un paese e il primo a capire questo, ci ha raccontato nel suo intervento introduttivo Enrico Manca, presidente della FUB, è stato proprio Marconi: “Cogliendo l’aspetto decisivo dello sviluppo che è tutto nel rapporto che si stringe tra innovazione, prodotto e mercato“. “Perché l’innovazione – ha precisato Manca – è soprattutto capacità di rispondere alle esigenze della comunità, lì dove investimenti in ricerca e sviluppo sono indispensabili per generare innovazioni in diversi campi di attività dell’uomo“. Spesso, inoltre, è l’invenzione ha determinare l’innovazione, che a sua volta è legata al lavoro dei ricercatori, creando quel complesso sistema di strumenti che aiutano un’azienda a far fronte ai rischi insiti nella sua natura di impresa. Ovviamente, sui mercati post-moderni e post-globalizzati, ciò che fa ulteriormente la differenza sono i brevetti e i mix di brevetti, frutto di collaborazioni strategiche tra imprenditori, investitori, modelli di business avanzati, ricercatori e centri di eccellenza. A ben vedere l’intero mondo della conoscenza in tutte le sue articolazioni, dalla dimensione economica a quella sociale, da quella culturale a quella etica e politica.
Proprio su questo aspetto dei brevetti l’Italia sembra mostrare il suo lato più debole, con ‘soli’ 9.600 tra brevetti e marchi registrati, molto indietro rispetto ai partner europei. Eppure la crisi economica, secondo Manca: “E’, paradossalmente, un’occasione imperdibile per ricercare nuove soluzioni, anche riqualificando l’intervento pubblico, nella consapevolezza che gli investimenti in ricerca sono tra gli strumenti più idonei per favorire la crescita del nostro paese, rafforzando la consapevolezza della centralità dei valori etici del lavoro e del fare impresa“. Un tema questo che alla fine ha costituito il focus stesso della prima sessione dei lavori, “Pensare l’innovazione in un momento di crisi“, introdotta da Valerio Zingarelli, CEO Babelgum e membro del Comitato Scientifico FUB, il quale ha fornito alcune cifre su cui riflettere circa la spesa italiana in Ricerca e Sviluppo: “Che al 2004 ammontava a 13,5 miliardi di euro, il doppio rispetto al 1980, ma che rappresenta solo il 9% del totale europeo, per 72.000 impiegati, di cui il 38% nel mondo delle imprese, e un numero di brevetti e marchi depositati pari a 503 nel 2005, appena il 4% del totale europeo“. Numeri che lasciano perplessi sul reale potenziale italiano nel settore, troppo sbilanciato verso i servizi e poco orientato invece ad un modello integrato di industria tra manifattura e servizi avanzati, di cui corporation globali come Google sono esempi da manuale.
Ancora una volta si guarda al sistema delle comunicazioni internazionale e nazionale per uscire dalla contingenza economica negativa in cui siamo entrati e Luca De Biase del Corriere della Sera, qui in veste di moderatore, ha chiesto alle imprese e alle istituzioni un maggiore impegno nella ricerca di prospettive di lungo termine, le uniche in grado di investire nell’innovazione come fattore chiave per individuare l’exit strategy vincente e soprattutto per coinvolgere i giovani nel percorso di rinnovamento del mondo del lavoro italiano. Quello che Giuseppe Viriglio di Telespazio ha definito: “Una nuova prospettiva di partecipazione a cui sono chiamate a dare il loro contributo tutte le realtà dell’ecosistema delle telecomunicazioni. Come per Galileo, lì dove abbiamo saputo investire in innovazione abbiamo raggiunto leadership forti e durature, vedi il caso delle telecomunicazioni satellitari“. Buone pratiche come quella di Ericsson che, come ci ha mostrato nel suo intervento Cesare Avenia: “Ha puntato molto sulla ricerca e lo sviluppo di infrastrutture innovative, banda larga su tutte, ma anche la fibra ottica e la fotonica. In Italia abbiamo 1.100 persone impegnate in ricerca e innovazione, tra queste i ricercatori del Polo di Genova, dove, in collaborazione con l’Università S. Anna di Pisa, si sta lavorando ai nuovi chipset per lo sviluppo delle future ‘reti delle cose’, in grado di connettere tutto“. Non solo un problema di infrastrutture, per Oscar Cicchetti di Telecom Italia, ma anche un’esigenza nuova di saper sviluppare intelligenza nelle reti, nei servizi, nei contenuti, interconnettendo tutti i livelli delle telecomunicazioni globali: “A cui si aggiungono persone e ‘cose’, device evoluti che già oggi si fanno strada tra gli elettrodomestici di uso comune e con cui presto saremo in grado di comunicare. Ecco perché è importantissimo che lo stesso operatore si trasformi in 2.0, presentandosi più efficiente e di prossimità al cliente“. Reti consapevoli del contesto in cui si opera quindi, frutto dell’Information Communication Technology (ICT) più avanzata, “Di cui i Telecom Italia Labs sono espressione – ha precisato Cicchetti – con i 1000 dipendenti impiegati nella ricerca e lo sviluppo di nuovi percorsi, nuovi skill professionali, piattaforme intelligenti e infrastrutture di servizio“.
