Unione Europea
L’Unione europea deve adattare la sua normativa sui diritti d’autore, ancora “troppo frammentata“, alle esigenze dell’era digitale, soprattutto per quanto riguarda i libri che non vengono più stampati e quelli rimasti ‘orfani’ del loro autore. Questa la posizione espressa dai commissari Ue per le comunicazioni e il mercato unico, rispettivamente Viviane Reding e Charie McCreevy, davanti all’incalzare di Google e della sua biblioteca online Google Book Search.
Tra oggi e domani i due commissari avranno una serie di incontri a quattr’occhi con tutte le parti interessate per discutere delle problematiche legate alla digitalizzazione dei libri. Presenti anche direttore di Google, Bruno Racine, presidente della Bibliothèque de France, Arnaud Nourry, responsabile della casa editrice Hachette, Monique Goyens, direttore generale dell’Ufficio europeo delle unioni dei consumatori, e i rappresentanti delle associazioni europee degli editori di giornali e riviste.
Punto di partenza dei colloqui è l’accordo raggiunto – limitatamente agli Stati Uniti e ancora in attesa di validazione del tribunale Usa – tra Google e i detentori dei diritti d’autore.
L’intesa – già giudicata non applicabile in Europa dalla Federazione degli editori europei – prevede la compensazione dei titolari dei diritti delle opere scannerizzate, ai quali andrà anche il 63% degli utili ricavati da Google dall’uso commerciale delle stesse opere.
Con le audizioni di questi giorni la Commissione Ue , si legge in una nota, vuole individuare una “soluzione europea” della questione “nell’interesse dei consumatori” e nel rispetto delle norme sul copyright. Trovando formule che consentano di procedere alla digitalizzazione del patrimonio letterario europeo attraverso quelle sinergie tra pubblico e privato ‘necessarie per portare avanti questo sforzo erculeo’.
Un portavoce di Google, in risposta alle preoccupazioni degli editori italiani, ha dichiarato: “Riconfermiamo il nostro impegno a prestare attenzione a tutte le preoccupazioni espresse dall’AIE e a impegnarci seriamente per offrire una risposta. Il nostro obiettivo è e rimane quello di dare nuova vita a milioni di libri difficili da trovare e fuori commercio, nel rispetto del copyright“.
La società in audizione a Bruxelles ha fatto sapere che, in attesa di negoziare un accordo con gli editori europei simile a quello già raggiunto negli Stati Uniti per circa sei milioni di libri ormai introvabili per i consumatori, i libri ormai fuori stampa negli Usa, ma ancora in vendita sui mercati europei, verranno rimossi dal catalogo digitale di Google.
‘Le parti coinvolte nell’accordo hanno inviato una lettera a diverse associazioni di editori europei per chiarire che i libri che sono ancora in commercio in Europa verranno considerati come tali e resi disponibili agli utenti statunitensi solo nel caso di autorizzazione da parte delle persone che ne detengono i diritti’. Contro l’accordo si erano schierati la Commissione europea, Amazon, Microsoft e Yahoo!.
A conferma di ciò, proprio stamani Google, rivela il Financial Times, sarebbe pronta anche a fare ‘sostanziali concessioni’ agli editori europei. In discussione l’accordo transattivo per chiudere la class action con le associazioni di autori ed editori americani per il servizio Book Search. La prima udienza della Corte di New York è prevista il 7 ottobre.
Google, a quanto scrive il quotidiano citando una lettera inviata ad almeno 16 editori europei, avrebbe acconsentito a includere due rappresentati non americani nel comitato di controllo che dovrà amministrare il settlement (l’accordo transattivo). Nella lettera sarebbe anche contenuto l’impegno a consultare ogni editore europeo prima di decidere di catalogare nella sua biblioteca digitale una sua opera. Nessun accenno invece alle accuse, mosse soprattutto dalla Germania, relative al fatto che il “settlement”, e l’intero progetto di digitalizzazione, violino le leggi europee sui diritti d’autore.
Contro il progetto di Google ci sono resistenze non solo in Europa ma anche negli Stati Uniti. Oltre a singoli autori ed editori si è schierato anche un ‘cartello’, la Open Book Alliance , che al suo interno vede editori, autori e altre imprese attive sul fronte dell’informatica e delle vendite online (Amazon, per esempio) e che intende contrapporre a Google Books un programma di digitalizzazione alternativo, la biblioteca online no-profit “Archive”, che sino a oggi ha già digitalizzato 50.000 libri. Il settlement, spiegava giorni fa l’Associazione italiana editori, prevede che Google possa digitalizzare e vendere in diverse forme le opere fuori commercio a meno che gli autori o gli editori non dispongano diversamente registrandosi in un apposito Registro.
“Ciò viola in più parti la Convenzione di Berna sul diritto d’autore – si legge nel testo inviato alla Corte – che stabilisce il consenso preventivo per qualsiasi utilizzo delle opere e che la tutela prescinda da qualsiasi registrazione”. Google, dal canto suo, in vista della scadenza di oggi, è andata al contrattacco reclutando una serie di voce in suo favore. Si tratta di autori, gruppi per i diritti civili, ecc., che in nome della libertà di “accesso” al sapere difendono l’operazione di Google.
