France Telecom: ancora un tentato suicidio. Le guidelines del tavolo di lavoro italiano del progetto HIRES+

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di Michela Vian

Europa


France Telecom

Continua la spirale infernale a France Telecom: ieri un altro dipendente ha tentato di togliersi la vita. Già colpito da depressione e in congedo per malattia, l’uomo di 54 anni si era detto “sconvolto” per la catena di suicidi tra i suoi colleghi. Per fortuna il peggio è stato evitato dall’arrivo dei pompieri, allertati dai familiari che avevano ricevuto un sms nel quale l’uomo annunciava l’intenzione di impiccarsi.

Pubblichiamo di seguito un articolo della Psicologa del lavoro Michela Vian che fa il punto sulle conclusioni del tavolo di lavoro italiano del progetto HIRES Plus, (Health In REstructuring).

 

   

Del rapporto tra ristrutturazioni aziendali e benessere organizzativo, hanno discusso i 36 esperti provenienti da aziende medio grandi, italiane e multinazionali con sedi in Italia, rappresentanti di associazioni di categoria e di istituzioni, esperti provenienti da organismi di ricerca, invitati al tavolo di lavoro italiano del progetto Hires Plus.

Pur nell’eterogeneità degli approcci, gli intervenuti hanno convenuto sulla crucialità del rapporto tra ristrutturazioni aziendali e benessere organizzativo, e sulla necessità di approfondire ad ampio raggio gli effetti delle riorganizzazioni sulla salute delle persone e delle imprese, anche individuando modalità che consentano di includere nel risk assessment gli effetti sulla salute degli individui.

 

Il “malessere” organizzativo non deve più essere considerato uno spiacevole “strascico” delle ristrutturazioni, ma un asset da governare e dirigere. La produttività, la salute e la redditività dell’impresa a lungo termine dipendono da come l’impresa è stata in grado di gestire il benessere di tutte le persone in qualche modo coinvolte nel processo riorganizzativo (dimessi, survivals, manager, imprenditori, precari, referenti del sistema produttivo locale e pubblico). In altre parole, ristrutturare in modo non oculato può portare ad una perdita di produttività generale.

 

L’impresa “sana” produce profitto e produce “salute”. Ogni azienda dovrebbe avere nel proprio organigramma una funzione “welfare”, alle dipendenze dirette della direzione generale, in modo tale che le decisioni relative benessere organizzativo non debbano faticosamente risalire tutta la linea gerarchica per poter essere prese. In due buone pratiche italiane presentate questa funzione si colloca proprio in prossimità del vertice e questo risulta essere senza dubbio un fattore di successo, indicatore diretto di quanto l’azienda investe nel benessere delle persone. La funzione Risorse Umane deve far parte integrante del sistema decisionale delle imprese.

 

Normalmente, invece, anche nelle imprese italiane sensibili al tema, le azioni finalizzate al benessere organizzativo vengono svolte da più funzioni aziendali (risorse umane, organizzazione, comunicazione interna, servizi generali, sicurezza, amministrazione, ecc.); occorre integrare queste attività sotto un’unica “visione”, per convogliare elementi di natura diversa verso una direzione univoca.

Parlando di un altro tema importante che concorre al benessere organizzativo, si rileva come le aziende italiane raramente hanno competenze specifiche per la gestione della “diversità”, in grado di integrare in modo positivo persone di identità geografiche e culturale differente.

In generale le buone pratiche presentate al tavolo di lavoro si configurano come soluzioni originali di ristrutturazione a basso impatto sul benessere dei lavoratori, che tentano di superare lo stretto ricorso agli ammortizzatori sociali. E’ importante porre al lavoratore delle alternative agli ammortizzatori sociali cercando soluzioni originali e flessibili anche in rapporto al territorio e agli attori sociali indirettamente coinvolti. Credere nella centralità della persona significa passare dalla ricerca della certezza alla ricerca di sfide condivise.

 

Gli esperti hanno commentato il Rapporto finale del progetto Hires presentato alla Commissione Europea, valutando le peculiarità dell’implementazione alla realtà italiana e alle piccole medie imprese in particolare.

Dalla discussione sono emerse alcune direttrici.

 

12 Raccomandazioni per la Commissione europea in tema di tutela della salute e del benessere dei lavoratori nei processi di ristrutturazione aziendale:

 

1.     MONITORAGGIO E VALUTAZIONE: importanza di normalizzare le basi di dati a livello nazionale ed europeo sugli effetti delle ristrutturazioni aziendali. Ci sono alcune esperienze europee positive che però non includono le piccole imprese. A questo proposito si è evidenziato come la realtà produttiva italiana prevalentemente composta da piccole imprese, rende difficile la raccolta di dati. L’assenza per malattia, per esempio, non è un indicatore utilizzabile in quanto, sebbene il dato sia raccolto, non è informatizzato e perciò non è elaborabile a livello centrale. In Italia alcuni grandi imprese hanno definito autonomamente dei sistemi di monitoraggio del benessere organizzativo, ma si tratta di iniziative autonome non immediatamente trasferibili ad altre realtà.

