Italia
Seconda edizione del workshop ‘Mercanti di bugie-Innovatori della conoscenza
Ripensare i contenuti e i modelli di business ad essi legati per provare ad affrontare le sfide del digitale, sempre più difficili, complesse e aggressive, soprattutto per l’Italia e per un’economia che certamente non sta attraversando un momento facile a livello globale. L’evento, nelle sue finalità e nei contributi dei suoi protagonisti, ha voluto proporre un’idea concreta di come affrontare tali criticità, attraverso una proposta reale di Sistema Paese in cui ognuno deve fare la sua parte, valorizzando le risorse a nostra disposizione e richiedendo una maggiore tutela sia per i consumatori, sia per le imprese e gli sforzi da esse compiuti.
La conoscenza è un fattore imprescindibile, ma senza idee nuove l’Italia non potrà mai pensare di presentare sul mercato dell’eContent prodotti competitivi, anche considerando la lentezza con cui cresce Internet tra le fasce di popolazione più anziane, la mancanza di alfabetizzazione informatica, la carenza di banda larga, l’insufficienza degli investimenti, la debolezza infrastrutturale in previsione delle reti di nuova generazione (NGN) e la difficoltà di gestire il cambiamento epocale dettato dallo switch-off della televisione digitale terrestre (TDT) fissato al 2012. La bassa propensione all’investimento in ricerca e sviluppo di tecnologie avanzate è lo specchio fedele si un tessuto imprenditoriale nazionale sfilacciato e indebolito.
“Tali fattori rischiano di rallentare, se non di inibire, lo sviluppo atteso del mercato dei contenuti digitali – ha spiegato in apertura di convegno Luca Barbareschi, Vicepresidente IX Commissione Trasporti e Telecomunicazioni – che entro il 2009 è previsto raggiungere e superare i 7 miliardi di euro. L’agenda della politica italiana dovrebbe tenere conto di questi trend e dei fattori guida che potrebbero generare nuova ricchezza, ma servono delle soluzioni concrete a breve termine tese a potenziare le risorse del paese“. Come dire, che la mancata adesione al nuovo panorama economico e tecnologico, porterebbe con se delle conseguenze pesantissime per i comparti produttivi dell’audiovisivo e delle telecomunicazioni, lasciando a secco una filiera che invece è ricca di capacità e competenze. L’Italia rischia così una doppia crisi, da una parte il riflesso della crisi finanziaria mondiale e dall’altra il graduale ma persistente deterioramento competitivo del nostro sistema produttivo nei confronti degli altri Paesi Europei. Da fare c’è molto, a partire dal rilancio della domanda di beni e servizi avanzati, con la presentazione in aggiunta di piani industriali concreti, oltre i semplici incentivi al sistema produttivo.
Internet ha cambiato il mondo, ma il web 2.0 ne rivoluzionerà ulteriormente l’accesso ai contenuti e la fruizione dei servizi, ampliandone la portata, la qualità e la diversità. Qui nascerà un nuovo modo di fare cinema, musica e televisione, declinandone la produzione su più piattaforme: rete mobile, fissa, satellite, Internet. Ma anche
Durante gli interventi del primo panel dedicato a “Cinema e fiction: quando i sogni diventano contenuti“, è stato evidenziato quanto la stessa pubblicità, fonte di sopravvivenza primaria per il comparto televisivo, sia legata indissolubilmente allo sviluppo dell’eContent e di Internet, tanto da registrare proprio nel 2009 una crescita di 1,5 miliardi di euro. Per questo servono leggi dinamiche che tutelino e mettano in condizione gli imprenditori dello spettacolo e della cultura di muoversi liberamente. “Contenuti digitali e pubblicità – ha spiegato Flavia Barca dell’Istituto di Economia dei Media-Fondazione Rosselli – sono gli elementi su cui basare la crescita economica e culturale del paese, ma bisogna trovare un modo per soddisfare tutti gli attori della filiera, andando ad intervenire sul digital divide, sull’analfabetismo informatico, sulla domanda del mercato, sulla banda larga, la penetrazione di Internet, la formazione, l’educazione tecnologica e il consumo di beni e servizi in rete“.
L’Italia con i suoi prodotti audiovisivi non riesce a varcare i confini e a fronte di 1.700 ore di fiction importata, ne esporta solo una minima parte ed esclusivamente nell’Europa dell’Est e nelle enclave culturali italiane di Svizzera, Belgio e Francia. “C’è il bisogno di allargare le maglie dell’accesso alle piattaforme digitali per i piccoli produttori – ha aggiunto Barca – allentando il forte controllo dei broadcaster televisivi sui diritti di proprietà dei contenuti e favorendo l’integrazione a valle della filiera“.
