Rai-Sky: la Tv pubblica sulla piattaforma TivùSat o sui canali di Murdoch?

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo il pezzo a firma di Salvatore Morello.

Italia


Sky Tv - sede

Com’è strana la situazione che si è creata intorno alla presenza dei programmi RAI sulla piattaforma satellitare! Una cosa da trattare solo in ottica di costi/benefici, in senso lato però, è rapidamente evoluta in un evento pieno di contraddizioni, con oscuri risvolti politici.Provo a fare alcune considerazioni neutrali e di buon senso, allo scopo di fornire qualche elemento concreto di informazione ed aiutare il formarsi di un’opinione corretta fra i consumatori/utenti di RAI e, più in generale, fra i cittadini italiani che votano, pagano le tasse e vogliono servizi efficienti.  

Elenco alcune premesse che, non certo esaustive, sono però sicuramente fondamentali: 

* RAI trae i suoi introiti (grosso modo) per metà dal canone (quota della tassa statale di possesso di apparati di ricezione radio e televisiva) e per metà da pubblicità, sponsorizzazioni e simili. Il canone è giustificato dallo svolgimento di un Servizio Pubblico, per conto dello Stato, mentre gli introiti pubblicitari sono indotti dal successo e dalla diffusione dei programmi ai quali è appunto associato il finanziamento da parte degli inserzionisti.

* Gli sforzi di RAI, come di qualsiasi altra azienda, sono finalizzati ad acquisire la massima quota di mercato e, contemporaneamente ad allargare il mercato stesso, in modo che, anche a parità di penetrazione, cresca comunque il più possibile il numero dei telespettatori “attivi” (quelli cioè che effettivamente vedono i vari programmi).

* Il Servizio Pubblico è affidato dallo Stato a RAI mediante un Contratto di Servizio, che stabilisce i criteri, definisce gli obblighi del Concessionario (RAI), pone vincoli e parametri di riferimento per misurare l’adempienza al Contratto.

* Naturalmente, il tutto deve operare nell’ambito delle leggi vigenti, nazionali ed europee, che regolano il mercato. 

Da queste premesse discendono molte considerazioni, ad esempio: 

RAI deve diffondere i programmi su tutte le piattaforme tecnologiche disponibili ( lo richiede il Contratto di Servizio).

In caso di piattaforme già esistenti, deve scegliere quelle che più rispondano ai criteri di cui al punto 2: maggior numero possibile di utenti raggiungibili e maggior numero possibile di utenti attivi (che sono “contati” con i sistemi a campione tipo Auditel).

Quando una piattaforma tecnologica esiste in teoria ed è standardizzata dagli Organismi internazionali preposti, RAI è tenuta a realizzarla e ad usarla: vedi la TDT (Televisione Digitale Terrestre), che fra l’altro è divenuta per legge obbligatoriamente sostitutiva di quella analogica classica. Anzi, come effetto di questa legge, una intera rete (la seconda, cioè RAI 2) è dovuta migrare sul satellite, prima ancora che fossero spenti gli impianti analogici (ed analogo corso ha dovuto compiere una rete del maggior operatore privato: Rete 4 di Mediaset).

  1. Già nel passato RAI ha applicato criteri analoghi, quando è salita prima sui satelliti di Eutelsat,  con i programmi generalisti “free” e poi sulla piattaforma  digitale a pagamento di SKY, dove è presente con le tre reti classiche (RAI 1, 2 e 3) ed anche con altri canali. In tal caso, gli utenti devono pagare un abbonamento a SKY, da cui ottengono parabola, decoder e molti canali “free”, fra i quali quelli di RAI.

  2. SKY, a sua volta, per arricchire la sua offerta ai suoi utenti di una piattaforma ampia, differenziata e capace di dare risposta alla maggior parte delle richieste, sta pagando a RAI un certo numero di milioni di euro l’anno per un certo numero di anni, come corrispettivo dei contenuti da essa forniti.

  3. Il passaggio dalla TV terrestre analogica a quella digitale, ha messo a disposizione un maggior numero di canali, nei quali RAI (e lo stesso vale per le TV private) ha inserito sia le tre reti classiche, sia altri programmi nuovi (esempio: RAI 4).