 

2.     EFFETTI SUI LAVORATORI LICENZIATI: la definizione e la valutazione di azioni di supporto per migliorare l’occupabilità e prevenire gli effetti negativi sulle persone dimesse, sono il filone tradizionalmente più esplorato nell’ambito delle ristrutturazioni. Negli ultimi quindici anni molti finanziamenti nazionali e comunitari sono stati investiti nella formazione dei disoccupati, dei cassaintegrati e di altre categorie a rischio di obsolescenza professionale, che si aggiungono a fondi per studi ed indagini in merito.

 

3.     REAZIONE DEI “SOPRAVVISSUTI” E PERFORMANCE ORGANIZZATIVE: L’attenzione posta a questa categoria di “vittime” delle ristrutturazioni spesso ignorata, attraverso progetti specifici di counselling, determina i maggiori effetti sulla produttività aziendale a medio e lungo termine. E’ importante ricostruire il contratto psicologico con i dipendenti che si sentono “traditi” dalle scelte organizzative, nonostante queste siano state per loro favorevoli. Si diffonde una perdita del senso prospettico del tempo, derivante da una difficoltà di guardare il futuro.

 

4.     EFFETTI SUI MANAGER RESPONSABILI DELL’ATTUAZIONE DEI PROCESSI DI RISTRUTTURAZIONE: i manager sono al tempo stesso i fautori del cambiamento e le vittime del processo. I manager devono essere preventivamente informati e formati alla gestione della ristrutturazione e alle conseguenze che la stessa avrà sulla loro salute, in quella dei lavoratori e dell’impresa stessa. A questa categoria dobbiamo affiancare anche quella degli imprenditori, dato il tessuto produttivo italiano costituito da piccole e piccolissime imprese.

 

5.     AZIONI PROPEDEUTICHE DA PARTE DELLE AZIENDE: Formazione e sviluppo della forza lavoro per rendere meno onerosi gli effetti sui lavoratori dei processi di riorganizzazione aziendale. Poiché le ristrutturazioni sono un processo continuo nelle nostre imprese, anche le azioni propedeutiche devono essere poste a regime, sempre in un’ottica di flessibilità dei programmi e delle politiche. Nel nostro paese la propensione delle imprese ad investire in formazione è decisamente bassa: secondo un’indagine Eurostat siamo al terz’ultimo posto in Europa. L’Italia è agli ultimi posti anche per investimenti nell’innovazione e, si sa che esiste un rapporto molto stretto tra formazione, innovazione e performance dell’azienda, perché questi elementi concorrono al concetto di impresa “sana”. Un’altra peculiarità tutta italiana è il peso delle parti sociali nel processo. Alle parti sociali nel nostro paese è stato assegnato un ruolo determinante in alcune decisioni relative agli ammortizzatori sociali e agli investimenti in formazione, come per esempio l’esperienza dei fondi interprofessionali che gestiscono lo 0,30% del monte salari attraverso enti bilaterali impresa-sindacato.

 

6.     FIDUCIA E TRASPARENZA: Gli effetti delle ristrutturazioni dipendono in larga misura dalla percezione soggettiva della “giustizia” e nella legittimità del cambiamento. E’ necessario investire su processi di comunicazione interna efficaci: cura, completezza e tempestività dei processi comunicativi verso tutte le categorie di lavoratori in merito ai processi di ristrutturazione che le vedranno coinvolte. Nessuno mette in dubbio che il capitale umano sia la più importante risorsa per la competitività delle imprese, in questo senso se un’azienda non si fa carico della salute e del benessere degli individui, perde le risorse umane migliori, più competitive nel mercato del lavoro, potenzialmente propense a lavorare presso realtà che sappiamo salvaguardare il rapporto di fiducia, il “patto psicologico” tra lavoratore e impresa.

 

7.     PIANO DI COMUNICAZIONE: E’ necessario formulare un piano di comunicazione strutturato per ridurre il vissuto di incertezza tipico dei processi di riorganizzazione. A questo proposito la criticità per le piccole imprese è che la ristrutturazione non è un processo graduale e pianificato, ma spesso è subita repentinamente e determinata da eventi esterni. In molti casi le PMI fanno parte di un indotto di un’azienda principale e vengono informate della crisi ad un livello molto avanzato, troppo tardi per poter definire azioni preventive e un piano di comunicazione strutturato. Il focus dell’analisi e delle azioni preventive va perciò posto sulla filiera o sul sistema delle imprese del settore.

