Italia
Un fatturato complessivo, nel 2007, di 1 miliardo e 490 milioni di euro con incremento, rispetto al 2006, pari al 19%. E oltre 750 ore di programmazione in prima tv sulle emittenti generaliste nel 2008.
Questi i dati più significativi che emergono dal “Rapporto 2009 sul Mercato della fiction italiana nel contesto internazionale”, realizzato dall’Istituto di Economia dei Media (Iem) della Fondazione Rosselli, e presentato a Roma dalla ‘Fondazione Roberto Rossellini per l’Audiovisivo’ della Regione Lazio e dall’Apt (Associazione Produttori Televisivi) per il Roma Fiction Fest.
Il Rapporto, curato da Flavia Barca, Andrea Marzulli, Paolo Savini, Andrea Veronese e Bruno Zambardino, si conferma la sede per l’analisi economica del mercato della fiction televisiva in Italia, monitorando l’industria della produzione e la programmazione di fiction, i relativi provvedimenti di policy, l’import-export e le principali tendenze in atto nel mercato, al fine di offrire a osservatori, decisori e professionisti del settore lo stato dell’arte su uno dei principali generi dell’offerta televisiva, fra i più importanti segmenti della produzione audiovisiva.
Dallo studio emerge che la fiction, nel triennio 2006- 2008, ha continuato a essere uno dei generi portanti e fra i più distintivi della tv generalista.
Solo nel 2008 sono state trasmesse oltre 12.700 ore di fiction sulle 7 emittenti generaliste nazionali, mentre si restringe il numero delle società che hanno prodotto fiction originale per queste emittenti (36 nel 2008, contro 46 nel 2006).
La programmazione rappresenta quasi il 30% del palinsesto di Mediaset, oltre il 20% di La7 e una percentuale naturalmente inferiore, circa il 13%, a causa degli obblighi di servizio pubblico, delle reti Rai.
Per la programmazione, sulle tv nazionali sia gratuite che a pagamento, vengono spesi 4,52 miliardi di euro (pari al 57% dei 7,9 miliardi di ricavi). Il commissioning in prodotto televisivo originale (cioè le produzioni commissionate a società esterne) da parte dei broadcaster generalisti è di circa 810 milioni, di cui 2/3 per la produzione di fiction italiana. Sul totale della cosiddetta “autoproduzione” (composta da produzioni in strutture interne e commissioni interne), la produzione in house rappresenta i 2/3. Le strutture interne ai broadcaster rappresentano quasi la metà del totale. L’import incide invece per circa 1/4 sul costo dei palinsesti.
Dallo studio si rileva che tra il 2002 e il 2009 sono state 857 le imprese italiane attive nella produzione audiovisiva, di queste 219 (pari al 26%) si sono occupate di fiction televisiva con ricavi totali, solo nell’anno 2007, per 906 milioni di euro (il 19,4% in più rispetto al 2006). Nello stesso anno, il fatturato complessivo, relativo a 410 società, è stato di 1490 milioni di euro (+18 sul 2006). Sempre nel 2007 i ricavi dalla produzione di fiction sono stati di 520 milioni di euro.
Quello della fiction, ha ricordato Flavia Barca, coordinatrice del gruppo di ricerca, è un settore costituito principalmente da piccole e medie imprese, che costituiscono il 96% delle società e producono il 67% del fatturato.
La fiction nel triennio 2006- 2008 ha continuato ad essere uno dei generi portanti della tv generalista.
Ma dal rapporto emergono anche delle criticità.
Nel 2009 la fiction nel suo complesso è in calo sulle reti più importanti, mentre i palinsesti delle emittenti più piccole sono saturi di fiction d’acquisto e a livello embrionale quella sui canali satellitari distribuiti da Sky.
La crisi pubblicitaria sta inoltre spingendo gli editori televisivi a ripensare le strategie di programmazione della fiction al fine di ottimizzare i costi. Dall’indagine si rileva un dato poco rassicurante per quello che riguarda l’esportabilità del prodotto audiovisivo ‘made in Italy’. La fiction italiana, infatti, ha ancora forti difficoltà a trovare sbocchi commerciali nei maggiori mercati europei.