Una ICT che torna al centro dei paradigmi economici e culturali, in grado di modificare gli asseti del mondo imprenditoriale in pochissimo tempo, come nel caso di Wind che, ci ha spiegato Luigi Gubitosi: “Grazie all’innovazione tecnologica è riuscita a crescere e raggiungere livelli competitivi altissimi in soli 5 anni, cambiando l’organizzazione interna, la gestione delle infrastrutture, semplificando i processi e le relazioni con i partner“. Quindi una diversa impostazione del management, orientato verso scelte più coraggiose e nello stesso tempo più profittevoli, scegliendo di puntare tutto sull’innovazione e la ricerca. “Oggi investiamo in ricerca e sviluppo il 15% delle nostre risorse – ha spiegato Stefano Lorenzi di Alcatel – Lucent, azienda manifatturiera di natura globale – ma senza una leadership chiara non si possono decidere piani aziendali di durata pluriennale che tali scelte richiedono“. “I nostri Bell Labs – ha affermato Lorenzi – sono garanzia di risultato e di innovazione applicata alla ricerca, con quasi 1000 impiegati, soprattutto nella fotonica, cercando di ottimizzare i consumi di energia, ottimizzando la filiera e le relazioni col mondo universitario e puntando molti nella ricerca di un ambiente di lavoro più a misura di uomo“. Un richiamo all’etica e ai valori umanistici che Manca e Fini hanno lanciato proprio ad inizio sessione, fattori chiave per poter governare i grandi cambiamenti che ci stanno investendo negli ultimi anni, come ha affermato Massimo Sarmi di Poste Italiane: “Anche grazie ad una diversa concezione del lavoro e della gestione d’impresa dove, a risorse finanziarie adeguate, devono corrispondere un maggiore impegno da parte dello Stato e del mondo delle Piccole e Medie Imprese (PMI) che poi sono il cuore dell’economia italiana, tessuto imprenditoriale vivo su cui l’ICT deve impiantarsi per generare cambiamenti strutturali importantissimi, da cui poter partire con i nuovi servizi avanzati di eCommerce, ePayment e nella logistica“.
Per Antonio Marani della Rai, esempio di innovazione e sviluppo vincenti sono nello Switch over che sta interessando il paese proprio in questi mesi: “Che hanno visto l’azienda crescere col 7% di share e un’offerta di qualità articolata su più canali, tanto da posizionarsi come secondo broadcaster europeo multicanale. Cifre di un successo dovuto al coraggio dimostrato dalla Rai nell’aderire all’innovazione radiotelevisiva offerta del digitale terrestre (DTT) e soprattutto dal web, motore di cambiamento del servizio pubblico senza precedenti“. Una riflessione importante sul ruolo dell’innovazione nell’impresa, che Bianca Maria Martinelli di Vodafone Italia ha ulteriormente sviluppato nel suo intervento: “Serve uno sforzo comune per attivare quel circolo virtuoso tra investimenti in innovazione e contesto competitivo, cruciale per dare impulso alla crescita dell’industria delle comunicazioni. Il caso della banda larga è esemplare e la crescita dei servizi non può prescindere dall’esistenza di un ambiente di reale competizione nella telefonia fissa“. “Per questo – ha proseguito Martinelli – e’ importante il ruolo dei regolatori nel bilanciare le spinte dell’incumbent, che vanno sempre più verso una deregolamentazione improntata all’asimmetria, con la salvaguardia delle condizioni basilari per gli operatori alternativi. Serve inoltre un’accelerazione nella realizzazione di una rete in fibra ottica. Non una pluralità di reti concorrenti ma un’unica rete, per offrire il massimo dello sviluppo ai minimi costi. La proposta del Governo, lungimirante ed efficace , di una società della rete, può certamente rappresentare un’ importante leva per stimolare lo sviluppo e l’innovazione sui servizi e su questo Vodafone è pronta a fare la sua parte“.