 

8.     TUTELA DEI LAVORATORI TEMPORANEI E DELL’INDOTTO: In termini quantitativi i precari, i temporanei e l’indotto sono il gruppo più numeroso di vittime della ristrutturazione: in questo caso si moltiplicano le difficoltà di raccolta dei dati e perciò non è semplice determinare l’entità degli effetti sul benessere delle organizzazioni e del sistema produttivo in generale. Si è verificata la necessità di coniugare la flessibilità aziendale al superamento del concetto di precarietà, perché in caso contrario non sono solo i lavoratori a termine a pagarne le conseguenze, ma anche il clima interno, la fiducia, e pertanto anche la produttività aziendale. Al workshop è stata presentata una buona pratica che prevede una sorta di “archivio virtuale” dei temporanei e degli interinali, a cui l’azienda accede in base all’anzianità di permanenza per eventuali assunzioni.

 

9.     RUOLO INNOVATIVO DEI CENTRI PER L’IMPIEGO: data la realtà produttiva italiana costituita in maggioranza da piccole e piccolissime imprese, da reti e filiere di imprese in cui una crisi si ripercuote nell’intero sistema produttivo locale o settoriale, è necessario pensare ad un ruolo da protagonista svolto dalle pubbliche amministrazioni. I centri per l’impiego devono dotarsi di strumenti innovativi e flessibili in grado di prevenire e ridurre gli effetti negativi delle ristrutturazioni ed ammortizzarne le conseguenze. Al workshop di Firenze sono state presentate esperienze di riorganizzazioni di grandi aziende italiane conclusesi positivamente grazie anche al coinvolgimento attivo delle pubbliche amministrazioni locali. Far entrare gli attori territoriali al tavolo delle discussioni consente di uscire dal meccanismo negoziale tipico della contrattazione a due tra azienda e lavoratore e di studiare soluzioni “sistemiche” e replicabili.

 

10.    RAFFORZAMENTO DEL RUOLO DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE: il Servizio Sanitario dovrebbe porre un’attenzione prioritaria alla salute di lavoratori prima, durante e dopo le ristrutturazioni. Al workshop di Firenze è stato presentato il caso di un’azienda del settore pelletteria, in cui un proficuo rapporto tra imprese, filiera e servizio sanitario ha consentito di salvaguardare il benessere dei lavoratori e del sistema produttivo.

 

11.    SUPPORTO SPECIFICO ALLE PMI NEI PROCESSI DI RIORGANIZZAZIONE: In Italia ci sono 4,5 milioni di imprese, di cui oltre 4 milioni (95%) ha meno di 10 addetti. Quasi il 70% della forza lavoro italiana è occupata in aziende con meno di 50 addetti. Meno di una impresa su mille ha più di 250 addetti. Questo significa che le PMI costituiscono il tessuto produttivo italiano, sono l’elemento cardine dell’economia. C’è una diversità di paradigma tra grande impresa e PMI: non è possibile ignorare questa specificità e mutuare in piccolo gli approcci adottati nella grande impresa. Nella maggior parte dei casi le PMI non hanno risorse interne e strutture specifiche dedicate alla gestione delle risorse umane e perciò tanto meno del benessere organizzativo. In questo caso il supporto da parte del sistema pubblico o da parte delle imprese più grandi loro clienti e la diffusione di buone pratiche potrebbe giocare un ruolo determinante. Al tavolo di lavoro del 9 luglio è stato presentato il caso di un gruppo bancario, molto sensibile alle tematiche del benessere organizzativo e dello stress lavorativo, che intende sviluppare delle linee guida a disposizione delle imprese clienti; un altro gruppo bancario presente offre alle aziende clienti un servizio di approccio integrato al risk management. Nel codice etico di una grande impresa presente al workshop sono inclusi progetti rivolti ai fornitori per promuoverne la crescita e la competitività in un’ottica di salute, sicurezza e tutela ambientale.

 

12.    ALTRE INIZIATIVE COMUNITARIE RACCOMANDATE: E’ necessario incentivare la discussione e la deliberazione a livello comunitario in merito a tematiche quali la responsabilità sociale delle imprese (includendovi anche l’impatto delle ristrutturazioni sulla salute), l’occupabilità e i percorsi di carriera (considerando la continua evoluzione del mercato di lavoro e le direzioni del cambiamento), la definizione di procedure standard di promozione della salute dei lavoratori.  

 

Hires+ Rapporto del Workshop Italiano

   

La salute nella ristrutturazione: Approcci innovativi e raccommandazioni politiche

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