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Google ha deciso di aprirsi alle regioni degli editori, dopo la polemica aperta da Rupert Murdoch che ha ipotizzato l’intenzione di proibire al motore di ricerca l’accesso gratuito e completo alle notizie dei giornali della News Corp.
La società di Mountain View ha così cambiato condotta sui contenuti, dando modo agli editori di poter stabilire un limite per gli articoli gratis disponibili su Google News.
Più precisamente, Google ha messo a punto un sistema ‘First Click Free‘ che consente alle testate di obbligare i lettori a identificarsi e a pagare un diritto d’accesso se leggeranno più di cinque articoli al giorno, successivamente ai quali scatterebbe la registrazione con login e password con tanto di paywall.
John Mueller, manager del gruppo, su un blog ufficiale ha informato: “Abbiamo deciso di permettere agli editori di limitare il numero di accessi gratuiti a cinque accessi per utente web al giorno”.
Precisando che tale possibilità si applica a tutti gli organi d’informazione indicizzati nelle pagine di Google News e nel motore di ricerca generalista.
“Noi siamo contenti di aiutare i media a fare in modo che i loro contenuti siano accessibili a un ampio gruppo di lettori” grazie ai motori di ricerca.
“Allo stesso tempo – ha aggiunto Mueller – siamo anche consci del fatto che creare contenuti di qualità non è facile e spesso è caro”.
L’apertura di Google è giunta nella stessa giornata nella quale il magnate dell’editoria Murdoch aveva detto che le aziende giornalistiche devono riuscire a persuadere i lettori a pagare per fruire dei contenuti online se vogliono sopravvivere nell’era digitale.
Il presidente e amministratore delegato di News Corp ha parlato da Washington, nel corso di un incontro di due giorni sullo stato del giornalismo organizzato dalla Federal Trade Commission.
Il tycoon ritiene che il futuro sia promettente per gli editori, se questi sapranno adattarsi a sfruttare le potenzialità del web.
La chiave della sopravvivenza, ha detto, è dare ai consumatori i contenuti che desiderano nella forma che desiderano, sia essa uno schermo di computer, un telefono o un eReader come il Kindle.
Ma le società che producono notizie devono farsi pagare perché “il buon giornalismo è una materia prima costosa”.
News Corp fa già pagare la lettura online del Wall Street Journal, che ha già registrato 1 milione abbonati, e ha in programma di applicare questo modello anche ad altre pubblicazioni.
Oltre al WSJ, la holding possiede negli Stati Uniti il New York Post, il Sun e il Times in Gran Bretagna e decine di testate australiane oltre che all’impero di Sky in Gran Bretagna e Italia e alla cinese Star Tv, per citarne solo alcuni.
“Alcuni pensano che sia un loro diritto prendere contenuti e utilizzarli per i loro scopi senza contribuire con un penny alla loro produzione. Questo non è un utilizzo corretto. Per dirlo in modo scortese, è un furto“, ha sottolineato Murdoch tornando all’attacco sul ruolo giocato dagli aggregatori di informazioni online.
Il magnate ha quindi precisato che gli aggregatori dovrebbero pagare per i contenuti che utilizzano e che News Corp‚ aperta a valutare diverse modalità di pagamento. Evidenziando come il futuro del giornalismo è “più promettente che mai” anche nell’era internet, Murdoch ha osservato come a suo avviso altri quotidiani “falliranno” se non si adegueranno ai nuovi modelli di business perché quello basato solo sulla pubblicità è ormai morto.
Per prosperare il giornalismo ha bisogno – ha aggiunto – di tre cose: produrre le notizie che la gente vuole, quando e dove le vuole e innovare come mai prima; convincere i consumatori che devono pagare per le informazioni e i contenuti online; il governo deve spianare la strada agli investimenti e all’innovazione riducendo gli ostacoli non necessari alla crescita e agli investimenti.
Si inserisce in questo contesto l’importanza della Mobile Tv per la News Corp : l’azienda sta lavorando a un progetto – ha spiegato Murdoch – per utilizzare parte dello spettro broadcast per la tv e i giornali sui telefonini.
Il magnate australiano si è quindi detto spaventato da un eventuale ingresso del governo nel giornalismo commerciale, ipotesi che dovrebbe far rabbrividire tutti coloro che hanno a cuore il Primo Emendamento della Costituzione americana, che garantisce la libertà di culto, parola e stampa, oltre a quello di riunirsi pacificamente e di appellarsi al governo per correggere i torti.
Le notizie che circolano insistentemente su possibili aiuti governativi è preoccupante quanto un’eccessiva regolamentazione nel settore dell’editoria. Con aiuti pubblici – ha osservato Murdoch – si intende anche l’utilizzo di fondi dei contribuenti per aiutare il giornalismo: così facendo si sosterrebbero le società che producono ciò che i consumatori non vogliono, concedendo sussidi ai fallimenti e penalizzando il successo. Una delle cose che il governo potrebbe e dovrebbe invece fare è la rimozione di qualsiasi limite sulla proprietà incrociata di quotidiani e televisioni. Molte regole sono basate su assunti e modelli di business del 20esimo secolo, secondo i quali se il governo è preoccupato per la sopravvivenza del settore dell’editoria, si deve far carico di norme arbitrarie e contraddittorie che prevengono investimenti nel settore.
Riguardo alle notizie circolate nei giorni scorsi, su una trattativa in corso tra News Corp e Microsoft per spodestare Google dal mercato della news online, una fonte ha dichiarato che si tratta di informazioni “esagerate”.