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NGN: Bernabè condivide proposta Bassanini, ‘Società mista per infrastrutture ma con guida pubblica’

Italia


L’idea del presidente della Cassa Depositi e Prestiti Franco Bassanini per la creazione di società miste pubblico-private con il finanziamento della Cassa per le infrastrutture di base della rete di nuova generazione piace all’Ad di telecom Italia Franco Bernabè secondo cui, tuttavia, “deve essere un soggetto pubblico che guida”.

“Condivido – ha detto Bernabè – l’idea di Bassanini di un soggetto pubblico che investa sulle infrastrutture passive”.

Bernabè, comunque, ha sottolineato la necessità di una “guida unitaria” altrimenti si corre il rischio di incontrare problemi come nei condomini: “Mettere un consorzio insieme per fare un investimento – ha detto – è difficile. Ognuno vuole fare una cosa diversa”.

 

In ogni caso, ha commentato l’Ad. di telecom, il gruppo telefonico “ha un proprio piano per la nuova rete” e “faremo quello che deve essere fatto“.

 

Più precisamente, Bernabè ha spiegato che “L’ipotesi di fare una o più società regionali o una società nazionale che si occupi della parte più basilare dell’infrastruttura, quella tipica dei lavori pubblici, è una delle opzioni possibili cui guardiamo con attenzione’.

Ha ribadito come non sia percorribile alcuna ipotesi relativa ad uno scorporo della rete “che resta di telecom Italia“.

Secondo Bernabè, “ci sono delle ipotesi di collaborazione che possono essere molto innovative: la rete di nuova generazione prevede un grande investimento in opere pubbliche e infrastruttura passiva destinata a durare cento anni“.

Per queste ragioni “può essere finanziata con meccanismi diversi: vedo con favore che si proceda a innovazioni sul lato finanziario che consentano di ridurre l’alea degli investimenti degli operatori’.

 

Un ragionamento, quello dell’ad della società, che non ha “niente a che vedere con la rete di telecom Italia che resta di telecom Italia ed è regolata in modo estremamente preciso sia per la parte storica che per quella innovativa“.

‘Nulla a che vedere con le ipotesi più fantasiose e non percorribili come lo scorporo della rete’.

 

Per Bassanini, “le società partecipate da Regioni, gli operatori, con il finanziamento della Cassa depositi e prestiti” potrebbero essere il “soggetto agente” per realizzare le reti NGN.

Il presidente della Cassa ha, tuttavia, premesso che le decisioni sull’intervento della Cdp vengono prese dall’azionista che è il Tesoro: “E’ chiaro che la Cassa non è un ente di beneficenza. Se il Governo lo riterrà opportuno, metterà le risorse necessarie per gli investimenti strategici per il Paese“.

 

Riassumendo, Bassanini ha spiegato che l’intervento della Cassa si basa su alcune condizioni: “Se c’è un piano finanziario e industriale credibile, se la redditività è garantita, e se gli operatori sono d’accordo tra loro, ovviamente noi non ci tiriamo indietro”. Bassanini ha sottolineato ulteriormente l’importanza del ruolo delle Regioni “su due versanti. Il primo è che sono in grado meglio di altri di mobilitare le risorse locali” e “il secondo è che le Regioni finanziariamente più solide possono dare un contributo per quella parte di investimento che risponde a esigenze di servizio universale”.

 

 

Paolo Bertoluzzo, Ad di Vodafone Italia, è invece del parere che serva una società ad hoc: “una ‘società della rete’ che veda il coinvolgimento degli operatori interessati. Occorre convogliare gli sforzi di tutti in una iniziativa comune che realizzi una rete di nuove generazione veramente aperta“.

L’alternativa è che l’ex monopolista faccia gli investimenti necessari: “Solo telecom Italia nella posizione di fatto dominante nella rete fissa potrebbe fare l’investimento ma a quel punto diventano fondamentali le regole per non correre un forte rischio di rimonopolizzazione”.

 

L’ad di Vodafone Italia dice inoltre no alla logica del co-investimento: “Non è sostenibile nel lungo periodo”.

“Nel lungo periodo la rete di nuova generazione sarà l’unica rete di accesso e sostituirà quella in rame che, un po’ alla volta, non è colpa di nessuno, è destinata a deteriorarsi”. Il ragionamento è anche economico: “Per la manutenzione a condizioni accettabili del rame nelle aree metropolitane si spendono 900 euro a cliente in 10 anni: il collegamento dello stesso cliente a una rete in fibra costa meno”.

Dunque, a giudizio dell’ad di Vodafone Italia, “in una condizione di liberalizzazione e con aziende che oggi sono tutte private, se vogliamo creare una infrastruttura di nuova generazione per il paese serve lo sforzo di tutti. E’ difficile che questo sforzo possa essere fatto da un’unica azienda – ha ribadito – senza ritornare ad una situazione di monopolio”.

 

Per telecom Italia questa strada non è percorribile. La società ha ribadito che lo scorporo della rete non è un’opzione sul tavolo, ma è aperta a discussioni con gli altri operatori sugli investimenti comuni per favorire lo sviluppo dell’infrastruttura broadband in Italia.

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