Una competizione certamente difficile e che il problema della pirateria digitale, dietro cui si celano grandi interessi della criminalità organizzata, rende assolutamente più complessa per Paolo Ferrari di ANICA: “Per ridurre il peso economico della pirateria servono leggi sicure e certezza della pena, a cui affiancare una politica efficace in termini di rinnovamento della rete di distribuzione dei prodotti e dei contenuti audiovisivi. Il cinema ne è un esempio e se i film prodotti in Italia non sfondano all’estero, neanche la fiction potrà raggiungere risultati soddisfacenti“. Non poteva certo rimanere fuori dal discorso la rete, Internet, arcipelago di eccellenze culturali, di innovazione, ma anche di vascelli pirata, ne tanto meno si poteva pensare che tale piattaforma sia la grande panacea di tutti i mali.
Per Davide Rossi di Univideo: “Si sente spesso dire che il web sarà l’autostrada su cui viaggeranno i nuovi contenuti, ma nello stesso tempo si vede che più della metà degli italiani non conosce il mezzo e addirittura non se ne interessa minimamente. Quando ci chiedono di modificare i modelli di business, passando dal Dvd alla distribuzione online dei contenuti cinematografici, nessuno spiega però che al momento solo il 6% degli utenti è disposto a pagare per la fruizione di tali prodotti e che il resto sono tutti download illegali. La verità è che l’ideologia della gratuità, che caratterizza la rete e il suo consumo, sta penalizzando diverse economie che girano attorno all’industria dei contenuti digitali e, se non si interviene in maniera efficace, le conseguenze saranno ancora più gravi non solo per l’industria dell’home video, per tutta la filiera“.
Una possibilità di nuova vita per il mercato del cinema e dell’home video è stata affrontata nel secondo panel “I Contenuti tra Infrastrutture e Pubblico“e ci arriva proprio da altre piattaforme di distribuzione, come il satellite. Giuliano Berretta di Eutelsat non ha dubbi: “Abbiamo investito oltre 5 miliardi di euro, offrendo all’utente 3.200 canali digitali. Nostro obiettivo è far crescere la distribuzione cinematografica digitale dando una forte spinta al settore. In Italia ci sono già 300 sale digitali attrezzate con tecnologia 2D e 3D che, grazie al satellite, potranno proporre servizi e contenuti di qualità in ogni luogo, senza impedimenti di natura geografica e ad un costo sempre più competitivo. Quando lanceremo la piattaforma Ka-Sat anche Internet a banda larga potrà essere offerta a parametri tecnologici assolutamente soddisfacenti e costi ridotti“. Un segnale di ottimismo, quindi, con la tecnologia e l’innovazione a far da volano per lo sviluppo del mercato dei contenuti. Uno sviluppo che, secondo Luigi Gubitosi di Wind, deve però passare necessariamente per una cultura tecnologica più evoluta: “Finché il livello di alfabetizzazione del paese sarà basso, non c’è possibilità di sviluppare una domanda sufficiente per il mercato e la carenza di banda larga non fa che peggiorare la situazione. Per quanto riguarda lo Stato e il suo ruolo c’è da sperare in un maggiore impegno dello stesso Ministero della Pubblica Istruzione sull’esempio di quanto fatto nella Pubblica Amministrazione dal ministro Renato Brunetta“. Sull’importanza dell’alfabetizzazione informatica e dell’educazione al giusto utilizzo dei dispositivi tecnologici, si è soffermato anche Giovanni Stella di Telecom Italia, che ravvede nella vecchia televisione generalista e pubblica ancora un valido mezzo di formazione delle masse: “Se è vero che la maggioranza delle famiglie italiane ancora non usa il Pc e non sa che farsene di Internet, forse la televisione potrebbe essere utile nella diffusione di conoscenza e cultura tecnologica, anche in chiave di lotta al digital divide. Il telecomando è ancora uno strumento universale ed efficace di navigazione tra canali e servizi, come la telemedicina, l’approfondimento dell’informazione, Internet, il consumo di beni e prodotti“.
Ovviamente, tutto questo passa per la diffusione della banda larga e la rete mobile è sicuramente una piattaforma che negli ultimi anni ha riscosso un notevole successo, come testimoniano le vendite di chiavette per Internet.
