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Lodo Mondadori: Fininvest si prepara a chiedere la sospensione della sentenza che prevede un risarcimento da 750 mln per De Benedetti

Italia


I legali di Fininvest preparano la contromossa contro la sentenza del Tribunale di Milano che ha condannato la società a risarcire la Cir di Carlo De Bendetti per 749.955.611,93 euro a fronte di danni patrimoniali complessivi calcolati per 937 milioni.

A giorni, i legali della finanziaria controllata dalla famiglia Berlusconi presenteranno istanza per ottenere la sospensione della sentenza del Tribunale che – secondo quanto si legge nelle motivazioni – ha dunque determinato all’80% le chance per Cir “di ottenere una conferma del lodo Pratis” che nel giugno del 1990 restituì temporaneamente Mondadori al gruppo Cir.

Il risarcimento di 750 milioni corrisponde dunque all’80% dei 937 milioni calcolati come somma del danno patrimoniale maggiorato della rivalutazione monetaria e degli interessi compensative oltre che delle spese legali.

 

Nei prossimi giorni il gruppo depositerà il ricorso in Appello che sarà accompagnato anche dalla richiesta di sospensiva. In media per decidere ci vogliono 3 o 4 mesi. Ma i ricorrenti potranno sollecitare un’anticipazione dell’udienza che però difficilmente sarà fissata prima di un paio di mesi.

 

Per Romano Vaccarella, legale della Fininvest, la sentenza “sembra abbia voluto eludere il nodo della causa: non potendo dire che il contenuto della sentenza che diede torto alla Cir è stato frutto di corruzione, riconosce un abnorme risarcimento per la perdita della possibilità di un processo imparziale, anche se conclusosi con una sentenza che non si osa dire che abbia ingiustamente dato torto alla Cir. Insomma – sostiene Vaccarella in una nota – la Cir aveva torto, ma ha perso la chance di farsi dare ingiustamente ragione, e quindi le va riconosciuto più di quello che avrebbe ottenuto se avesse davvero avuto ragione!”.

 

La richiesta di Cir era stata quantificata “in una misura non inferiore all’87%” di questa somma complessiva. E’ quanto si legge nelle motivazioni della sentenza sul Lodo Mondadori. In particolare, il danno derivante dalle condizioni “a cui fu pattuita la spartizione del gruppo L’Espresso-Mondadori rispetto alle condizioni di una trattativa non inquinata dalla corruzione del giudice Metta” è stato quantificato per 284 milioni, 20,6 milioni il danno per lesione dell’immagine imprenditoriale di Cir, 8,2 milioni il danno per spese legali sostenute: le varie voci compongono un importo complessivo di circa 313 milioni poi rivalutato alla data della commissione dell’illecito (24 gennaio 1991) e incrementato degli interessi compensativi.

 

Il giudice Raimondo Mesiano, nelle motivazioni con cui condanna la Fininvest, ha definito “ingiusta” la sentenza che assegnò la Mondadori al gruppo di Segrate e spiega perché la Cir debba essere risarcita per “danno di perdita di chance”. La sentenza fu redatta dall’ex giudice Vittorio Metta, poi condannato per corruzione.

“Si è dimostrata nelle pagine che precedono – scrive il giudice – la ingiustizia della sentenza Metta e la sua derivazione causale dalla corruzione del giudice Metta, argomento, che – secondo quanto già detto – resiste, in ragione del ruolo primario che ebbe il Metta nella formazione della decisione del Collegio, all’obiezione della collegialità della sentenza”.

 

“Ciò posto – prosegue Mesiano – deve rilevarsi che, se è vero che la Corte d’appello di Roma emise una sentenza – a parere di questo Ufficio – indubbiamente ingiusta come frutto della corruzione di Metta, nessuno può dire in assoluto quale sarebbe stata la decisione che un collegio nella sua totalità incorrotto, avrebbe emesso: si vuole cioè dire che una sentenza ingiusta avrebbe potuto essere emessa anche da un collegio nella sua interezza non corrotto”.