“L’accesso alla conoscenza significa una vera uguaglianza di opportunità in una società democratica”, dice Wade Henderson presidente e amministratore delegato della Leadership Conferenxe on Civil Rights. A favore di Google anche la United States Association : “Con GoogleBooks – riferisce il presidente dell’associazione Gregory Cendana – tutti gli studenti in qualsiasi luogo degli stati uniti potrà avere i più grandi libri del mondo a portata di mouse…”.
Ma gli editori restano sulla loro posizione. “Siamo di fronte – sosteneva sempre l’Aie – a un accordo privato che di fatto istituisce un regime speciale di gestione dei diritti a favore di una singola impresa. Il che è senza precedenti, in quanto le eccezioni del diritto d’autore sono sempre stabilite invece dalla legge e a favore del pubblico, non di un singolo. Un regime di questo genere genera rischi concreti di creazione di un monopolio nell’editoria elettronica libraria. Qualsiasi concorrente di Google, infatti, dovrà continuare a chiedere le dovute autorizzazioni. Chi potrà competere con il gigante di Mountain View, che già può sfruttare le sinergie con il suo motore di ricerca per acquisire visibilità?”.
In un’industria culturale, sostenevano gli editori italiani, il monopolio ha conseguenze non solo economiche. Una clausola del Settlement, denunciata con forza nei dossier Aie, attribuisce a Google un potere totalmente discrezionale di escludere i libri non graditi. La prospettiva di un monopolio associata a un incondizionato potere censorio deve preoccupare non solo gli editori.
Infine Aie, in quanto coordinatore del progetto Arrow che in Europa sta affrontando i problemi della gestione tecnologica dei diritti per le biblioteche digitali, è stata incaricata dalla Federazione europea degli editori di svolgere un’analisi tecnica dettagliata delle modalità di gestione dei dati sui libri.
“L’approccio di Google è totalmente diverso dal nostro – ha spiegato Piero Attanasio, direttore tecnico di Arrow – Sorprendentemente, invece di utilizzare a pieno le tecnologie di rete, hanno deciso di accumulare in un’unica banca dati centrale oltre 60 milioni di record, di fonti diverse, combinati in modo non trasparente”.
E un’indagine dell’Aie ha rilevato tassi di errore fino all’81% nella corretta individuazione della disponibilità commerciale dei libri. (Tutti i dati e i rilievi sono visibili sul sito)
L’accordo transattivo tra Google e gli editori e autori Usa prevede che un’opera possa essere digitalizzata, a meno che gli aventi diritto non dispongano diversamente, se non è più in commercio.
“Se però un’opera è stata edita in più edizioni nel tempo – spiegano gli editori italiani- è sufficiente che una sola di esse sia in commercio perché l’opera sia classificata come tale”.
E dunque l’Aie ha analizzato 274 opere scritte da 18 importanti autori di letteratura del nostro ‘900 (tra cui Bassani, Calvino, Camilleri, Eco, Fallaci, Cesare Pavese): nell’81% dei casi (222 su 274) esiste almeno un’edizione dell’opera che Google considera fuori commercio e che l’accordo gli consente a quel punto di digitalizzare. A meno che autori, agenti o editori non correggano l’errore.
In altre parole per 8 testi su 10 esiste il rischio concreto che l’opera sia digitalizzata e inserita nell’offerta commerciale di Google sul mercato Usa, senza autorizzazione degli aventi diritto. L’errore aumenta per gli autori classici, rispetto ai bestseller di oggi (protetti da contratti migliori, forse) e Google, secondo gli editori italiani, sbaglia la determinazione nel 100% dei casi per scrittori come Bassani, Soldati e Tomasi di Lampedusa, ma anche per Dario Fo, ancora attivo.
Tra i 7 milioni di libri che Google ha già digitalizzato, poi, le opere fondamentali del 900 italiano sono già quasi tutte presenti (il 91%). Ma in questo caso, protestano gli editori, la determinazione di un’opera come fuori commercio non riguarda la digitalizzazione, già avvenuta, ma gli usi commerciali che Google è autorizzato a farne. Una volta digitalizzato, infatti, un libro non è messo in rete a disposizione del pubblico (come molti credono) ma venduto online da Google o inserito in banche dati vendute in abbonamento alle biblioteche.
Ma c’è anche chi condivide l’opera di Google. Associazioni per i diritti civili, istituzioni che operano nel campo della disabilità e gruppi legati al mondo della didattica sostengono infatti l’accordo legale raggiunto per Google Books.
E hanno spiegato che l’alleanza del motore di ricerca con autori ed editori per acquisire il copyright su milioni di libri offre importanti benefici sociali, perché aumenta esponenzialmente le possibilità di accesso all’informazione anche per quelle fasce della popolazione meno benestanti e svantaggiate economicamente.
L’audizione dell’AIE alla Commissione Europea