Pedopornografia online: da Microsoft tecnologia ‘PhotoDNA’. Insieme per restituire un’infanzia alle giovani vittime

di Alessandra Talarico |

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A childhood for every child

Una nuova tecnologia che dovrebbe permettere di individuare il materiale pedopornografico che circola su internet, battezzata PhotoDNA, è stata donata da Microsoft al National Center for Missing & Exploited Children, l’agenzia del governo americano (NCMEC), che dal 1984 si occupa di bambini scomparsi o rapiti e vittime di molestie o abusi sessuali.

 

La tecnologia, sviluppata da Microsoft Research, è stata messa a punto da Hany Farid, docente di informatica presso l’università di Dartmouth proprio per aiutare il governo nella lotta contro la diffusione di immagini pedopornografiche online.

 

Ernie Allen, uno dei dirigenti del Centro nazionale americano per la ricerca dei minori scomparsi e sfruttati ha spiegato che negli anni ’80 c’era la sensazione di avere sconfitto il fenomeno della pornografia infantile, ma l’avvento di uno strumento di comunicazione potente come internet “…ha permesso ai predatori sessuali di connettersi con altre persone con i loro stessi interessi e di accedere a materiali rischiosi da acquistare altrove nella privacy della propria casa”.

 

Dal 2003, quindi, il problema è esploso in tutta la sua virulenza: negli ultimi sei anni, il NCMEC ha esaminato e analizzato circa 30 milioni di immagini e video di pornografia infantile.

Questi materiali sono stati sequestrati a pedofili attivi sia nella vendita di immagini illegali che nell’ambito di comunità volte a ‘diffondere’ l’interesse per gli abusi sui bambini.

La divisione che si occupa della cyber pedofilia, ha detto ancora Allen, si è occupata di 750 mila rapporti di sfruttamento sessuale e pornografia infantile notificati dai consumatori e dai provider.

“Attualmente – ha detto Allen – esaminiamo 250 mila immagini a settimana. Quindi è un problema enorme”.

 

Il NCMEC ha lavorato con le forze dell’ordine per identificare le peggiori immagini di abusi e sfruttamento dei minori. Grazie a PhotoDNA e alla collaborazione dei service provider, queste immagini – che passano di pedofilo in pedofilo – potranno essere raffrontate e la loro distribuzione bloccata.

 

Alla base di PhotoDNA, una tecnologia chiamata “robust hashing” che calcola le caratteristiche di una data immagine – la sua ‘impronta digitale’- per confrontarle con altre copie della stessa immagine.

“Come per gli esseri umani, ogni foto è un po’ diversa dalle altre”, ha detto ancora Allen e il punto debole delle tecnologie usate finora risiede nel fatto che se l’immagine viene alterata in qualsiasi modo – modificandone la grandezza o il formato – la sua impronta originale viene modificata, rendendo impossibile seguirne le tracce e, quindi, identificare chi le utilizza, le compra o le vende.

 

Negli ultimi 10 anni, Hani Farid ha sviluppato strumenti matematici e di calcolo per stabilire se un’immagine digitale è autentica.

L’esperienza così maturata potrà essere messa a disposizione dei media, della sicurezza nazionale, delle forze dell’ordine e dei consumatori, così che tutti possano fare la loro parte nella lotta contro i crimini sessuali sui minori.

 

“Non possiamo permettere che certe immagini continuino a circolare se abbiamo la tecnologia per bloccarle, i minori subiscono un vero e proprio martirio fintanto che certe immagini restano disponibili online”, ha detto Brad Smith, direttore della sezione legale di Microsoft.

 

Il programma dovrebbe essere presto distribuito anche ai principali provider e Microsoft e il National Center for Missing & Exploited Children hanno lanciato una campagna di sensibilizzazione – ‘Un’infanzia per ogni bambino’ – invitando tutti a partecipare, perché “…insieme si può fare la differenza per le giovani vittime di questi crimini”.

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