Internet in progress: Web al Quadrato ovvero la nuova direzione del web e delle applicazioni mobili

di di Giuliana Guazzaroni |

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Sono trascorsi cinque anni dalla prima conferenza sul Web 2.0 (ora Web 2.0 Summit). Tim O’Reilly, considerato il padre del Web 2.0, offriva in quell’occasione una lungimirante visione del Web. Uno sguardo ampio che gettava luce sulla rete, quella rete che aveva resistito all’implosione dell’industria delle Dot-com e che emergeva con prepotenza.

 

Nel corso degli anni, le riflessioni di O’Reilly si sono rivelate corrette e sono state applicate anche a settori che nel 2004 potevano esistere solamente nell’immaginazione.

 

Attualmente, stiamo vivendo una rivoluzione differente che si manifesta, per fare l’esempio più evidente, nelle interfacce degli smartphone. Un’evoluzione che ci ha resi ubiqui, portando il Web dalla scrivania alla mobilità del nostro taschino.

 

Le applicazioni dell’Intelligenza collettiva, uno dei concetti chiave del Web 2.0, non si riferiscono più esclusivamente al pubblico attivo della rete, ma anche ai sensori. I telefoni intelligenti, le videocamere sono diventati occhi e orecchie che ci geolocalizzano e colgono i nostri movimenti, i nostri sguardi. I dati vengono raccolti, rielaborati, ristrutturati in tempo reale. Dati che sono sempre più generati dall'”Internet delle Cose” (Internet of Things), oggetti connessi direttamente al Web. La crescita degli utenti e dei sensori porterà, come conseguenza, a un numero maggiore di applicazioni e di piattaforme. Una rete che si dipana attraverso applicazioni in grado di servire più intelligentemente gli utenti utilizzando i metadati generati da questi stessi.

 

Il risultato è che le opportunità del Web stanno aumentando in maniera esponenziale e non più aritmetica. Tim O’Reilly e John Battelle hanno coniato un nuovo neologismo: “Web Squared”, ovvero “Web al Quadrato”, e secondo la loro visione questo sarà insieme un Web semantico, un Web sociale, un Web mobile, ma anche qualcosa di più. Brian Solis, un protagonista della Silicon Valley, ha di recente dato commiato alla Realtà Virtuale (Virtual Reality) in favore della Realtà Aumentata (Augmented Reality) o del Web al Quadrato (Web Squared). Questa sarà la nuova direzione del Web e delle applicazioni mobili e non. Una realtà che ci conduce a una forma ibrida di Web. Il nome di questa nuova rivoluzione non sarà Web 3.0, come sottolineato da Tim O’Reilly e John Battelle. Si tratta di Web al Quadrato, secondo O’Reilly, o di Realtà Aumentata, una visione, diretta o indiretta, di un ambiente reale i cui elementi sono integrati, o aumentati, con raffigurazioni generate in tempo reale dal computer. La realtà appare completata da elementi virtuali che donano all’utente un’esperienza in cui i contenuti web si animano nell’ambiente.

 

Nelle ultime settimane sono state sviluppate diverse applicazioni di Realtà Aumentata per piattaforme mobili, come , per esempio, Metro Paris Subway, London Bus Application, Yelp’s Monocle ecc.

 

Nonostante la recente popolarità del termine, il concetto di realtà Aumentata si è sviluppato già da alcuni anni e ha trovato applicazione in alcuni settori specialistici (educazione, chirurgia, edilizia, meteorologia, applicazioni belliche ecc.).

 

Un esempio di esperienza educativa, attraverso la realtà aumentata, è presente all’Arts Center di Christchurch in Nuova Zelanda. In questa struttura si trova un sotterraneo apparentemente vuoto. Un sotterraneo simile a molti altri che, ciò nonostante, offre un’esperienza unica ai visitatori. Entrando si ode una voce che chiede di inoltrarsi nel buio. Non appena ci si avvicina alla zona più scura della stanza l’immagine di un anziano prende forma muovendosi. L’uomo si gira e guarda gli ospiti mentre racconta quando, più di cento anni addietro, lavorava in quello scantinato buio. Si tratta di Ernest Rutherford, premio Nobel per la fisica e la stanza rappresenta il luogo nel quale compì la sua prima ricerca da studente all’Università di Canterbury. In questo caso la realtà è arricchita da elementi virtuali che possono essere visti attraverso l’uso di interfacce come un diplay applicato a un casco.

 

Altri esempi, di Realtà Aumentata sono stati sperimentati nella scuola attraverso interfacce per il lavoro collaborativo (The Studierstube Collaborative AR Interface). Con un’interfaccia di Realtà Aumentata, un gruppo di apprendenti può sedere attorno a un tavolo e visualizzare nel centro, allo stesso tempo, un oggetto virtuale che fluttua. L’oggetto potrebbe essere il risultato di un processo di conversazione, di collaborazione, qualcosa, secondo alcuni, di più simile al processo di costruzione della conoscenza che si ha in una conversazione faccia a faccia. Un processo più naturale di quanto possa esserlo un progetto costruito esclusivamente davanti allo schermo di un computer.

 

Una realtà ibrida, un’esperienza al quadrato che amplifica l’ambiente circostante e che si sta imponendo come il futuro prossimo della quotidianità che ogni cittadino vivrà, più o meno consapevolmente, nell’esporsi ai sensori delle città, o a un qualche dispositivo intelligente. 

   

 

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