Altri esempi di innovazione di prodotto sono stati portati da Mauro Moretti di Ferrovie dello Stato, che ha illustrato i grandi traguardi raggiunti da Trenitalia a livello globale con i nuovi sistemi di controllo da remoto dei vagoni e delle motrici, “Facendone uno standard riconosciuto per qualità e sicurezza in tutto il mondo, con l’effetto congiunto di ridurre i costi e moltiplicare i fatturati“. Mentre non sono mancati i richiami ad esperienze lontane come nel caso di Israele che, ha raccontato nel suo intervento Stefano Parisi di Fastweb: “Grazie all’ICT ha saputo trasformarsi da paese prettamente agricolo a soggetto innovatore tecnologico, prima realtà al mondo per start up di Telecomunicazioni, mettendo a disposizione delle aziende venture capital, ottimizzando le risorse pubbliche, investendo moltissimo in ricerca e sui giovani“. Non sono infine mancate le provocazioni, come le ha chiamate Vincenzo Novari di 3Italia, che nel suo intervento ha voluto porre alla platea d’eccezione dell’ultima Giornata Marconiana: “Come impedire che i ricercatori fuggano dall’Italia? Semplice, basta fare come in Canada, dove si istituiscono migliaia di cattedre per la ricerca e i giovani vendono pagati e motivati nel loro lavoro“. “Mi chiedo poi – ha continuato Novari – come mai da quando in Italia il pubblico ha lasciato le telecomunicazioni il grado di innovazione sia così diminuito e la risposta è che il privato pensa troppo al mercato e alla governante; non riuscendo infine proprio a capire perché in Italia non ci sia una rete di nuova generazione efficiente e diffusa, sapendo che ad impedire tale innovazione infrastrutturale è il veto di una nazione nostra competitrice nel mercato delle Tlc“.
In quasi tutti gli interventi, compreso quest’ultimo di 3Italia, ad essere chiamato in causa è sempre il Governo, il pubblico, punto di riferimento per i piani di investimento, di sostegno alle imprese e al mondo del lavoro in generale. Istanze legittime ha cui ha risposto il vice ministro dello Sviluppo Economico – Dipartimento Comunicazioni, Paolo Romani, affermando che: “Grazie alla Televisione Digitale Terrestre oggi l’Italia è nel mondo un chiaro mercato di riferimento, come è stato per l’Armenia che per l’ammodernamento delle proprie infrastrutture in chiave digitale ha chiesto il nostro aiuto“. “A riguardo – ha precisato Romani – si è deciso per le regioni del Nord Italia di lanciare uno switch-off completo senza più lo switch over che ha caratterizzato il passaggio al digitale terrestre in questo primo anno, segno anche questo di maggiore consapevolezza delle nostre competenze“. “Per la banda larga – ha spiegato il vice ministro – il Governo ha deciso di stanziare nuovi fondi, destinandoli alla copertura dei buchi della rete rimasti aperti, ai programmi anti digital divide, che ancora riguardano il 13% del territorio, ma anche per garantire 2Mbs a tutti e per sostenere i sistemi di backhauling“.
Anche nella seconda sessione c’è stato spazio per le Istituzioni e i piani di sviluppo delle nuove reti di telecomunicazione, con il panel dedicato a “Le politiche a sostegno dell’innovazione, le regole e l’impresa fra ricerca e finanza“, introdotto dal vice presidente della Camera dei Deputati, Rocco Buttiglione, e moderato da Daniele Manca, vice direttore del Corriere della Sera. Proprio Buttiglione ha sottolineato come: “Creare nuovi posti di lavoro nel settore della ricerca è oggi possibile solo impegnandosi maggiormente in quelle aree meno esposte alle pressioni della globalizzazione e della competizione internazionale, come nel caso dei brevetti e dei marchi, quindi delle invenzioni e delle innovazioni tecnologiche direttamente spendibili sui mercati“. Un modo per ovviare alle impellenti necessità finanziarie che attanagliano il mondo della ricerca e che però hanno bisogno di un terreno regolamentato in maniera efficace. Bisogna però fare attenzione quando si chiamano in causa le regole, ha suggerito Nicola D’Angelo, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCom): “Perché più regole significa più burocrazia, più invasività, più vincoli, mentre sarebbe opportuno un processo inverso, che solo l’intervento legislativo può garantire, con sostegno all’innovazione imprenditoriale, favorendo investimenti in infrastrutture strategiche per il paese, come la banda larga o lavorando per dare il via all’atteso tavolo di trattative per l’Open Access e sostenendo domanda di servizi come eCommerce, ePayment, eGovernment o eHealth“. Avere un ambiente regolatorio chiaro e al passo con i tempi, significa sostenere l’innovazione, adeguarne le specifiche tecniche alle esigenze della cittadinanza e garantire apertura dei mercati e concorrenza leale. Questo il pensiero di Antonio Pilati dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che nel suo intervento ha suggerito alcuni passaggi importanti per il paese da cui non si può prescindere: “Servono reti più potenti e regole più chiare sulla neutralità delle stesse, rendendo trasparente l’uso che gli operatori fanno dei network, garantendo allo stesso tempo il rispetto del copyright e del lavoro dei produttori di contenuti, ma evitando situazioni di monopolio o oligopolio e cercando soprattutto in Europa di mettere ordine tra le diverse posizioni, convergendo a soluzioni condivise dagli altri partner“.
