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Decreto Romani: l’opposizione parla di ‘eccesso di delega’ ma il viceministro replica, ‘tesi prive di fondamento’

Italia


Le tesi dell’opposizione sullo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2007/65/CE sui servizi di media audiovisivi, sarebbero “prive di fondamento”.

E’ quanto ha dichiarato Paolo Romani, viceministro allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni, nella seduta di oggi delle commissioni congiunte VII e IX della Camera, convocate per l’emanazione del parere, dove ha risposto ai rappresentanti del Pd che hanno eccepito che “l’intero provvedimento sarebbe viziato da un eccesso di delega in quanto avrebbe dovuto normare esclusivamente il product placement”.

 

Per Romani, “questa tesi è fantasiosa, totalmente infondata oltre che pericolosa in quanto esporrebbe l’Italia a una certa procedura di infrazione per non aver recepito l’intera direttiva”.

E ha spiegato che la legge comunitaria n. 88 approvata dal Parlamento nel luglio del 2009 prevede, come ogni anno, il recepimento di tutte le direttive dell’Unione Europea. Al suo interno, l’articolo 26 ci obbliga a recepire l’intera Direttiva sui Servizi di Media Audiovisivi – 2007/65/CE –  (modificativa della precedente Direttiva Tv senza Frontiere – 89/552/CEE) intervenendo, in maniera inequivocabile, attraverso le necessarie modifiche al Testo Unico della Radiotelevisione (decreto legislativo 177/05)

In aggiunta al richiamo ai principi e criteri delle direttive, contenuto all’art. 2, lo stesso art. 26 della legge delega precisa che nel consentire il product placement, forma di pubblicità che l’Unione Europea lascia la facoltà agli Stati membri di vietarlo o meno, il Parlamento ha imposto al governo il rispetto rigoroso dei limiti previsti dalla direttiva per tale nuova forma di pubblicità.

 

Questa – ha sottolineato il viceministro – è la sola ragione della specifica citazione sul product placement all’interno della Legge Comunitaria”.

 

Non è d’accordo il Pd che per voce del capogruppo Michele Meta, ha commentato: “Il Governo ha utilizzato ancora una volta l’occasione del recepimento di una direttiva europea sulle attività televisive per manomettere profondamente e con logiche già viste il testo unico delle radiotelevisioni”. Secondo Meta, che ha chiesto un allungamento dei tempi per il parere parlamentare e l’avvio di un’approfondita serie di audizioni, “il Parlamento viene espropriato e umiliato nelle sue funzioni e prerogative su un tema così delicato che riguarda il pluralismo dell’offerta televisiva. E la scelta da parte del governo di uno strumento come il decreto legislativo lo dimostra, anche perché sono numerose le forzature relative alla conformità con la legislazione europea che andrebbero approfondite”.

 

Per gli esponenti dei gruppi di opposizione alla Camera – Paolo Gentiloni (Pd), Roberto Rao (Udc), Antonio Borghesi (Idv) e Giuseppe Giulietti (Misto) – il DLgs Romani “va profondamente corretto o ritirato“.

E quattro sono i punti problematici sollevati nel corso della conferenza stampa: la cancellazione delle norme a sostegno delle produzioni indipendenti di fiction e cinema italiano; la limitazione degli affollamenti pubblicitari per il satellite; l’esclusione dal tetto del 20% stabilito dalla legge Gasparri dei canali pay e di quelli che ripetono programmi; il giro di vite sul web derivante dalla inclusione di internet nella disciplina per quanto riguarda i siti che trasmettono non occasionalmente immagini.

 

Oggi l’opposizione ha chiesto, ricevendo la disponibilità dei presidenti delle commissioni, di avere più tempo per discutere il parere sul decreto (la scadenza sarebbe il 27 gennaio) e di poter svolgere audizioni.

 

Anche il presidente di ATDI (Associazione Televisioni Digitali Indipendenti), Francesco Nespega, ha espresso perplessità e sconcerto sulle misure proposte e sul loro drastico impatto: “un provvedimento finalizzato ad abbassare il limite degli affollamenti pubblicitari rischia – soprattutto in un momento di crisi – di ridurre ulteriormente le risorse disponibili, ponendo seriamente in discussione la competitività degli operatori indipendenti dalle piattaforme di distribuzione e, in taluni casi, la loro stessa sopravvivenza”.

 

“Un simile provvedimento – ha concluso Nespega – oltre a viziare irrimediabilmente il mercato, appare ancora più anomalo considerato che la regolamentazione europea, ormai da tempo, tende a ridurre sempre di più le limitazioni”.

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