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Google News: gli editori bocciano il nuovo sistema mentre Schmidt spiega come internet potrà aiutare la stampa a uscire dalla crisi

Italia


L’apertura di Google alle ragioni dei giornali, con l’introduzione del sistema ‘First Click Free‘ (gli utenti pagheranno un diritto d’accesso se leggeranno più di cinque articoli al giorno), non piace agli editori italiani. Anzi. Per certi versi li trova del tutto indifferenti, visto che l’annuncio della web company varrà solo per gli Stati Uniti.

E dunque non per l’Italia, come conferma a MF-Milano Finanza il presidente della Fieg, Carlo Malinconico, che sta seguendo in prima persona le vicende delle web news domestiche.

 

“Da un lato l’annuncio americano è una cosa positiva“, ha commentato, “perché in un certo modo viene riconosciuto il fatto che il contenuto editoriale costa, ha un lavoro e investimenti alle spalle; dall’altra parte siamo ancora lontani da quello che gli editori desiderano che è esattamente la compartecipazione agli utili pubblicitari”.

 

Ed è questo il punto dolente. Perché se il magnate australiano, Rupert Murdoch, si legge in un articolo di MF, ha ottenuto in casa una piccola vittoria che potrà diventare forse un domani la prima crepa nella diga della rete, nel vecchio continente le cose stanno in modo molto differente.

“Si può essere ottimisti e considerare la decisione di Google la classica parte piena del mezzo bicchiere“, ha aggiunto Malinconico, “ma per noi italiani il resto del bicchiere è vuoto. O meglio, tutto il bicchiere è vuoto. In Italia Google non ci ha prospettato alcun revenue sharing, nessuna compartecipazione e nemmeno quello che è stato annunciato ieri negli Usa, che sembra una retrocessione di profitti. Al massimo si sono detti disposti a intavolare una discussione su come e quando pagare le notizie. Ma nulla di più”. 

 

Sull’argomento, il presidente dell’Autorità di garanzia della concorrenza, Antonio Catricalà, è del parere che se fosse confermata l’intenzione di Google di consentire agli editori di “uscire da Google News senza rinunciare al motore di ricerca” sarebbe, un buon segnale da parte della società internet di andare incontro alle preoccupazioni concorrenziali manifestate dall’Antitrust italiana.

Google – ha detto Catricalà – starebbe ripensando alla gestione del proprio motore di ricerca anche in ragione dell’intervento dell’Antitrust italiana” che in agosto ha aperto un procedimento per sospetto di abuso di posizione dominante sulle condizioni imposte da Google agli editori.

 

Intanto stamani sul Wall Street Journal è uscito un pezzo a firma del Ceo di Google, Eric Schmidt, che affronta alcune delle tematiche principali di questa disputa che contrappone la web company agli editori, ma che guarda anche alla necessità di modificare i modelli economici di un’era completamente digitalizzata dove l’informazione è a portata di click e dove l’utente è alla ricerca di servizi personalizzati e costruiti su misura per lui.

 

Nel 2015, scrive Schmidt, “magari avremo un piccolo dispositivo che, facilmente maneggevole, consentirà di avere accesso a qualsiasi tipo di notizia del nostro giornale o rivista preferita, con immagini nitide, senza attendere tempi lunghissimi perché si carichi”.

“Il dispositivo sa chi sono io, cosa mi piace e ciò che ho già letto“, questo permetterà di avere informazioni correlate ai miei interessi. Il servizio potrà far parte di un abbonamento mensile o prevedere un pagamento per notizia, o essere gratuito perché finanziato dalla pubblicità, ma sicuramente consentirà di avere un’informazione su misura per il lettore.

“Gli inserzionisti – sottolinea Schmidt – sono disposti a pagare tanti soldi per un servizio simile”.

Ma al momento si è ancora lontani dallo sfruttare simili opportunità.

 

Secondo Schmidt, la crisi dell’editoria sta proprio nella difficoltà di adeguarsi alle nuove esigenze mantenendo vecchi modelli di mercato.

Internet ha reso tutto molto veloce e facilmente fruibile e per i giornali è diventato più difficile competere se non hanno qualcosa di nuovo o particolarmente interessante da proporre ai lettori.

Crisi determinata non solo dal calo dei lettori, ma anche dalla scelta degli inserzionisti, orientati sempre più sui motori di ricerca che consentono di raccogliere informazioni su gusti e preferenze degli utenti per proporre pubblicità mirate.

 

Schmidt evidenzia che le difficoltà economiche hanno spinto gli editori ad additare Google come uno dei responsabili, sostenendo che si avvantaggia del sistema senza “dare nulla in cambio”.

“Ma io sono convinto – ha precisato il Ceo – che Google sia invece una grande fonte di promozione per i giornali. Google News, per esempio, registra 1 miliardo di click al mese e più di 3 miliardi di visite provengono da altri nostri servizi come la web search e iGoogle. Ci sono 100.000 opportunità al minuto per accaparrarsi i lettori e generare entrate gratuitamente”.

 

Riguardo alla polemica nata con Murdoch, che lamentava la pubblicazione su Google News delle notizie dei propri giornali in spregio del diritto d’autore, Schmidt ha commentato che il sistema pubblica solo il titolo e qualche riga di articolo, rimandando al sito ufficiale per la completa lettura, tranne per quelli con cui ci sono accordi di licenza. In ogni caso, Google dà la possibilità agli editori che lo desiderano di rimuovere i loro contenuti dagli indici di ricerca o da Google News. 

“Chi dice che stiamo facendo grandi profitti sulle spalle dei giornali mente”.

“Le entrate di Google – ha precisato il Ceo – dipendono essenzialmente dalle inserzioni pubblicitarie collegate al motore di ricerca. E’ comprensibile cercare qualcuno a cui dare la colpa. Ma , come ha detto lo stesso Murdoch, è la compiacenza dei vecchi monopoli, non la tecnologia, la vera minaccia all’industria editoriale”.

Manca inoltre, ha scritto ancora Schmidt, la capacità a fare soldi dai contenuti online.

 

“La nostra intenzione – ha precisato – è quella di far arrivare gli editori a un pubblico più vasto e ottenere così maggiori entrate, offrendo nuove tecnologie e sistemi che prevedono notizie free e pay”.

 

Il manager ha, quindi, annunciato che sono in corso dei test con diversi importanti partner del mercato editoriale per un servizio chiamato Google Fast Flip, che garantirà entrate ai giornali grazie alle inserzioni collegate alle notizie.

“Com’è già successo sul mercato dei contenuti televisivi, dove si sono sviluppati diversi modelli di pagamento ed è aumentato il numero dei fornitori coinvolti, lo stesso succedere per le news: accesso gratuito per i contenuti finanziati dalla pubblicità, e l’equivalente degli abbonamenti o del pay-per-view per le informazioni d’approfondimento”.

Internet – ha concluso Schmidt – non causerà la morte dell’editoria, anzi potrà aiutarla a sopravvivere mantenendo alti profitti. I video non hanno ucciso le star della radio (come invece cantavano i Buggles in ‘Video killed the radio star‘, ndr) anzi hanno creato un’industria completamente nuova”.

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