Un ambiente in salute e un mercato che rispetti le regole aiuterebbero anche le imprese stesse nei loro business, aumentandone le possibilità e le opportunità di successo. “Oggi solo le società che operano nel campo dell’High Technology – ha spiegato Manuela Arata del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), istituto di cui Marconi fu presidente tra il 1927 e il 1937 – che meglio di altre rispondono alla crisi, con un aumento dei fatturati e delle assunzioni, e il motivo sta proprio nell’alto livello di innovazione di cui godono tali imprese a decretarne il successo, attraendo risorse finanziarie e venture capital“. Ovviamente in Italia il mondo della ricerca è molto più penalizzato, come la storia di Marconi insegna, che il nuovo decreto sul riordino della ricerca varato dal Governo potrebbe però aiutare, facendo incontrare e conoscere finanziatori e imprese. Un ponte necessario, sia come canale preferenziale, sia per la nascita di un linguaggio comune, che permettano l’incontro tra realtà finanziarie e “Le poche aziende davvero tecnologiche che si sono in Italia“, come ha tenuto a specificare Giampio Bracchi, della Fondazione Politecnico di Milano e AIFI. “In questo paese – ha continuato Bracchi – non si riesce a fare della ricerca un’impresa economica, probabilmente bisognerebbe ripartire dai centri accademici e di eccellenza, come ultimamente sembra stia accadendo con dei nuovi rapporti tra Business Angels e Università, con l’affiancamento del venture capital, da cui sono nate 460 nuove imprese“. “Non c’è da meravigliarsi se le banche non comprendono le necessità delle aziende – ha poi sottolineato ironicamente Massimo Ponzellini della Banca Popolare di Milano – perché gli istituti bancari stessi sono scarsamente innovativi e autoreferenziali per giunta“.
Sicuramente più ottimista è stato Sandro Angeletti di Banca Intesa Sanpaolo, gruppo che dal
La giornata dedicata a Guglielmo Marconi si è poi conclusa con l’ultimo panel centrato su “Un modello di cooperazione per l’imprenditorialità” introdotto e moderato da Mario Frullone, Direttore delle ricerche FUB, a cui hanno partecipato esperti della ricerca, della formazione e dell’innovazione a livello internazionale, come Richard Boly, Direttore dell’Office of eDeplomacy, dell’US Department of State. Nel suo collegamento video, Boly ha celebrato con grande partecipazione la figura di Marconi, assieme a quella di altri grandi innovatori italiani, e paragonando la figura dello scienziato bolognese oggi a quella di Steve Jobs per la portata sociale, culturale ed economica delle sue scoperte. Ma come è stato detto lungo i numerosi interventi, l’innovazione deve essere sempre supportata, non basta il genio della scoperta o dell’invenzione, ha ribadito anche Giandomenico Magliano, DG Cooperazione Economica Finanziaria Multilaterale del Ministro degli Esteri, servono infatti una costante cooperazione tra stati e centri di eccellenza, tra istituzioni ed enti locali. Uno sforzo che nasce dal coordinamento degli impegni presi in questi mesi e portati avanti da Stati Uniti, Europa e Paesi emergenti all’interno dell’Innovation Strategy dell’OCSE, finalizzata all’incentivare gli investimenti in innovazione e ricerca anche e soprattutto nelle regioni in via di sviluppo, ha infine spiegato Deepak Lal, docente di International Development studies alla James Coleman di Los Angeles, Università della California. Prima dei saluti finali, lo stesso Manca ha sottolineato la straordinarietà delle Giornate di Studio Marconiane, per contenuti e partecipazione, rinnovando la volontà di istituire ogni anno un appuntamento sempre dedicato alla figura di Guglielmo Marconi, come momento per monitorare lo stato della ricerca e l’innovazione nel nostro paese.