Italia
Si è svolta ieri la prima giornata di Convegni della XXIII edizione del Festival Eurovisioni, che ha visto tra i protagonisti diversi importanti rappresentanti delle istituzioni, dell’industria e del mondo accademico.
La sessione si è aperta con il saluto del presidente Xavier Gouyou Beauchamps che ha ricordato l’intento del Festival di portare un contributo nel dibattito sulla Creatività, per la quale occorre una convergenza tra gli approcci economici, sociali e politici.
Ad aprire il dibattito sul tema “Creatività e Contenuti”, il Professor Stefano Rolando, direttamente dallo IULM, Libera Università di Lingue e Comunicazione di Milano, coautore del “Libro bianco sulla Creatività – per un modello italiano europeo”, rapporto commissionato dal Governo Prodi, concluso durante l’attuale, sulla situazione della Creatività in Italia.
Il 2009 è l’Anno europeo della Creatività, una ricorrenza che impone una profonda riflessione sulla ricerca di standard, parametri e letture politiche condivise tra i Paesi riguardo
L’analisi del settore creatività richiede la prima fondamentale presa di coscienza che la Creatività è un unico macrosettore trasversale che ricopre vari ambiti e attività, di cui l’audiovisivo è il più rappresentativo.
Il rapporto di Rolando segnala come sia urgente favorire in Italia una cultura promozionale della creatività ed evidenziare un rapporto tra sistema delle istituzioni e imprese per creare delle vere e proprie politiche di creatività. Ha poi sollevato la necessità, tra le altre cose, di un ministero che studi anche i cambiamenti e le dinamiche che incidono sulle varie forme di creatività. La creatività, documenta Il Libro Bianco, incide sul Pil, sulla capacità di creare valore aggiunto e sul patrimonio simbolico dei territori.
Questo rapporto è il primo tentativo di individuare la dimensione economica, i punti di forza e debolezza del macrosettore, migliorare l’analisi del fenomeno, indurre la riflessione sulla sinergia e promuovere il dibattito sulle istituzioni referenti.
La questione del Libro è l’impatto che la creatività produce sulla qualità sociale, e sul modo in cui si connette alla qualità della vita delle istituzioni, dei servizi e sulla formazione del capitale umano.
L’approccio italiano a tal riguardo è prevalentemente legato alle politiche industriali senza un reale investimento sulle dinamiche che conducono alla creatività.
Il rapporto si conclude con 54 proposte. Tra le ambizioni, più convergenza tra le istituzioni, la necessità di un tavolo di alta politica lavoro, sviluppo e istruzione che gestiscano
Creare i sistemi formativi, investire sul capitale umano che lavora sulla Creatività, elevarne il riconoscimento, sono interventi volti a migliorare la reputazione internazionale del Paese che li adotta.
Sul tema: ‘Quali regole al servizio di creatività e innovazione’ è intervenuto quindi il presidente Agcom Corrado Calabrò, che ha sottolineato come ormai siano sempre più sfumati i confini tra televisione e telecomunicazioni, in uno scenario di mercato in cui i consumatori possono fruire di contenuti attraverso diversi supporti, sia in mobilità che da postazione fissa.
“L’importanza dei contenuti è come mai prima l’argomento chiave del sistema delle Comunicazioni”, ha detto Calabrò, delineando lo scenario di questo sviluppo, valutandone potenzialità e punti deboli.
“Durante questo passaggio, si è assistito ad un preoccupante degrado culturale. Le Tv si sono adeguate alle leggi del profitto, a scapito della qualità, livellando il grado culturale delle Produzioni. E’ corsa all’audience, ma occorre ricordare che la massa non rifugge dalla qualità”.
“La qualità richiede tempo, ma poi paga sempre: se esistono città belle, opere meravigliose in Italia, è perché generazioni intere si sono dedicate alla qualità, bellezza, l’armonia. Questa spalmatura del gusto e delle trasmissioni non di qualità si rivela controproducente. Occorre ribadire un Sì alla pubblicità, ma un No fermo alla schiavitù dell’audience: la missione del servizio pubblico è la sperimentazione, l’attenzione alla qualità”, ha spiegato il presidente Agcom.
L’avvento delle cosiddette ‘reti personali’, con la conseguente messa in circolo di contenuti a basso costo e la moltiplicazione di canali, se da una parte ha ampliato le occasioni di informazione ha d’altra parte “aperto al rischio della disintermediazione, con la conseguenza del disorientamento dei contenuti, un pericolo per le nuove generazioni, che non hanno maturato capacità di impostazione e valutazione”.
