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NGN: Caio, ‘Collaborare per la rete, concorrere sui servizi’. Ecco la ricetta per non perdere la partita della fibra ottica

Italia


Il mercato delle telecomunicazioni è profondamente mutato nel corso degli ultimi anni: oggi, a generare valore non sono più tanto le reti, quanto i software e i servizi. Ecco perché, ora più che mai bisogna “…ribilanciare il rapporto tra chi offre i contenuti e chi si occupa delle infrastrutture”.

Lo ha affermato il superconsulente del governo per la banda larga, Francesco Caio, intervenuto in occasione della presentazione del libro ‘Fastweb 1999-2009, storia di un impresa innovativa’ curato dallo storico Valerio Castronovo, che ripercorre i 10 anni di storia di Fastweb.

 

Secondo Caio, il sistema delle telecomunicazioni ha bisogno oggi di un nuovo equilibrio perché sono mutate le condizioni alla base dello sviluppo del settore e i modelli di business che lo hanno fin qui sostenuto non sono più adeguati al nuovo stato delle cose: dopo “…un party durato un secolo, fatto di costi fissi più prezzi variabili e profitti crescenti, oggi chi genera valore sono software e servizi, non chi ha le scatole e i cavi”, ha detto Caio, sottolineando che oggi “…più si investe nella rete, meno si ricava”.

 

“L’equazione non sta più in piedi e bisogna farla tornare”, ha detto ancora Caio. Senza un cambiamento in questo senso – ha aggiunto- sarebbe come avere un treno ad alta velocità senza binari: “…non si va da nessuna parte”.

 

Quale modello, allora, per a banda larga di nuova generazione?

Caio, che ha curato per conto del governo la stesura di un rapporto per individuare le giuste strategie di intervento nel settore, ha affermato che c’è bisogno di favorire collaborazione tra gli operatori per lo sviluppo della rete passiva e di lasciare intatta la necessaria concorrenza nei servizi.

Telecom Italia, secondo il consulente, non ha “…la capacità di fare da sola la rete passiva” che, in quanto “monopolio naturale”,  non può essere replicata, come qualcuno ha proposto nel delirio di intenzioni degli ultimi tempi.

“…Non ci possono essere due reti fisse di accesso, per cui quando si percorre un aggiornamento della rete di accesso si deve mettere in discussione il tema della concorrenza, che va lasciata ai servizi“, ha affermato Caio.

 

Sul tema degli investimenti per la banda larga di nuova generazione, è intervenuto anche il ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola, che si è espresso positivamente sull’eventuale ingresso di capitali stranieri nella partita della nuova rete, riferendosi, in particolare, all’ipotesi di un possibile investimento nella NGN italiana della China Development Bank.

“…Ci sono alcuni interessi che dobbiamo valutare”, ha detto Scajola, sottolineando che verranno stesi “tappeti rossi” a chiunque voglia investire nel nostro Paese “…in particolare riguardo a investimenti che guardano al futuro, all’innovazione e alle nuove tecnologie”.

 

Il commissario Agcom Antonio Pilati, ha quindi richiamato l’ex monopolista ad attuare “un maggiore sforzo” per evitare di “….penalizzare la concorrenza e quindi tutto il sistema”.

 

Alcuni giorni fa, intervenendo sempre sul tema della NGN, l’ad di Fastweb Stefano Parisi si era detto favorevole a investire in una società con Telecom Italia, d’accordo sul fatto che sia decisamente impraticabile – oltre che economicamente insostenibile – l’ipotesi di realizzare un’infrastruttura alternativa a quella dell’ex monopolista.

 

Secondo Parisi le opzioni sono due: “…o è Telecom Italia a realizzare la nuova rete oppure Telecom, senza perderne il controllo, apre la rete a capitali diversi in una società veicolo”, ma al momento – ha affermato ieri l’ad – non c’è stato ancora alcun contatto in questo senso con l’ex monopolista.

Parisi ha quindi ribadito la volontà di Fastweb a partecipare a un eventuale progetto comune per lo sviluppo della rete di nuova generazione, a patto che al più presto venga definito un quadro regolatorio chiaro, e ha smorzato le preoccupazioni di chi teme che anche la rete di accesso possa finire in mani straniere, come è successo a Omnitel (passata a Vodafone), a Fastweb (di proprietà della svizzera Swisscom) e a Wind, finita in mani egiziane.

Parisi ha affermato che il fatto che l’azionariato di Fastweb sia svizzero non vuol dire che la società non serva a dovere il mercato italiano: “…Siamo un’azienda italiana e non mi preoccuperei neanche del destino di Telecom: i cavi sono sotto terra e nessuno li può portare via, serviamo il sistema economico italiano, siamo un’azienda fatta da manager italiani, che cosa conta se gli azionisti sono svizzeri?”.

 

Parisi ha infine smentito l’interesse di Fastweb per Tiscali, sottolineando la volontà della società di crescere in maniera organica sul mercato italiano delle piccole e medie imprese, “…un mercato con grande potenziale dove possiamo crescere molto, perché abbiamo dei servizi molto interessanti per le imprese e speriamo possano avere successo”.

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