Italia
Incalzano le polemiche sullo switch-off del Lazio. Stamani il viceministro allo Sviluppo economico, Paolo Romani, ha sottolineato che quella del digitale terrestre “è una scelta, non un’imposizione” e segue quanto previsto “da leggi del centrodestra e del centrosinistra” rispettando “la scadenza fissata in Europa di un passaggio dall’analogico al digitale entro il 2012″ .
Romani ha ricordato che quello che ha caratterizzato il governo è stato “puntare su un passaggio morbido, area per area“, precisando che “la Rai garantisce l’offerta più completa con i 13 canali” e dunque con il digitale “compie fino in fondo il proprio ruolo“.
“Il digitale – ha aggiunto – garantisce il pluralismo” e questo sarà ancora più evidente l’anno prossimo quando sarà il nuovo sistema, con maggiore diffusione, entrerà “nella sua fase matura“.
Per Romani non è vero che con il digitale terrestre non è cambiato nulla: “è un processo ancora lungo e siamo all’infanzia ma è un passaggio epocale nel quale vincerà chi fa contenuti. Inoltre con il dividendo digitale che sarà messo a gara ci saranno nuovi soggetti in un numero incredibile e quindi solo negli anni prossimi, quando sarà raggiunta tutta la popolazione, ne vedremo le reali potenzialità”.
Riguardo ai problemi legati allo switch-off, il viceministro ha commentato: “Non abbiamo sottovalutato le difficoltà e non diamo dichiarazioni di risultato positivo senza aver fatto attente verifiche”.
“Il calo degli ascolti? Certo ci sarà anche se di poco peso perché nei primi giorni è fisiologico. Il digitale non consente di vedere i programmi male, avvolti nella nebbia, o si vede o non si vede nulla. Ieri abbiamo avuto 110 mila telefonate al call center per risolvere problemi tecnici e se ne avete chiamate”.
Il presidente di DGTVi, Andrea Ambrogetti, ha spiegato che i problemi principali sono legati alla risintonizzazione dei decoder: “è lo stesso problema di quando si compra un televisione nuovo. Ma ora è come se lo comprassero 2,5 milioni di famiglie tutte insieme e questo complica le cose. Comunque si trattava del sesto switch-off ed è andato meglio per quanto riguarda le emittenti televisive mentre i problemi sono nelle case”.
Una delle difficoltà è sicuramente la guerra tra le emittenti per le posizioni da occupare nella lista dei canali. Uno scontro che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni potrebbe presto dirimere.
Il problema si chiama Lcn (Logical channel numbering), cioè l’ordinamento automatico dei canali: quando il decoder o il televisore integrato li sintonizza, li colloca in una lista lunghissima, che arriva fino ai numeri 800. Ogni emittente, ovviamente, cerca di piazzarsi il più in alto possibile e si verificano casi di conflitto – segnalati dagli stessi decoder – tra più emittenti per occupare la stessa posizione. Le Tv locali, in particolare, magari riuscite faticosamente negli anni a conquistare posizioni strategiche nelle rispettive aree (talvolta entro il tasto numero 9), sono scese sul piede di guerra per evitare di ritrovarsi confinate lontano dalla ‘testa’ della classifica, sollecitando a più riprese un intervento dell’Agcom.
All’interno di DGTVi – che riunisce Rai, Mediaset, Telecom Italia Media, Frt, D-Free e Aeranti-Corallo – è stato raggiunto un accordo, ora al vaglio dell’Autorità, in base al quale i canali dall’1 al 9 spettano alle ex tv analogiche (tre Rai, tre Mediaset, poi La7, Mtv e l’ex Rete A); dal 10 al 19 tocca alle emittenti locali, in base alla graduatoria stilata dai vari Corecom; dal 20 in poi, a vari blocchi tematici: al numero 20 c’è Tv 2000, al 21 Retecapri (che però non ha ancora aderito all’accordo), poi i canali per bambini, i semigeneralisti (come Rai 4, Iris o RaiSat), gli sportivi e quelli dedicati alle news.
Ma non tutti i broadcaster hanno aderito all’intesa.
Il viceministro ha ricordato che “questa soluzione non è definitiva. Ora infatti sul tasto del televisore c’è a volte l’indicazione di due canali diversi mentre in questa fase sarebbe meglio che ci fosse più semplicità per chi ha oggettive difficoltà risintonizzare il proprio televisore nel passaggio alla nuova tecnologia”.
