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“La legge obbliga il servizio pubblico a essere presente su tutte le piattaforme ed è una scelta aziendale se dare vantaggio ad uno dei suoi maggiori competitor attuali, ovvero Sky” o scegliere “una piattaforma gratuita“. Lo ha detto il viceministro allo Sviluppo economico, Paolo Romani, all’indomani delle dichiarazioni rese dal presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò.
In particolare, il presidente dell’Autorità ha affermato che la Rai “potrà stare su tutte le piattaforme commerciali” e “tecnologiche, quindi anche sul satellite“, per consentire a tutti gli utenti di vedere le trasmissioni.
“La Rai – ha ribadito Romani – ha deciso di non proseguire con la sua presenza su Sky” per quanto riguarda l’offerta complessiva “per un motivo che ha una sua logica”.
Ma per Calabrò, “Se Sky in una zona è indispensabile, la Rai deve starci nel periodo transitorio e limitarsi a criptare il minimo di trasmissioni”.
Riguardo alla possibilità della Rai di scendere nel 2012 dal satellite di Sky anche con le tre reti generaliste, il presidente dell’Agcom ha commentato: “Lo valuteremo”.
E’ evidente che dipenderà dalla “copertura che sarà assicurata dal satellite” di Tivù Sat, la piattaforma costituita da Rai, Mediaset e La7 per coprire le zone d’ombra della TDT.
E quanto alle determinazioni dell’Authority sulla delicata materia già al suo esame, Calabrò ha detto “c’è un’istruttoria in corso, non posso parlare“. Sullo specifico argomento, durante l’audizione Calabrò aveva detto che l’Authority accerterà se la Rai togliendo alcuni canali da Sky abbia o meno oscurato zone e utenti, “il procedimento è ancora in fase istruttoria, e poi ci sarà una valutazione degli organi collegiali”. E sempre in fatto di neutralità tecnologica, nelle linee guida del nuovo Contratto di servizio è espressamente prevista e, ricordando in proposito gli indirizzi della Commissione europea sulla materia, Calabrò ha quindi sottolineato che “le emittenti di servizio pubblico devono utilizzare” le possibilità offerte dalla digitalizzazione e dalla diversificazione delle piattaforme di distribuzione “su base tecnologica neutra, a vantaggio della società“. E dunque, “nel rispetto del principio di neutralità tecnologica, la Rai – ha aggiunto – potrà consentire la messa a disposizione della propria programmazione di servizio pubblico finanziata dal canone a tutte le piattaforme commerciali che ne faranno richiesta nell’ambito di negoziazioni eque, trasparenti e non discriminatorie, e sula base di condizioni verificate dalle Autorità competenti”.
Calabrò ieri in Vigilanza ha parlato anche del comitato per la misurazione della qualità Rai, che le linee guida del nuovo contratto di servizio col ministero dello Sviluppo economico prevedono di rinnovare anche per il triennio 2010-2102: un organismo indipendente con il compito di misurare esclusivamente la qualità dei programmi e non quella dell’informazione televisiva.
Il presidente ha spiegato che “le nuove linee guida rafforzano l’indipendenza del comitato, che sarà nominato dall’Autorità d’intesa col ministero“.
“In caso di inosservanza la commissione di Vigilanza può fare la sua risoluzione e noi dell’Agcom disciplineremo. Anche perché, essendo noi in un certo senso il ‘braccio secolare’ della Vigilanza cerchiamo sempre che ci sia prima una sua pronuncia. Poi, potendo applicare sanzioni, le abbiamo applicate“. D’altra parte il comitato “è assolutamente identico fin nelle virgole a quello già previsto dal precedente contratto, concluso da un altro governo e firmato dal ministro Gentiloni. Non c’è nessuna diversità”.
“La Rai – ha informato – dovrà consultare periodicamente le associazioni dei consumatori sul grado di soddisfazione degli utenti“. Vi saranno poi “obblighi di rendicontazione trimestrali di parte della concessionaria alle autorità incaricate dalla Vigilanza sul rispetto degli obblighi di pubblico servizio, sullo sviluppo del sistema di valutazione della qualità dell’offerta e sui risultati conseguiti. Questi rafforzamenti sono anche volti a evitare che vi sia uno stallo nelle attività di realizzazione del Qualitel, cosa che ha comportato l’apertura di un’istruttoria da parte dell’Autorità’ per verificare l’inadempimento dell’obbligo di servizio pubblico rispetto all’attuale contratto di servizio”.
Intanto continua la battaglia tra Mediaset e la Pay TV per il digitale terrestre, nuovo terreno di scontro tra i due colossi televisivi.
Federico Di Chio, direttore del digitale Mediaset, stamani ha spiegato le motivazioni dietro il ricorso della società contro Sky per la digital key, strumento che permetterà ai suoi abbonati di vedere i canali in digitale terrestre senza avere il decoder.
Il gruppo della famiglia Berlusconi ritiene che così facendo la Tv di Rupert Murdoch “viola gli impegni presi nel 2003 con l’Antitrust Ue” in occasione della fusione delle attività di TelePiù e Stream.
“Uno di questi impegni di Sky – ha spiegato Di Chio – è che non avrebbe avuto nulla a che vedere con il digitale terrestre almeno fino alla fine del 2011. Inoltre questa iniziativa annunciata è un ulteriore chiusura alla concorrenza perché Sky prende solo i programmi in chiaro dell’offerta in digitale terrestre e non quelli a pagamento rafforzando così la sua posizione di monopolista mentre deve rispettare gli obblighi che gli sono stati dati”.
Il fine della digital key, ha precisato ieri Mediaset, è che “non consente l’accesso né ai servizi interattivi né ai contenuti a pagamento, è quello di frenare la diffusione sul mercato di decoder che consentano di ricevere i programmi a pagamento e i servizi interattivi di altri operatori”.
Pronta la replica di Sky. L’amministratore delegato Tom Mockridge ha accusato il Biscione di non accettare lo sviluppo del mercato. La digital key, secondo Mockridge, “è uno strumento che aiuta il processo di digitalizzazione del paese offrendo un servizio per i consumatori in un mercato in veloce sviluppo. Uno sviluppo che, evidentemente, non è facile da accettare per un gruppo come Mediaset che per molti anni è stato, ed è ancora oggi, il principale soggetto privato operante in Italia nella televisione commerciale e dominante nel mercato della pubblicità”.