L’interscambio di fiction con l’estero è pesantemente sbilanciato a favore delle importazioni, specie con gli Usa e i principali Paesi europei (la fiction italiana trova spazio principalmente nei mercati dell’Europa dell’est come in Ungheria e Repubblica Ceca) e ancora limitato è il mercato della produzione di fiction sui canali digitali.
La fiction italiana trasmessa è il 29,8% di quella americana, contro il 93% del Regno Unito, l’86% della Germania, il 41% della Spagna e il 39% della Francia.
L’output di nuove fiction di produzione italiana s’impoverisce (più di 100 ore perse fra il 2007 e il 2008) e in qualche modo si “arrocca” sulla prima serata delle emittenti maggiori. La fiction nazionale non sta conquistando pubblici diversi e fasce orarie diverse e l’industria si regge sostanzialmente sulle strategie di programmazione di prima serata di due canali. Il che rappresenta un forte elemento di rischio.
Il mercato della fiction appare restringendosi non solo se si guarda al numero delle ore prodotte ma anche relativamente al numero delle società impegnate. Se si considera solo l’anno solare 2008, le società attive sono state 36. Un numero in calo rispetto alle 46 del 2006 e le 41 del 2007. Poche sono le società che lavorano sia per Rai che per Mediaset.
Questo spinge gli editori televisivi a massimizzare la redditività del prodotto originale (e, in quanto originale, generalmente più costoso), ossia progettare una durata del prodotto che sia quanto più possibile aderente al periodo temporale di maggior affollamento della platea televisiva (fra le 21.00 e le 22.30. Di qui, l’intenzione espressa dagli editori di mettere in produzione formati di fiction da 60′ o 70′ invece che da 100′ .
La policy sulla produzione televisiva, nell’ultimo anno, ha registrato importanti iniziative sulle quote di programmazione delle emittenti e sulla gestione dei diritti di sfruttamento.
Per Francesco Gesualdi, presidente della Fondazione Rossellini, è necessario sostenere l’esportabilità del prodotto di casa nostra.
“Ecco perché la ‘Fondazione Roberto Rossellini per l’Audiovisivo’ della regione Lazio – ha detto – sta cercando di sensibilizzare mercati poco battuti come la Cina, i Paesi Arabi e l’America Latina per puntare all’internazionalizzazione della fiction italiana”.
“Una regione come il Lazio – ha continuato – che vanta ben 137 società di produzione di fiction attive, su 219 in Italia, e dove hanno sede 436 delle 857 società dell’audiovisivo, che vantano un fatturato di 945 milioni di euro, ha quindi deciso di investire un numero più congruo di risorse sull’audiovisivo impegnandosi maggiormente per cercare di valorizzare i propri prodotti, rendendoli di più facile esportazione verso i nuovi mercati”.
“In poco più di 10 anni – ha detto Fabiano Fabiani, presidente dell’Apt (Associazione Produttori Televisivi) – il fatturato di quest’industria ha raggiunto il milione di euro, ma il passo ulteriore è un’internazionalizzazione attraverso un sistema negoziale equo”.
Un mercato che quindi potrebbe migliorare con il nuovo regolamento sull’attribuzione dei diritti residuali (i diritti sui diritti) con l’istituzione di codici di condotta (sul modello dei Code of Practice in vigore sul mercato britannico) per disciplinare i rapporti contrattuali fra produttori e broadcaster, una delibera ‘storica’ dell’Agcom e che potrebbe accrescere le opportunità di sviluppo dell’industria.
“Una delibera – ha ricordato Fabiani – molto attesa ma soddisfacente solo in parte visto che nega il retroattivo dei diritti, un aspetto che come associazione intendiamo contrastare”.
Fabiani ha aggiunto: “La ricerca che presentiamo oggi fotografa lo stato di un’industria di contenuti fiorente, non assistita da finanziamenti pubblici e che rappresenta, nel complesso, un fatturato di quasi un miliardo di euro, risultato raggiunto in poco più di 10 anni. Le imprese italiane – ha sottolineato – dovrebbero ora poter compiere un passo ulteriore e decisivo per il loro consolidamento e verso l’internazionalizzazione attraverso un sistema negoziale equo e che consenta loro di commercializzare i propri prodotti all’estero”.