Adesso sarà l’Autorità a dover decidere: “Giovedì ce ne occuperemo nella riunione del Consiglio”, ha assicurato il presidente, Corrado Calabrò, annunciando che con ogni probabilità “saranno sottoposte a consultazione pubblica le tre o quattro soluzioni praticabili: speriamo di individuare quella più convincente, accettata dalla maggioranza degli operatori”.
Tra le ipotesi che potrebbero essere prese in considerazione, l’adozione di una Epg (guida elettronica ai programmi), sul modello di quella di Sky, con i canali divisi tra generalisti e tematici, questi ultimi articolati in base al tipo di offerta; il recepimento dell’intesa DGTVi, classificando le emittenti locali come fanno i Corecom (per numero di dipendenti e fatturato) oppure in base agli ascolti.
Anche il responsabile comunicazione del Pd Paolo Gentiloni ha puntato il dito contro i problemi legati alla posizioni dei canali nel telecomando.
Gentiloni non ha, comunque, negato che “l’Autorità se ne sta occupando ed è un problema risolvibile”.
Ha poi criticato l’atteggiamento della Rai, sostenendo che “deve sforzarsi a trovare la propria missione perché anche quella del digitale è fallita”.
“Penso che la competizione che c’è attualmente fa bene al mercato, ma in questa competizione, che è tra Tv commerciali – ha precisato – non si capisca che ruolo ha la Rai. Il servizio pubblico non deve prendere le parti di uno dei due ma deve fare la sua strada investendo ad esempio su internet in una linea di innovazione che deve affrontare senza paura”. Mentre a suo avviso “la politica deve cominciare a lavorare per ridurre il peso della pubblicità nella Tv pubblica”.
Per il presidente dell’Agcom, lo spegnimento dell’analogico nel Lazio nel complesso ha funzionato e “il segnale è arrivato quasi dappertutto”. Ora “è in corso la ricognizione ed è troppo presto per avere un giudizio compiuto, tuttavia – ha ammesso il presidente dell’Agcom – l’informazione che la Rai ha dato in abbondanza è mancata in specificità e praticabilità. Forse perché la molteplicità e la diversa qualità dei decoder presenti sul mercato rendeva difficile dare una informazione univoca”.
E’ mancata inoltre una certa efficienza e puntualità nella risintonizzazione, “dovuta in parte allo sfasamento del passaggio tra la Rai e le tv private. Probabilmente, risintonizzare dopo le 10 avrebbe agevolato molti di quelli che non ci sono riusciti ma questa informazione è mancata. Comunque – ha concluso Calabrò – nel 15% dei casi il call center ha risolto i problemi di risintonizzazione”.
Ma per l’Aduc, quello di Roma e di parte del Lazio è stato “uno switch-off all’amatriciana, all’insegna del pressapochismo e della disinformazione”. “Siamo la prima capitale d’Europa – afferma l’Aduc in una nota – ad avere il digitale terrestre, si sentiva e leggeva nei giorni scorsi. Peccato che Berlino, che ci risulta essere la capitale della Germania, lo abbia già dal 2003″ .
L’Adoc propone invece una riduzione del 30% sulla spesa del canone Rai del prossimo anno, come compensazione dei disagi subiti dai romani, specie degli anziani. “Abbiamo apprezzato l’intervento, pur tardivo, dell’Ama a proposito dello smaltimento dei vecchi televisori privi di decoder. Ma è poco efficace in quanto riporta le regole generali per i rifiuti ingombranti mentre non ha istituito nessun punto specifico di raccolta nei municipi”.
Codacons ha chiesto a Governo e Agcom di intervenire al più presto per rimediare ai disservizi, stabilendo almeno: – Obbligo per le case produttrici di decoder di introdurre la funzione di aggiornamento automatico del software via etere, senza dover ricorrere all’assistenza tecnica. Sono migliaia i consumatori che hanno acquistato in anticipo decoder che tra poco saranno tecnicamente superati. – Obbligo per i produttori di vendere solo decoder che prevedono la possibilità tecnica di registrare un programma digitale mentre se ne sta vedendo un altro (attualmente possibile solo per pochissimi decoder). – Ritiro immediato dal mercato di tutti i decoder con una sola presa scart. – Nel nuovo contratto di servizio in corso di stesura dovrà essere stabilito l’obbligo per la Rai di mettere in chiaro tutti i suoi programmi, sia satellitari che digitali.
“Gli italiani pagano già il canone alla Rai, non si capisce perché alcuni canali debbano essere visibili solo per alcuni”.