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Decreto Romani. Audizione Rai, Mediaset e Agcom. Giancarlo Leone: ‘Fondamentale regolamentare sistemazione del telecomando per DTT’

Italia


Oggi le Commissioni Istruzione e Trasporti della Camera hanno ascoltato le posizioni di Rai, Mediaset e Agcom sullo schema di decreto che recepisce la Direttiva Ue sui servizi media audiovisivi.

 

Giancarlo Leone, vicedirettore generale della Tv pubblica, ha commentato che l’azienda ha manifestato “apprezzamento per le linee generali del decreto tuttavia ha proposto che dia regolamentazione alla sistemazione dei canali digitali che ritiene sia fondamentale per il digitale terrestre“. Si tratta del ordinamento automatico dei canali della tv digitale terrestre (LCN – Logical Channel Number) attualmente oggetto di un’istruttoria dell’Agcom che sta valutando l’accordo presentato da DGTVi sul quale non sono però pervenuti tutti i consensi.

 

Lo scorso novembre, l’Agcom ha avviato l’iter per trovare una soluzione alla ‘guerra del telecomando’.

L’istruttoria è stata avviata ai sensi dell’art. 43 del Testo unico della radiotelevisione – e che sarà svolta in tempi rapidi – servirà a verificare se l’accordo raggiunto dai principali operatori del settore televisivo sia rispettoso del pluralismo e non discriminatorio nei confronti di alcune categorie di broadcaster.

Il problema è appunto l’LCN: quando il decoder o il televisore integrato li sintonizza, li colloca in una lista lunghissima, che arriva fino ai numeri 800. Ogni emittente, ovviamente, cerca di piazzarsi il più in alto possibile e si verificano casi di conflitto – segnalati dagli stessi decoder – tra più emittenti per occupare la stessa posizione.

 

L’accordo di DGTVi – che riunisce Rai, Mediaset, Telecom Italia Media, Frt, D-Free e Aeranti-Corallo -, ora al vaglio dell’Autorità, prevede che i canali dall’1 al 9 spettino alle ex tv analogiche (tre Rai, tre Mediaset, poi La7, Mtv e l’ex Rete A); dal 10 al 19 alle emittenti locali, in base alla graduatoria stilata dai vari Corecom; dal 20 in poi, a vari blocchi tematici: al numero 20 c’è Tv 2000, al 21 Retecapri (che però non ha ancora aderito all’accordo), poi i canali per bambini, i semigeneralisti (come Rai 4, Iris o RaiSat), gli sportivi e quelli dedicati alle news. Ma non tutti i broadcaster hanno aderito all’intesa.

 

Per Leone, il Decreto Romani dovrebbe rimandare la regolamentazione all’Autorità delle comunicazioni mentre l’attuazione del LCN spetterebbe al Ministero, perché “lasciato alle posizioni dei singoli broadcaster creerebbe collisione di canali e interessi”.

 

Ai fini dell’applicazione dell’obbligo di investimento in produzioni indipendenti, Leone ha spiegato “che sarebbe difficile applicare quanto prevede la normativa in assenza dei costi del servizio pubblico da parte del canone. Ora lo squilibrio è di oltre 300 milioni annui, stante la mancata applicazione dell’articolo 47 del testo unico e stante l’assenza di proposte legislative all’esame della commissione dell’aula per combattere l’evasione del canone”.

 

Sul tema dei diritti residuali la Rai, come ha spiegato il vicedirettore Leone, “ha offerto la disponibilità a riconsiderare il tema in cui la Rai crede e ha avviato all’Agcom un codice di condotta agli inizi di gennaio. L’industria, per crescere, deve puntare sui diritti residuali”. Infine ha spiegato di essere d’accordo con le linee del decreto che riguardano il product placement su internet.

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