Italia
Il viceministro Paolo Romani ha fissato oggi una serie di incontri con tutti i rappresentanti delle associazioni del settore al fine di approfondire le tematiche riguardanti la normativa sulla tutela della produzione audiovisiva e cinematografica italiana contenuta nel decreto di recepimento della direttiva europea 2007/65 sui servizi di media audiovisivi, a fronte anche dei rilievi che sono stati individuati nel corso di alcuni interventi di esponenti del settore. L’incontro sarà volto, inoltre, ad ascoltare, nel merito, le proposte di modifiche al testo all’esame in questi giorni nelle commissioni parlamentari.
L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni illustrerà all’VIII Commissione Lavori pubblici e Comunicazioni del Senato il 26 gennaio la propria posizione sul decreto Romani. Secondo quanto si apprende in ambienti dell’Agcom, infatti, il consiglio riunito oggi ha deciso di esporre in quella sede le proprie osservazioni ed eventuali proposte di modifica sul provvedimento all’esame delle Camere.
E dopo la protesta dei lavoratori di settore, le perplessità nella stessa maggioranza e l’avvertimento dell’Agcom, è possibile che sulle quote di produzioni europee il Governo faccia un passo indietro.
Il testo abolisce le quote di produzione di opere cinematografiche e fiction indipendenti (riducendo dal 15 al 10% il tetto per la Rai) e diminuisce anche le quote di investimento, adottando come base di calcolo non più il fatturato ma la programmazione. Vengono poi aboliti i diritti residuali, oggetto di un regolamento Agcom su cui era stato presentato ricorso da Mediaset e Sky. Modifiche che hanno aperto la protesta dei lavoratori del settore e sulle quali si è detto contrario anche il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi che chiede resti “inalterata l’attuale disposizione contenuta nell’art. 44 del decreto legislativo n. 177/2005, riguardante le quote di programmazione di ‘prodotto audiovisivo europeo indipendente recente’ nelle fasce di massimo ascolto dei palinsesti televisivi, le quote di investimento riservate al cinema italiano e l’attribuzione ai produttori indipendenti dei diritti residuali”.
Modificare quelle norme, ha poi detto il presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò, significherebbe fare “un passo indietro“.
Esprime soddisfazione Paolo Gentiloni, responsabile comunicazioni del Pd, per le dichiarazioni di Bondi.
“Mi auguro – ha detto ancora Gentiloni – che già oggi pomeriggio, negli incontri con le associazioni del settore, il viceministro Romani annunci il ripristino di queste norme introdotte dal governo Prodi nel 2007, la cui cancellazione è una grave minaccia per un pezzo rilevante delle nostra industria culturale”.
Intanto ieri le Commissioni Cultura e Trasporti della Camera e la Lavori pubblici del Senato hanno stabilito di organizzare un calendario di audizioni di tutti i soggetti coinvolti dal decreto, dalle emittenti Rai, Sky e Mediaset, alle associazioni dei produttori, a Google, Siae e Fnsi, che dovrebbero tenersi tra la fine di questa settimana e tutta la prossima.
Il decreto Romani si fa note anche per alcuni punti che fino a oggi sono rimasti nell’ombra. Si tratta delle disposizioni che fissano nuovi limiti per le trasmissioni pornografiche sulle Pay TV.
Se il testo, si legge sulle pagine di Italia Oggi, verrà approvato così come è formulato attualmente, la trasmissione dei film a luci rosse potrà avvenire, nella pay tv o pay-per-view, solo dalle 23 della sera alle 7 del mattino. Colpendo pesantemente le tasche delle pay tv. E’ noto che il costo alla fonte del porno è minimo e il ricavo è massimo. Ma anche le più note società di tlc vengono colpite dalla norma, visto che attraverso internet vengono forniti servizi televisivi. Il che determina l’assurda situazione per cui se al mattino si vuole vedere un porno su Fastweb, e su internet su siti tipo Youporn, non c’è nessun problema: invece su Sky, tramite la Iptv, tocca aspettare per forza lo scoccare delle 23.
“Con le audizioni le associazioni, le aziende e le istituzioni chiederanno a Romani di modificare il testo. Tra queste qualcuna avrà il coraggio di levarsi in difesa del porno? Ma la cosa più interessante è che nella direttiva europea il divieto non è così netto, anzi parla di “misure tecniche di protezione” per le trasmissioni hard…”.