Italia
Il futuro di Telco resta al centro dell’interesse del mercato internazionale, in un mese caldo per il gruppo, quello che vedrà la possibile revisione del patto degli azionisti.
I soci devono infatti decidere entro il 28 ottobre se sciogliere o rinnovare il patto di sindacato di Telco, che scade nell’aprile prossimo.
Oggi il Financial Times scrive che Telefonica intende resistere alle pressioni politiche che sta avendo in Italia sulla sua presenza nella holding che controlla Telecom Italia.
Alcuni giorni fa, infatti, il viceministro alle Comunicazioni, Paolo Romani, ha ribadito l’importanza che, in vista della data del 28, “l’infrastruttura di rete rimanga italiana“, ma è poi andato oltre, asserendo che la quota di Telefonica, pari al 42,3%, “è un problema rilevante che si deve risolvere” e ha aggiunto che “ci penserà l’azienda” ma il governo non si chiamerà fuori, anzi, “starà molto attento”.
Da Madrid, il presidente di Telefonica Cesar Alierta, durante la cerimonia di consegna del premio Tiepolo 2009, riferendosi ai rapporti con Telecom Italia ha dichiarato: ‘Manterremo le relazioni sulla base della trasparenza e della lealtà“.
Il dirigente del gruppo spagnolo ha aggiunto che “aumenteremo e ottimizzeremo le sinergie e la complementarità”.
Gabriele Galateri di Genola, presidente di Telecom Italia, ha subito replicato: “Sulle sinergie stiamo andando avanti, siamo molto soddisfatti”.
E sempre al Financial Times, Franco Bernabè in un’intervista ha commentato che la presenza di Telefonica in Telecom ha portato “problemi“, specialmente in Argentina, ma anche che i vantaggi sono stati maggiori.
Proprio per quanto riguarda l’Argentina, Paese dal quale Telecom Italia è destinata a uscire per problemi antitrust, il manager ha accusato le Autorità del paese sudamericano di aver agito in modo “…molto, molto scorretto“.
Bernabè ha quindi confermato l’intenzione di voler uscire da Sofora, la holding che controlla Telecom Argentina, ma ha sottolineato che “dato il lavoro che abbiamo fatto in Argentina, avremmo preferito restare”. Tuttavia, ha detto ancora, “considerato quello che è accaduto, siamo motivati ad andarcene”.
Il Financial Times ha riferito che, secondo alcune fonti vicine al dossier, “quattro compagnie argentine hanno manifestato interesse per la quota di Sofora”.
Bernabè ha comunque espresso ottimismo sulle prospettive finanziarie di Telecom Italia, grazie al programma di riduzione dei costi e alla capacità dimostrata dal gruppo di rifinanziare il suo debito, a dispetto di un contesto generale difficile per l’economia mondiale. Ora “…possiamo guardare al nostro futuro in maniera molto più positiva”, ha affermato l’Ad di Telecom Italia al Financial Times.
Secondo il quotidiano l’Ad di Telecom ha ottenuto apprezzamenti sul suo piano di tagli dei costi, per un gruppo le cui prospettive di crescita risultano “limitate“.
Tuttavia “alcuni analisti e investitori” restano preoccupati, in particolare sull’apparente stallo del programma di cessione di attività.
Recentemente s’è anche parlato della possibilità che Mediaset affianchi Telefonica nella compagine azionaria di Telco. Notizia però smentita dalla azienda di Cologno Monzese.
Per El Economista, Mediaset sarebbe invece pronta a condividere con gli spagnoli la presenza in Telco e penserebbe a un ingresso nell’azionariato, mossa che sarebbe sostenuta anche dagli altri soci italiani di Telco (Mediobanca, Generali, Intesa Sanpaolo e Benetton) e comporterebbe “una diluizione delle rispettive partecipazioni in Telco per consentire l’ingresso di Mediaset”.
Angelo Rovati, consulente di Rothschild ed ex-consigliere del Governo Prodi dimessosi proprio a causa di un progetto che andava in questo senso, in questi giorni è tornato sull’argomento per suggerire che “…una volta realizzato lo scorporo della rete, procederei a una fusione tra Mediaset e Telecom. Ne nascerebbe una delle più grandi media company del mondo”.
Secondo Rovati, “tenere in panchina” Mediaset perché il fondatore è il presidente del Consiglio è strumentale: “…non c’è solo
Inoltre la fusione attenuerebbe la questione del conflitto di interesse, perché la famiglia Berlusconi sarebbe socio di minoranza.