“Proprio per questo appare più aderente alla realtà del caso in esame determinare concettualmente il danno subito da Cir come danno da ‘perdita di chance’: vale a dire, posto che nessuno sa come avrebbe deciso una Corte incorrotta, certamente è vero che la corruzione del giudice Metta privò la Cir della chance di ottenere da quella corte una decisione favorevole’.

 

Il giudice di Milano, spiegando perché ha condannato in sede civile Fininvest, ha dichiarato che “Se Berlusconi non venne prosciolto nel merito dalla Corte d’Appello di Milano dall’accusa di corruzione fu perché ad avviso della medesima non vi era l’evidenza agli atti dell’innocenza dell’imputato”.

Il giudice ha ricordato che Berlusconi dalla corte d’Appello ebbe le attenuanti generiche con conseguente prescrizione.

“Trattandosi di sentenza non emessa a seguito di giudizio di merito ma solo a seguito di causa estintiva del reato essa non preclude in alcun modo che il Berlusconi ha commesso il fatto ai soli fini civilistici e risarcitori di cui si discute qui”, ha concluso il giudice.

 

Ma per Vaccarella, “la giurisprudenza ha coniato il concetto di perdita di chance per l’ipotesi di illegittima esclusione da un concorso, a causa della quale si è persa la possibilità di vincerlo, anche se ovviamente non si sa se, partecipando al concorso, lo si sarebbe vinto; il risarcimento viene calibrato secondo le ipotetiche probabilità di vittoria (il laureato con 110 ha più probabilità, e maggior risarcimento, del laureato con 90)”.

 

Nel nostro caso – ha spiegato Vaccarella – anche se a conclusione di un processo che il giudice unico di Milano ritiene non imparziale, la Corte d’Appello di Roma emise una sentenza che diede torto alla Cir: se questa sentenza fosse ingiusta, il danno per la Cir deriverebbe dalla sentenza e non certamente dal fatto che il giudizio non è stato imparziale; se, invece, questa sentenza avesse dato giustamente torto alla Cir, non vi sarebbe alcun danno patrimoniale nonostante la non imparzialità del processo”.

 

“Il tentativo di dire che la sentenza di Roma aveva dato ingiustamente torto alla Cir si è avuto soltanto una volta, con la sentenza del Tribunale penale di Milano che condannò Metta e Previti: ma quella sentenza, che senza aver letto l’atto di impugnazione dei Formenton (non acquisito agli atti) affermava che esso era viziato, è stata sconfessata sia dalla Corte d’Appello di Milano sia dalla Corte di Cassazione – precisa Vaccarella – le quali mai hanno detto che il contenuto di quella sentenza era frutto della corruzione (gli altri due giudici della Corte d’Appello di Roma, sentiti come testimoni, hanno confermato che condivisero pienamente, e condividono, quella decisione)”.

 

Nelle motivazioni della sentenza si legge che “E’ da ritenere che, ai soli fini civilistici del presente giudizio, Silvio Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva, corresponsabilità che come logica conseguenza comporta la responsabilità della stessa Fininvest”.

“La responsabilità della società di capitali – scrive il giudice Raimondo Mesiano – per il fatto illecito del legale rappresentante o amministratore, è responsabilità diretta e non responsabilità per fatto altrui: ciò perché la società avente personalità giuridica agisce attraverso i suoi organi sociali”.

 

Secondo il Tribunale di Milano oltre ai danni patrimoniali (750 milioni), la Fininvest dovrà versare alla Cir anche un’altra somma di denaro relativa ai danni non patrimoniali che però saranno quantificati in un altro giudizio da un diverso giudice.

Il danno non patrimoniale secondo il giudice Meisano sussiste sotto due profili: come lesione del diritto costituzionalmente garantito ad un giudizio reso da un giudice non imparziale; come lesione della propria integrità e della propria onorabilità e reputazione di persona giuridica.

“Della sconfitta giudiziaria – ha sottolineato il giudice – diedero notizia i giornali e ciò si risolse certamente in un colpo alla reputazione e all’immagine della Cir quale compagine societaria che aveva cercato di creare la ‘grande Mondadori'”.

 

 

 

Testo sentenza

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