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Decreto Romani. Calabrò (Agcom): ‘Vi sono aspetti che vanno riconsiderati perché non coerenti con la Direttiva Ue’

Italia


“Nel decreto ci sono aspetti da riconsiderare perché non coerenti con la direttiva comunitaria“. E’ quanto ha dichiarato il presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò al termine dell’audizione in commissione Lavori pubblici del Senato sul Decreto Romani che recepisce la Direttiva Ue sui servizi media audiovisivi.

In generale, il presidente dell’Agcom ha rilevato come nella trasposizione nel nostro ordinamento della Direttiva occorra “molta attenzione” perché, trattandosi di una “materia molto tecnica e dettagliata su cui l’Autorità dialoga quotidianamente con Bruxelles, sappiamo che – ha osservato – basta modificare un’espressione per rendere problematica l’applicazione”.

 

Dopo aver riconosciuto che il governo ha comunque agito nel rispetto del perimetro assegnatogli dalla norma, Calabrò ha anche aggiunto che la delega riconosciuta all’esecutivo è “molto, molto ampia, con molto pochi criteri direttivi e molto poco dettagliati”.

L’Agcom rivendica innanzi tutto “il ruolo e la sua funzione regolatrice” mentre il decreto “frammenta o addirittura sottrae a essa competenze”.

 

Per quanto riguarda il web, Calabrò ha rimarcato che si tratta di “un problema enorme” e ricordato che la Ue, dopo un dibattito prolungatosi per mesi, ha poi trovato “una soluzione di compromesso che stabilisce come interventi repressivi sono possibili purché proporzionali e sempre ex post. Non è cioè consentito un filtro preventivo“. Anche il tentativo del decreto in questione di introdurre un’autorizzazione preventiva “rischierebbe di trasformare quest’ultima in un filtro burocratico”, molto più opportuno dunque, secondo il garante delle comunicazioni “restare sulla linea di intervento europeo“.

 

Infine per quanto riguarda le produzioni indipendenti, ha concluso Calabrò, queste “vanno salvaguardate perché sopprimerle significherebbe stroncare queste produzione” tipicamente italiana.

Quanto alle quote riservate negli investimenti dei broadcaster alla fiction italiana, Calabrò ha auspicato il mantenimento dell’attuale regime: “non sembrano trovare giustificazione – ha detto – né la riduzione della quota di investimenti” da parte della Rai (dal 15 al 10%) “né la sostanziale penalizzazione del cinema italiano, per il quale non è più prevista una sottoquota di garanzia”.

 

Andrea Scrosati, vicepresidente Corporate e Market Communication di Sky, è intervenuto sui tetti alla pubblicità per la pay tv contenuti nel Decreto Romani.

“Non si comprende la necessità – ha commentato – di un intervento legislativo sul classico processo di domanda e offerta che va lasciato al mercato. L’effetto sugli introiti c’è, è sottrattivo, mette un limite alla crescita e non solo a Sky Italia ma a tutti gli altri operatori”.

“Mette un limite alla crescita anche di altri operatori – ha ribadito Scrosati in audizione al Senato – anche tutti quelli che hanno scommesso sull’Italia e puntano sui ricavi pubblicitari per crescere e svilupparsi e magari investire nella produzione locale”.

“Noi siamo convinti che investire in Italia sia stato giusto e siamo soddisfatti dei cittadini e dei consumatori italiani che hanno scelto Sky – ha concluso Scrosati – News Corp ha intenzione di rimanere in Italia per molto, molto tempo”.

 

Si apprende intanto, secondo quanto riferiscono a Reuters fonti della Commissione europea, che Bruxelles avvierà una procedura di infrazione contro l’Italia per la mancata notifica del decreto.

Si precisa inoltre che il decreto rischia di violare le norme europee nella parte riguardante i controlli sui contenuti che viaggiano sulla rete.

“La direttiva europea sul commercio elettronico vieta obblighi di monitoraggio preventivo da parte dei service provider”, ha spiegato una delle fonti, commentando la parte del decreto che pone in capo ai fornitori di servizi su internet, come Google, di vigilare preventivamente sui contenuti trasmessi per evitare violazioni di copyright o di privacy.

 

Stamattina al senato, durante la conferenza stampa sul disegno di legge sulla neutralità della rete e la diffusione del software libero, è stato presentato da Vincenzo Vita e Luigi Vimercati un appello a cancellare dal testo del Decreto Romani le norme censorie sul web con un invito a tutti i cittadini a sottoscrivere il documento.

 

In pratica, si legge nel testo dell’appello che s’intitola “Giù le mani dalla rete“, “viene evocato un incisivo intervento dell’Agcom per estendere la normativa sul copyright anche ai fruitori dei servizi, indipendentemente dalla piattaforma di trasmissione usata“. Inoltre, “viene esteso l’obbligo di rettifica anche ai telegiornali trasmessi sul web e fruiti a richiesta. Infine il decreto concede al ministero competente il potere di autorizzare la fornitura di immagini attraverso internet”. Secondo i propositori dell’appello “questa tendenza è autoritaria e per di più impraticabile, serve una vera e propria Carta dei diritti e dei doveri per la cittadinanza digitale”.

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