NewTv: i 10 segreti per farsi sponsorizzare un web show

di di Andrea Materia |

Italia


Rex Tv

§§§ All’ultimo LA TV Fest, durante la tavola rotonda ormai immancabile a questo genere di eventi sull’online video, un prestigioso drappello di inserzionisti e dirigenti di concessionarie di pubblicità d’Oltreoceano ha stilato una sorta di decalogo per chi vuole cimentarsi nella caccia all’oro del prossimo decennio: trovare sponsor per web fiction e web show. Secondo il resoconto di Business Week, i dieci segreti sono…

 

1. Pensare come un uomo di marketing. Banale: è scontato che non abbia senso proporre creatività in cambio di soldi, senza offrire un prodotto in linea con i desiderata di chi i soldi li sgancia. In alternativa, ammesso possiate permettervelo, suggerirei di seguire la “strategia Ridley Scott“: affidarsi armi e bagagli a un’agenzia specializzata, e lasciare che siano le trattative in corso a influenzare le vostre scelte artistiche. Dove va il product placement, andrà anche la vostra trama.

 

2. Pensare “dentro” e non “intorno”. Le grandi aziende non sono interessate ad acquistare generici spazi in testa o coda o in sovraimpressione al vostro rivoluzionario webserial. Vogliono integrazione del loro brand nella storia. Nell’ipotesi estrema, assorbendo l’intera produzione (pensate alla Lexus con Web Therapy).

 

3. Pensare in maniera sociale. Sembra quasi ridondante, ma se guardo in giro i video portali italiani e vedo quanti ancora non hanno neppure i bottoncini base per sharare le clip nell’ecosfera del Web 2.0, forse non è poi così ridondante. Ah, dimenticavo: non limitatevi a Facebook, e date una chance a Twitter, perchè mi dicono che anche in Italia sta sfondando – si è passati da meno di 100.000 a mezzo milione di iscritti in un semestre – e a prescindere il microblogging (Twitter non è un social network, o quantomeno non è solo quello, è una piattaforma di microblogging) si sposa a meraviglia con gli smartphone, e lo Stivale è una nazione mobile-driven.

 

Singledom Trailer

4. Pensare alla distribuzione. Non basta piazzare 1 o 2 filmati su YouTube, che peraltro potrebbe non essere la piattaforma più performante per determinate nicchie, così come La 7 con il suo 3% può giovare a determinate trasmissioni più del 23% di RAI 1. Nell’ottica del pubblicitario americano è determinante il roll out plan, con precise indicazioni sulla quantità totale e il ritmo di pubblicazione online delle puntate. Potreste scoprire che 3 puntate di uno spettacolo stellare con nani e ballerine non interessano, il web non è la TV generalista, mentre 30 puntate di basso profilo di un talk show tematico sugli orologi sono appetite perché fidelizzano un pubblico di segmento.

 

5. Pensare al tuo sponsor al di là del marchio. Se insegui una multinazionale di saponette, con ogni probabilità la chiave non è vendere una fiction sulla diciottenne più pulita del Mediterraneo, ma vendere una storia che catturi il cuore femminile. Una storia di guerra magari. Ovviamente minimalista, nulla di epico e costoso. Una storia triste, romantica, per paradosso “sporca”. Una storia interpretata da donne volitive che coincidano con il target a cui mira il tuo ambito saponettaro. Morale della favola: bisogna allocare tempo per fare ricerche sul profilo dei tuoi possibili inserzionisti.

 

6. Pensare alle peculiarità delle varie industrie. Il rovescio della medaglia del punto 5, attenzione ai paletti che possono importi. Inutile proporre a un’azienda di giocattoli un webserial action, strafigo e  supereroistico, con uno sproposito di effetti speciali, e poi l’eroina principale è una nota escort. Di sicuro si guadagnano le copertine dei rotocalchi, ma si perdono le simpatie dei genitori, e sono quelle più care all’azienda di giocattoli (di norma; l’Italia in effetti ha regole tutte sue…).

 

7. Pensare a coinvolgere lo sponsor sin dal giorno zero. I casi più eclatanti di product placement nel 2008/2009 sono a tutti gli effetti contratti di co-financing. Prendete In The Motherhood, una webcomedy per mamme che non sarebbe neanche stata scritta se non avesse ricevuto sin dalla genesi la copertura finanziaria di cosmetici e cellulari (in fondo le mamme tengono i cordoni della borsa, no?).

 

8. Pensare alle celebrità del web. Un trucco sempre più impiegato: reclutare blogger di grido o volti diventati famosi su YouTube per garantirsi da subito un importante numero di click. Un’alternativa interessante è inserire nel cast un’attrice dal cachet contenuto ma ritenuta cult tra i navigatori. Caso di scuola: la tarantiniana Zoe Bell in Angel of Death.