  4. RAI, con la cessione a SKY dei suoi programmi, ha ottenuto finora e con un sol colpo due obiettivi normalmente antitetici: ha aumentato il suo bacino di utenza e, invece di spender danaro per allargare il mercato, ha potuto addirittura aumentare gli introiti con i soldi provenienti dall’accordo con SKY.

  5. La TDT, purtroppo, per problemi tecnici contingenti, non assicura la stessa copertura di territorio della TV analogica, per cui, con lo switch-off (lo spegnimento dei trasmettitori analogici), circa 1,5 milioni di utenti sparsi nel territorio nazionale non sono/saranno più in grado di ricevere alcun programma RAI. Nasce quindi l’obbligo per RAI di fornire loro un’alternativa valida, immediata e la meno onerosa possibile: la piattaforma satellitare è la risposta a questa esigenza, universalmente riconosciuta come unica possibile.

Dalle premesse fatte e dalle considerazioni esposte, derivano delle conseguenze logiche, le cui più importanti sono: 

 I.      Continuando a mantenere la sua attuale presenza su SKY, RAI si trova ad aver già risolto i suoi problemi legati ai suddetti punti a, b, d, g, h.

 II.      Gli utenti, che hanno appena dovuto affrontare spese non indifferenti per passare alla ricezione della TDT (aggiornamento e miglioria degli impianti riceventi: revisione/sostituzione antenne, cavi, centralini condominiali, nuovi televisori o almeno nuovi decoder), non dovrebbero subire nuove spese. Infatti, grazie alla grande diffusione che ha ormai raggiunto la piattaforma satellitare di SKY, la stragrande maggioranza degli utenti RAI, che stanno rimanendo in ombra sulla TV terrestre, trovano compensazione nella ricezione di SKY già acquisita.

 III.      La piattaforma SKY è già in grado di trasmettere programmi in HD (alta definizione), che certamente rappresentano la futura evoluzione di qualità della fruizione della televisione.

 IV.      Finora RAI non è entrata nel settore della Pay TV, quindi non subisce concorrenza da SKY, che invece ha una sua robusta offerta in tal senso (a differenza di Mediaset che, invece, avendo già fortemente puntato su un’offerta pay sul digitale terrestre, deve competere con l’offerta pay di SKY sul satellite).

 V.      Mediaset ha perciò molte ragioni a cercare di ottenere una piattaforma satellitare digitale, con codifica adatta a programmi a pagamento, alternativa e concorrente con quella di SKY.

VI.      RAI, se con la sua partecipazione alla “avventura congiunta” Tivù dovesse abbandonare SKY, si troverebbe invece in una situazione esattamente rovescia rispetto a quella descritta nel punto g, ottenendo tre “batoste” con un sol colpo: perderebbe da subito un grosso bacino di utenza  (tutti gli abbonati SKY), perderebbe i soldi ricevuti da SKY (invece in notevole crescita nelle attuali ipotesi di rinnovo dell’ accordo), sta già impiegando soldi per costituire la nuova piattaforma Tivù SAT.

VII.      Gli utenti tutti dovrebbero comprare un nuovo decoder e modificare la parabola di ricezione e la distribuzione da essa alle prese TV.

VIII.      La disponibilità di questi nuovi apparati, ancora oggi inesistenti ancorché più volte annunciati, non potrà non essere graduale, lasciando così un buco temporale di non servizio inammissibile da tutti i punti di vista: logico, politico, contrattuale.

 IX.      La joint venture fra RAI, Mediaset e LA 7 non somiglia molto ad un “cartello”, tanto temuto quanto vietato in un corretto sistema di mercato libero?

 X.      Tanti italiani che vivono all’estero, in vari paesi d’Europa dove si riceve il satellite di SKY, acquistano in Italia un abbonamento a SKY e si portano fuori decoder e scheda, per poter vedere i programmi in italiano ed in particolare quelli della RAI, che altrimenti non si potrebbero ricevere in altro modo. Chi pensa a costoro, fra cui anche i famosi “cervelli” che non trovano in Italia un lavoro adeguato alla loro professionalità? Non ci si illuda che essi siano “serviti” dai programmi di RAI INTERNATIONAL!  

In definitiva, a parte considerazioni di tipo legale (normative antitrust, obblighi europei ecc.), mi pare comunque incomprensibile il perché RAI dovrebbe preferire la piattaforma Tivù SAT a quella di SKY, a meno di non ricorrere a “dietrologie” birichine e maliziose.

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