Emerge, però, fra le principali criticità, la lacuna comunicativa che riguarda l’adempimento degli obblighi d’investimento. L’assenza, cioè, di documenti pubblici sui quali rilevare gli investimenti in opere europee e di produttori indipendenti, oltre le comunicazioni fra i soggetti interessati e l’Autorità, anche al fine di un’analisi più compiuta del mercato e delle sue evoluzioni.
La ricognizione sulla fiction originale domestica trasmessa sui canali e le piattaforme digitali indica, infine, volumi di offerta ancora ridotti a conferma di un mercato in fase embrionale e che trova spazio solo sui canali satellitari distribuiti dalla piattaforma Sky. La domanda è trainata quasi esclusivamente da editori americani, parte dei quali di proprietà dell’operatore satellitare (Sky Cinema e Fox Channels).
Il basso livello di investimenti attualmente a disposizione (con le eccezioni dei progetti di Sky Cinema) ha indotto gli editori dei canali digitali a sostenere nei primi anni di sviluppo progetti low budget privilegiando la serialità, utilizzando telecamere digitali in alta definizione e puntando al momento su pezzature minime e un elevato numero di episodi o puntate, sfruttabili anche su più piattaforme di fruizione.
L’allargamento della domanda proveniente dall’ambiente digitale, oltre a soddisfare i gusti più raffinati delle platee televisive a pagamento, potrebbe fornire uno stimolo per Rai e Mediaset per avviare scelte editoriali differenti rispetto a quelle sinora praticate, all’insegna di una collaborazione più stretta con vecchi e nuovi fornitori di contenuti, uno stimolo ad accrescere la qualità e la competitività dei prodotti, permettendo di fare scelte più coraggiose, rivolte a fasce di pubblico più giovane. Nel tempo le produzioni originali di fiction programmate dai canali satellitari potrebbero dar vita ad una competizione virtuosa, in grado di produrre ricadute positive sulla creazione e sul consumo
di fiction in ambiente generalista.
A margine della presentazione alla stampa di ‘Nebbie e delitti 3’, quattro film tv in onda su Raidue da oggi, in cui Luca Barbareschi impersona il commissario Soneri, il deputato del Pdl e Vice Presidente Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni, ha commentato che “…sulla fiction non si deve risparmiare troppo, si rischia di avere poi un prodotto scadente, se non proprio veder scomparire il genere”.
Nell’occasione Barbareschi ha parlato di televisione in generale, di fiction, sottolineando che “questa (la Rai, ndr) è un’azienda strana, piena di insidie come la jungla. Come produttori siamo molto orgogliosi del prodotto fatto. Per fare della buona fiction non bisogna tagliare i costi, un buon prodotto ha un costo industriale, anche un imbecille capisce che non si può fare qualcosa con risparmi eccessivi. Il rischio, in tal caso, è quello che si sia costretti ad abbassare la qualità. La Rai è in un momento particolare: ci sarà un cambiamento, la raccolta pubblicitaria nei prossimi cinque anni sparirà dalla televisione generalista, e allora o si vanno a cercare risorse o si faranno prodotti sempre più scadenti“. La sceneggiatura “ha dei tempi ben precisi, l’investimento sul prodotto è fondamentale. Diversamente si rischia il prossimo anno di non avere fiction. Oggi stiamo raschiando il barile e presto avremo un prodotto molto basso”. E a proposito di risorse da trovare, “altro che non pagare il canone di abbonamento, andrebbe invece raddoppiato”.
Rapporto 2009 sul Mercato della fiction italiana nel contesto internazionale
Il 6 ottobre 2009, a Roma, ore 9.00 – 13.30 appuntamento per il workshop
“Liquidi, veloci, mobili: contenuti digitali e risorse della conoscenza“.
Promosso dalla Fondazione Luca Barbareschi e organizzato da Key4biz, con il sostegno di Eutelsat.
Parteciperanno i rappresentanti di istituzioni, imprese, enti di ricerca, esperti.