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In sede di revisione del Sic, il Sistema integrato delle comunicazioni previsto dalla legge Gasparri, l’Agcom prenderà in considerazione il caso di Google. A riferirlo è stato il presidente dell’Autorità, Corrado Calabrò, interpellato a margine dell’audizione alla Camera sul decreto Tv.
Google “fuoriesce dal quadro di applicazione normativa” nel senso che attualmente, come scritto dal Corriere della Sera, sfugge alle maglie dello stesso Sic previsto dalla legge Gasparri.
Il quotidiano si poneva il problema di Google Italia, una società dalle dimensioni apparentemente contenute, che in realtà svolge un’attività di dimensioni economicamente rilevanti. L’articolo sosteneva che la maggior parte dei ricavi vengono fatturati in Irlanda e quindi non risultano dai bilanci italiani.
Secondo il giornale di via Solferino Google Italia fattura meno di 20 milioni mentre i ricavi reali realizzati nel nostro mercato sarebbero di 500-600 milioni.
“Il problema c’è e non è escluso – ha ammesso Calabrò – che in sede di revisione del Sic non lo prendiamo in considerazione”.
Il termine di revisione del paniere di mezzi di comunicazione è la prossima primavera. Ma al di là di questa disciplina, ha sottolineato Calabrò, “ci sono anche aspetti fiscali“, considerando le forti vendite di pubblicità del gruppo.
Il presidente è, infatti, del parere che il problema esista (“E’ un problema che ho posto da un anno in varie sedi”) e vada affrontato in maniera seria.
Intanto gli editori italiani hanno preso posizione contro il nuovo accordo transattivo (Amended Settlement Agreement) presentato nel novembre scorso da Google per chiudere la class action promossa dalle associazioni di autori ed editori americani per il servizio Book Search (la prima udienza della Corte di New York è prevista il 18 febbraio).
Prosegue così la battaglia giudiziaria che già il 4 settembre aveva portato gli editori italiani a opporsi alla prima versione dell’accordo: ieri le associazioni degli editori italiani, tedeschi, austriaci e svizzeri hanno presentato alla Corte di New York le proprie obiezioni congiunte al nuovo accordo (disponibili sul sito dell’Aie), mentre analoghe obiezioni sono state presentate dalle associazioni francese e spagnola.
“E’ vero infatti che il nuovo accordo ha accolto molte delle nostre obiezioni precedenti – ha spiegato il presidente dell’Associazione Italiana Editori Marco Polillo – ed in particolare la richiesta che per le opere europee valgano le normali regole del diritto d’autore e non quelle speciali introdotte dal Settlement, ma questa esclusione è parziale, perché continuano a essere incluse nell’accordo le opere, anche italiane, registrate al Copyright Office degli Stati Uniti. Le parti hanno reputato che fossero poche eccezioni, dimenticando che la registrazione al Copyright Office era invece una pratica comune, indispensabile fino agli anni Ottanta per tutelare le opere straniere negli Stati Uniti”.
L’obiezione maggiore muove dal fatto che il Settlement continua a prevedere che Google possa digitalizzare e vendere in diverse forme le opere fuori commercio (se registrate) senza l’autorizzazione degli aventi diritto, in violazione della Convenzione di Berna sul diritto d’autore. Solo attivandosi presso un apposito registro (Book Right Registry) e dichiarando i diritti sui singoli titoli, è infatti possibile bloccare la digitalizzazione e i successivi utilizzi.
Inoltre, “è incongruo che i benefici accordati dal nuovo Settlement ad autori ed editori di Regno Unito, Canada e Australia, per esempio in termini di partecipazione agli organi direttivi del Book Registry, o nell’uso di banche dati specifiche di quei paesi per la determinazione dello status di ‘fuori commercio’, non siano estesi anche ad autori ed editori italiani che continuano a essere inclusi nel Settlement”.
“Le obiezioni presentate – ha proseguito Polillo – non significano che gli editori italiani sono contro il futuro e l’innovazione: siamo contro ciò che non li rispetta. Le soluzioni per includere i libri europei nel rispetto del diritto d’autore ci sono – ha aggiunto Polillo -. Per riuscire nell’obiettivo Google ha dichiarato più volte di voler utilizzare Arrow, il progetto europeo che a breve, a maggio, avrà pronta una prima architettura. Noi, in quanto capofila del progetto, siamo pronti a collaborare”.