 

9. Pensare a posizionarsi sul mercato. Inseguire chi non vuole essere inseguito è defatigante, l’ideale è operare in un regime di frequenti RFP (request for proposals; in succo, quando ti chiedono un preventivo). Ma questo sottintende aver raggiunto uno status di notorietà nel settore; quindi, per proprietà transitiva, sarebbe più facile trovare sponsor dopo aver già prodotto, a lungo, contenuti web-exclusive di qualità e popolarità senza sponsor. Sarebbe più facile in teoria, è chiaro. Nella pratica persino la EQAL di lonelygirl15 ha girato dentro casa solo per una manciata di mesi, passando ben presto a produzioni più costose e attività di service d’alto livello. Si può vivere a costo zero, ma per poco.

 

10. Pensare al Ritorno dell’Investimento (ROI). Alla fine dei giochi, è un calcolo matematico. Se chiedi 10.000 euro significa restituire indietro un valore almeno equivalente in termini di diffusione del messaggio pubblicitario, rispetto alle alternative tradizionali possibili. Ovvio, qui sorge il problema di come determinare il valore dell’engagement marketing e di tutti quei parametri non-quantitativi di successo pubblicitario entrati nella catena del valore con il Web 2.0.

 

§§§ Spostandoci dai decaloghi ai set scenografati, questa è rivolta a RAI Fiction: a quando un capostruttura delegato alla produzione di seriali per il web? Nell’attesa (biblica?) di movimenti sostanziali tra Roma e Milano, dagli States Fox Television lancia il suo braccio digitale 15 Gigs che debutterà con il dramedy Tease [inutile mettere link perché tanto già il trailer dall’Italia non è visibile per le solite questioni di copyright e filtri geografici]. Creata dal team de La Tata la serie si annuncia appetitosa per chi ha sempre bramato sapere cosa si dicono le spogliarelliste dietro le quinte… Tease, rilasciato contemporaneamente su Hulu e YouTube – quindi gratis, si intende per gli americani – partirà il 6 Agosto, per poi proseguire a cadenza settimanale. Fa parte di un lotto di 6 serie originali per il web prodotte da 15 Gigs, il cui brand nome è un gioco di parole sui leggendari “15 minuti di gloria” di warholiana memoria. Nel pacchetto anche nuovi episodi del notiziario satirico The Skinny: Fat-Free News.

 

Tra parentesi, 15 Gigs esiste già da tempo come “pensatoio” 2.0 degli studios Fox, e in quella forma aveva sviluppato diverse webfiction di modesto impatto virale (When Ninjas Attack, Slacker P.I., The Iceman Chronicles e Singledom); ora che evolve come realtà indipendente e autonoma è presumibile ipotizzare un parallelo sforzo di marketing da parte della casa madre. Del resto, la logica dell’operazione è di costruire un catalogo di format ad alte potenzialità di sfruttamento convergente multipiattaforma, con un ritorno dell’investimento a mix parcellizzato (tot % di monetizzazione dallo streaming, tot % da iTunes e dvd, tot % dall’eventuale “ri-trasmissione” sui canali TV tradizionali a palinsesto lineare). Per raggiungere quest’obiettivo, non si può prescindere da un’adeguata campagna promozionale, il che significa sia risorse finanziarie che risorse umane dedicate.

 

Naturalmente, da una major ci si attende un impiego di mezzi un po’ più pesanti della semplice paginetta su Facebook. Quella va bene per le auto-produzioni, come insegna l’ex-VJ di MTV USA, ex-rapper ed ex-divetto hardcore Simon Rex, che insieme al producer veterano Guy Shalem ha scelto proprio Facebook in queste settimane per attivare il passaparola sul suo progetto pilota Rex, una sitcom da 23 minuti e circa 50.000 dollari di budget sul subverso dei tabloid e degli scandali gossippari. Co-protagonista di Rex è (ugh) Paris Hilton, già fidanzata del nostro assai dinamico veejay. Se troverà finanziatori e una sponda televisiva dopo l’esordio facebookiano, sarà Rex il primo TV serial figlio dei social network?

