Mondo
Nonostante l’Italia vanti il più alto tasso di penetrazione dei cellulari in aria Ocse, con 151 abbonati per 100 abitanti, utilizzare il telefonino costa di più che negli altri Paesi Ue.
È quanto emerge dall’ultimo rapporto Ocse, secondo il quale tra i 28 Paesi presi in esame, l’Italia è al 19° posto per chi fa un uso moderato del telefonino, al 20° per chi fa un uso medio, al 16° posto per chi ha alti consumi telefonici.
In sostanza, meno si usa il cellulare, più si paga: il Communications Outlook 2009 prende in considerazione tre tipologie d’usa del telefonino: uso moderato (360 minuti l’anno di conversazione, 396 sms e 8 mms); uso medio (780 minuti di conversazione, 600 sms, 8 mms) e uso ‘intenso’ (1.680 minuti di telefonate all’anno, 660 sms e 12 mms).
Gli italiani che rientrano nella prima categoria, i quali utilizzano il cellulare per poco più di un minuto al giorno, spendono in sostanza 195,23 dollari, contro i 50,31 dollari della Danimarca, i 60,31 della Finlandia e i 77,69 della Svezia.
Chi utilizza il telefonino per circa 2 minuti al giorno paga tre volte di più di un utente olandese e circa 1,6 volte meno di un americano. In questa categoria, l’Italia si colloca al 20° posto nell’Ocse, spendendo 394,26 dollari l’anno su una media di 317,77 dollari. Anche in questo caso il paese più ‘conveniente’ è la Danimarca, dove gli utenti ‘moderati’ spendono poco più di 131 dollari. Sempre ultimi gli Usa con 635,85 dollari.
Più bassi, invece, i costi per chi usa il cellulare per più di 4 minuti al giorno: in questo caso in Italia si spende 465,44 dollari, contro una media di 489,14 dollari. Sempre prima la Danimarca con una spesa media di 182,95 dollari; ultima la Spagna con 956,86 dollari.
Nell’area OCSE, le telecomunicazioni rappresentano un mercato di 1,2 miliardi di dollari e, anche durante la crisi il mercato ha continuato a crescere mediamente del 6% all’anno.
La telefonia, si legge nel Communications Outlook 2009, resta la maggiore fonte di reddito degli operatori nonostante la riduzione delle tariffe delle chiamate fisse e mobili: negli ultimi 18 anni, gli utenti hanno visto diminuire il prezzo dei servizi telefonici delle linee fisse private di circa l’1% all’anno, mentre i prezzi medi dei panieri per la telefonia mobile (un numero prestabilito di chiamate e messaggi all’anno) sono diminuiti del 21% per un utilizzo basso, del 28% per un utilizzo medio e del 32% per un consumo molto elevato su due anni.
Ciò dimostra, spiegano gli analisti, la capacità degli operatori di adattarsi ai cambiamenti del mercato e di generare nuovi flussi di reddito.
A trainare il mercato, la telefonia mobile e la banda larga, che nel 2007 hanno rappresentato il 74% degli abbonamenti complessivi ai servizi di comunicazione, mentre quelli alla telefonia fissa hanno subito un calo del 26%.
Nell’area Ocse, si registra un numero di abbonamenti ai cellulari pari a a 1,14 miliardi, equivalente a un tasso reale di penetrazione di 96,1 abbonati alla telefonia mobile per 100 abitanti.
La banda larga, continua il rapporto, rappresenta oggi il metodo di accesso fisso più diffuso in tutti i paesi OCSE. Nel 2005, le connessioni dial-up rappresentavano il 40% delle connessioni a Internet, ma solo due anni dopo erano scese al 10%. Il Dial-up è praticamente scomparso in Corea, dove oggi rappresenta meno di due connessioni Internet su mille.
Il DSL è la tecnologia a banda larga dominante, con il 60% degli abbonamenti nel giugno 2008. Le connessioni via cavo rappresentano il 29% e quelle a fibra ottica il 9%. Il 2% restante delle connessioni avvengono tramite linee fisse senza fili, satellitari o a banda larga elettrica.
Il
I costi della banda larga, inoltre, continuano a diminuire: tra il 2005 e il 2008, i prezzi sono scesi in media del 14% per il DSL e del 15% per le connessioni via cavo.