I più giovani, secondo Calabrò, “si abbandonano a un uso errato e disordinato dei media, uno zapping multimediale: l’eccesso di informazioni quantità e velocità fa correre il rischio di non riuscire più a creare né a rintracciare un significato”.
Calabrò si è detto invece più favorevole a un accesso ‘non caotico’ ai contenuti: “La sovrabbondanza – ha detto – può produrre pigrizia e generare banalità”.
“Occorrerebbe – ha aggiunto – recuperare quella dimensione di stupore e meraviglia che genera la conoscenza, attraverso gli insegnamenti di grandi come Einstein (L’immaginazione è più della conoscenza”) e Baudelaire. E’ la cultura, sul lungo periodo, che caratterizza il cammino di un Paese, ma in questo momento Genio e Creatività hanno una valenza sempre più utilitaristica. La Creatività si fa corrispondere sempre più spesso con i concetti di Nuovo e Utile, connessi a Comprensione e Riconoscimento sociale. Sembra che la regola condivisa sia l’Utile”.
Sul tema del diritto d’autore, messo in discussione dall’affermazione globale di internet e dall’avvento del peer to peer, Calabrò ha ribadito il rischio di un nuovo ‘parassitismo’: “La libera condivisione esalta la creatività ed è alla base del principio stesso di cultura”, ma, ha concluso Calabrò, “è urgente delimitare il caos vigente, attraverso la capacità ordinatrice della mente, che deve saper discriminare secondo criteri d’intervento e tematici; I fornitori di contenuti trovino il colpo d’ala che porti alla qualità dell’Informazione, dell’intrattenimento, dello spettacolo e del dibattito”.
Il presidente del consiglio superiore dell’audiovisivo francese Michel Boyon ha invece espresso forti dubbi sull’a ‘apertura’ realizzata da internet: “tutto ciò che è moderno non è necessariamente progresso: la tecnica è al servizio dell’uomo, se fa altrettanto bene senza l’intervento umano, c’è un problema, o l’uomo è sostituibile o la macchina troppo avanzata”.
Internet, insomma, è positivo perché ha ampliato l’accesso alla conoscenza, ma implica anche una ‘chiusura’: “le conseguenze della condivisione dei video comportano che l’internauta sia un produttore di immagini, che possono essere mediocri, prive di interesse. Si mette, inoltre, in discussione la differenza di natura tra utenti e professionisti del settore”.
Nell’ambito delle leggi esistenti, ha aggiunto, “va creato un ambiente favorevole all’innovazione, un controllo dei sistemi: una normativa ad hoc obbliga i canali francesi a diffondere il 90% di opere nazionali, e prevede che una parte dei guadagni venga dedicato all’investimento nell’audiovisivo: un modo per consolidare e rafforzare la realtà televisiva di bandiera”.
“È un periodo di transizione, vista anche la poca disponibilità di risorse, ma la diffusione delle tecnologie digitali ci richiede questo adattamento. Le parole Industria e Mercato non sono brutte parole quando si parla dell’audiovisivo dei programmi, ma condizioni di esistenza. Ciò che conta – ha concluso Boyon – siano sempre i contenuti, perché ci si può meravigliare di fronte alla molteplicità dell’ offerta, e alla straordinaria possibilità di accesso, ma sono solo i contenuti che danno valore e ricchezza al supporto”.
Andrea Anderman ha ricordato la sua esperienza di “teatro in tv”, come produttore prima di ” Tosca nelle ore e nei luoghi di Tosca” poi di “Traviata a Parigi”, esperimento di teatro in diretta tv che ha visto collegati oltre 120 Paesi, ribadendo la necessità della Tv “di elaborare un linguaggio proprio, servendosi ‘come un vampiro’ dei linguaggi altrui”.
Pippo Delbono, regista del film “La paura”, un prodotto di commissione francese girato interamente con il videotelefono, è stato testimone di un altro modo di fare creatività, a scapito della qualità, ma a favore di quello che lui chiama “genio e follia” e verso cui auspica un ritorno.
La proiezione in sala di un estratto del film, ha regalato uno sguardo sul mondo drammaticamente attuale, con immagini realistiche, a tratti amatoriali, ma anche sorprendentemente “televisive”. Proprio sul concetto “televisivo” si è concentrato Delbono, attribuendogli un significato spregiativo di approssimazione e superficialità a cui sempre più spesso si sta adeguando il cinema.
“Il mezzo ha vinto sull’intenzione eppure volendo si potrebbe fare una tv di livello artistico”, ha concluso.