Per Umberto Paolucci di Microsoft la strategia più giusta è sempre quella dell’innovazione tecnologica, unitamente a strategie di marketing mirate, segmentando i mercati e stimolando idee: “La convergenza tecnologica in atto tra tv, cellulare, web e reti di nuova generazione sarà sempre più netta nei prossimi anni. Bisogna privilegiare le esperienze inter-piattaforma più ricche e individuare i modelli di business più remunerativi, le idee ci sono e i contenuti anche, servono coraggio, sinergie e iniziativa legislativa“. Una posizione quella di Microsoft che è riscontrabile nel lancio del un nuovo sistema operativo per cellulari e smartphone che prenderà il posto di Windows Mobile 6.5 e ribattezzato Windows Phone. I nuovi device mobili saranno prodotti da Toshiba, Acer, Htc, Samsung, LG e Sony Ericsson, da cui Microsoft si attende per la fine del 2009 una produzione sul mercato di almeno 30 modelli dotati del nuovo sistema operativo.
Sempre parlando di rete mobile Vincenzo Novari di 3Italia ha sollevato però un ulteriore problema nel dibattito su come distribuire in modo efficiente e capillare contenuti digitali di qualità: “Il web
Su banda larga, reti di nuova generazione, fibra ottica e qualità dei contenuti digitali si è espresso anche Corrado Calabrò dell’Agcom, sostenendo che per rendere forte il mercato italiano e le sue aziende all’estero bisogna garantire alle realtà imprenditoriali più piccole un posto in filiera, aiutare i produttori indipendenti con fette di mercato riservate, ma anche affrontare il dilemma della pirateria e del P2P. “Il diritto d’autore – ha affermato Calabrò – che è al centro di continui dibattiti e senza però trovare una soluzione concreta, è stato messo in discussione dagli utenti stessi della rete, dalla loro esigenza di accedere ai contenuti e di condividere tali risorse gratuitamente con gli altri. Ovviamente non è possibile pensare che la rete sia gratuita in senso assoluto e le Istituzioni, assieme agli Internet Service Provider e ai produttori di contenti, devono trovare una soluzione a tale problema, in maniera chiara e definitiva“.
Nel panel dedicato alle ‘Tv, le Piattaforme e i Contenti‘ anche i broadcaster televisivi hanno sottolineato l’importanza della rete, ma fino ad un certo punto. Secondo Gina Nieri di Mediaset, ad esempio: “Il web 2.0 o 3.0 è una grande opportunità per tutti, ma è innegabile che fino ad oggi la rete e i suoi protagonisti, come Google o YouTube, abbiano fatto grandi guadagni sfruttando proprio i prodotti della tanto denigrata televisione generalista. Se si vuole un mercato davvero competitivo e concorrenziale tutti i media e i new media devono investire nella produzione di contenuti“. A sostengo di tale posizione si è schierata anche Caterina Caselli della PMI, associazione di categoria di produttori ed etichette indipendenti, che indica nelle pratiche poco ortodosse dei grandi player, come dei criminali del download illegale, le cause della crisi del mercato della musica: “Sono quasi 900 milioni i download illegali di brani musicali che, tradotto sul mercato della musica, significa una perdita enorme in termini di vendite, di posti di lavoro e di riduzione del valore creativo dell’artista. C’è la necessita di ristabilire delle condizioni di mercato corrette nei modelli di business, affiancate da misure governative tese a diminuire il prelievo fiscale, investendo nella cultura e nell’innovazione, a cui si lega ovviamente l’urgenza di una legislazione forte che tuteli senza remore il diritto di proprietà dell’autore“. D’accordo nella condanna della pirateria, ma non sul bisogno di metodi repressivi, si è espresso Lorenzo Pelliccioli della De Agostini, che vede nella volontà di difendere le rendite garantite delle grandi major l’origine delle pratiche scorrette e la nascita della pirateria digitale: “Per battere la criminalità informatica e nel sostenere invece la correttezza di una cultura della legalità bisogna abbandonare la logica dei grandi profitti e cercare di avvicinarsi alle esigenze dell’utente consumatore, anticipando le mosse del mercato e quindi quelle dei pirati“. Nuovi modelli di business insomma, più giusti e più razionali, a cui si devono affiancare delle idee vincenti secondo Pierluigi Celli dell’Università LUISS: “Da cui veder nascere ambienti sani e creativi, dove allevare intelligenze e capacità nuove. Non è la conoscenza a mancare, ma le idee e a questo riguardo sembra obbligato un intervento di sostegno da parte dello Stato, soprattutto per le università, la ricerca, la cultura e l’innovazione in ogni campo del sapere“.