 

§§§ Sempre restando in tema di audiovideo Net-originale, espandiamo i numeri pubblicati la scorsa settimana qui su NewTV relativi agli esborsi dei venture capital USA in start-up di online video con uno sguardo a 5min. La società metà newyorchese e metà israeliana fondata da Ran Harnevo ha appena ricevuto 7.5 milioni di dollari nel suo secondo round di finanziamenti, portando il totale soldi in cassa a 12.5 milioni in due anni. Ancora una volta insisto, è inutile raccontarci favolette: per essere competitivi sui mercati internazionali nell’era della NewTV il Sistema Paese deve individuare denaro contante da far fluire copioso verso chi innova e sperimenta, anche quando non è immediatamente evidente il modello di business. Se invece nella direzione del cambiamento – e dunque del rischio – arrivano solo spiccioli e diffidenza, poi non stupiamoci se perdiamo tutte le posizioni acquisite nei media nella seconda metà del ‘900. Così siamo destinati a perdere e basta.

 

Prendete 5min. Si tratta di un portale per il video sharing tematizzato sugli how-to; li aggrega e funge da syndication per sottodistribuirli a siti interessati a contenuti video ma privi di proprie sorgenti di approvvigionamento. Le declinazioni sono pressocchè infinite: dal portale di letteratura inglese che vuole un video tutorial sul teatro shakespeariano all’e-commerce per palestre che ha scoperto di incrementare il fatturato affiancando clip di esercizi ginnici allo shopping di attrezzature per tenersi in forma senza spostarsi dalla camera da letto… Idea brillante, dunque, ma per nulla inedita. Già ci sono, nello stesso comparto delle videoguide, decine di rodati concorrenti, tra cui Howcast, WonderHowTo, Howstuffworks, eHow, Lifehacker, VideoJug, Monkeysee, Mahalo, Mindbites e Marthapedia. Dalla sua 5min ha risultati d’avviamento invidiabili, tra cui 100.000 clip in archivio, 200 siti clienti, e 14 milioni di views all’anno. Per crescere però entrano in ballo i fondi e gli investitori.

 

Mettere in piedi una 5min non è tecnologicamente impresa ardua; non servono neppure strabilianti software proprietari, basta affidarsi alle molteplici soluzioni su licenza per il netcasting. La banda non è più un ostacolo insormontabile, non lo è per YouTube, non lo è per nessuno; peraltro nello specifico di 5min, agendo da syndicator e non da destinazione, il consumo di banda è limitato. Il problema è spendere in diritti, spendere in pubblicità B2B/B2C, spendere in un team competente e motivato a lungo termine. O se preferite, il problema è potersi permettere di spendere per dare continuità alla baracca e tramutare una buona idea da test a processo industriale.

 

§§§ In chiusura, un’interessante novità nei metrics per misurare l’efficacia del web nel business cinematografico (per approfondimenti invece sui metrics dello streaming in generale cliccate qui). Da un paio di settimane Variety e Visible Measures hanno inaugurato la Weekly Top Ten Online Film Trailers Chart, la classifica dei trailer più visti su Internet compilata raccogliendo dati da oltre 150 piattaforme di online video (da YouTube giù giù a scendere).

 

Leggendo la presentazione del servizio pubblicata sul blog di Visible Measures emergono una serie di conferme statistiche a quanto già noto semplicemente attivando il fattore “sale in zucca” e un pizzico di “intuito unito ad analisi empirica”. Ad esempio si apprende che i trailer dei film in uscita sono tra i campioni della webviralità. Rappresentano circa il 15% del totale video con oltre 100 milioni di views [per forza, i trailer sono per natura di breve durata, immediata shareabilità, legati a titoli attesi e di forte impatto visivo]. Sempre intuitiva è la scelta di non considerare probante la classifica senza includere accanto alle views generate dai press kit ufficiali (trailer, teaser e interviste al cast uploadate dagli studios) quelle user-generate, come videorecensioni, vlogging, tributi, o banali ricaricamenti non autorizzati [mi scarico il trailer in HD dal sito Apple e lo riuploado sul mio canale personale YouTube).

 

Meno scontato, e di enorme interesse per i magnati di Hollywood, è invece la possibilità di comparare le performance dei trailer all’interno di uno stesso genere, per migliorare le previsioni di botteghino. In media le views dei trailer esplodono nei 7-10 giorni precedenti la premiere del film in sala (+300% rispetto al mese precedente). È quello il periodo da tenere sotto osservazione, mettendo a raffronto gli spettatori online dei trailer di pellicole con trama o attori affini e ovviamente di tutte le pellicole con la medesima data di lancio. Nel caso di Twilight, distribuito al cinema nel Novembre 2008, il trailer nei giorni pre-debutto conseguì un +1,800% rispetto alla media dei trailer degli altri lungometraggi in uscita. Un segnale inequivocabile di quello che poi sarebbe stato un week-end inaugurale da 70 milioni di dollari. Vedremo presto – la prima USA è a Ferragosto – se la regola sarà applicata anche a District 9, dominatore della chart di Variety e Visible Measures nella seconda metà di Luglio.

 

 

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