Un Governo che è ancora chiamato in causa anche nell’ultimo panel del workshop, “I nuovi contenuti che corrono in rete“, sia perché effettivamente può stimolare domanda sul mercato di contenuti digitali, sia per la sua azione di governance, due funzioni importantissime sulle quali sembra però mancare forza e mordente: “Il Governo deve fare di più – ha affermato Barbareschi – perché il tempo passa e i problemi restano irrisolti sul tavolo, mentre i mercati internazionali crescono e si evolvono proponendo modelli di business efficaci e livelli di qualità dei contenuti e dei servizi sempre più elevati“. Anche nel messaggio fatto ricapitare dal Presidente della Camera Gianfranco Fini ai partecipanti al workshop organizzato dalla Fondazione Luca Barbareschi ONLUS, si è sottolineato un forte richiamo al ruolo guida delle Istituzioni: “La crescita del mercato dei contenuti digitali va supportata in ogni modo e lo Stato è chiamato a dare il massimo sforzo per stimolare tale industria. Frutto indiscutibile della conoscenza e del patrimonio culturale di una nazione, questi prodotti veicolano informazioni, garantendo democrazia e libertà al cittadino“. La televisione, ha ribadito Andrea Ambrogetti di DGTVi, può essere utile in tal senso, anche nella sua declinazione generalista e gratuita: “Perché da sempre attenta alla dimensione culturale della produzione di contenuti, quando finalizzata all’educazione del cittadino, di ogni estrazione sociale e localizzazione geografica, attraverso un’offerta ragionata e di qualità“.
E a proposito di nuove piattaforme televisive su protocollo IP è intervenuto anche Francesco Nonno dell’Associazione Italiana degli Operatori IPTv: “Un mercato in crescita, con sistemi di billing efficienti e 600mila abbonati al servizio, senza problemi di pirateria grazie all’utilizzo del DRM e dell’accesso condizionato“. Un esempio concreto di come poter far interagire piattaforme e modelli di business diversi, aprendo nuove possibilità di accesso al mercato anche per i produttori più piccoli. Su posizioni più critiche si è espresso invece Marco Pierani di Altro Consumo: “La pirateria e le pratiche di download illegale sono diretta conseguenza di chi non intende privarsi di rendite garantite, senza dimenticare inoltre che l’utente, in quanto consumatore, rimane un soggetto da tutelare, non come l’ultima sentenza del Tribunale di Milano sull’equiparazione tra copia privata e piratata, perché altrimenti non si capisce per quale motivo si debbano ancora pagare 70 milioni di euro per l’equo compenso“. Un consumatore quindi ancora non in grado di scegliere liberamente i contenuti e i servizi offerti dalla rete e, sembrerebbe, ancora poco incline a pratiche legali di fruizione degli stessi. Questo perché, secondo Enzo Mazza della FIMI: “In Italia non ci sono delle vere politiche a sostengo del mercato dei contenuti digitali, spostando risorse ingenti solo sulla televisione digitale terrestre, la banda larga e la rete mobile. Servono invece grandi investimenti e piani avanzati di sviluppo“.
Ma non si può parlare di contenuti senza chiamare in causa il settore pubblicitario e, come ultimo intervento, Layla Pavone di IAB Italia ha voluto portare all’attenzione del pubblico lo stretto legame che esiste tra i due mercati: “La pubblicità ha bisogno di contenuti e in Italia il mercato fa fatica ad affermarsi. Il profilo della tv generalista è anziano, di basso livello culturale e basato su un bacino di utenza di 22-23 milioni di utenti. Forse lo stesso Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca dovrebbe affrontare il problema e farsi promotore di intensi programmi di formazione culturale in grado di guidare le masse verso il nuovo paradigma tecnologico. La debolezza del mercato dei contenuti digitali penalizza enormemente quello dell’advertising online. In Gran Bretagna gli investimenti pubblicitari sul web hanno superato per la prima volta quelli destinata alla televisione e questo anche perché l’utente della rete, mediamente più acculturato e favorevole all’innovazione, si dimostra più ricettivo ai nuovi contenuti e servizi“. Un segnale che può essere inteso sia come stimolo a fare di più, sia come monito a prendere velocemente delle decisioni in Italia, perché il rischio reale è quello di venire travolti dalla rivoluzione digitale e non di poterne sfruttare a pieno le grandi opportunità.