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Sarebbe stato riattivato in Iran il servizio sms, interrotto dall’11 giugno, il giorno prima delle contestate elezioni che hanno riconfermato alla presidenza l’ultraconservatore Mahmud Ahmadinejad.
Il servizio era stato interrotto per ‘creare tranquillità’ nel paese, dato a ridosso delle elezioni, gli sms sono stati lo strumento principale per l’organizzazione delle manifestazioni dei sostenitori dello sconfitto Moussavi.
Il condizionale è d’obbligo, visto lo stato di forte precarietà in cui versano le comunicazioni nel paese: fin dai giorni precedenti le elezioni, infatti, il governo ha oscurato i principali servizi di informazione nel tentativo di far arrivare all’estero il minor numero di testimonianze su quanto stava avvenendo sulle strade dell’Iran.
La notizia dello sblocco del servizio è stata riportata da diverse agenzie di stampa, tra cui Tabnak.ir, un sito conservatore considerato vicino all’ex comandante dei Pasdaran Mohsen Rezai.
Secondo quanto riportato dal sito, il servizio sarebbe stato ripristinato ma con notevoli problemi tecnici: le autorità, contattate dall’agenzia, non avrebbero voluto fornire spiegazioni riguardo il persistere di queste difficoltà.
Secondo i dati forniti dalle compagnie telefoniche iraniane, il numero di sms inviato quotidianamente è raddoppiato nei giorni prevedenti le elezioni, passando da una media di 55 milioni a 110 milioni: una temibile fonte di controinformazione, dunque, per Ahmadinejad che ha pensato bene di rendere inaccessibile la rete mobile mentre proclamava in televisione di avere ottenuto una grande vittoria.
L’ondata censoria – che ha tentato di arginare l’onda verde dei sostenitori dello sconfitto Moussavi – non si è abbattuta soltanto sui telefonini, ma anche sul web, sui giornali e sulle televisioni vicine all’opposizione.
E a quanto pare solo ieri il servizio di messaggistica ha ricominciato a funzionare, seppure con forti limitazioni, in coincidenza con la prima ammissione pubblica del blocco, finora strenuamente negato dagli apparati informativi del governo.
Ieri, infatti, Press TV, il canale in inglese della tv di Stato, ha ammesso per la prima volta che “…gli sms furono sospesi alla vigilia delle elezioni presidenziali del 12 giugno” e ha riportato le dichiarazioni del parlamentare Mostafa Kavakebian, secondo il quale gli oltre 20 giorni di sospensione del servizio hanno causato danni a Iran Telecom per 15 milioni di dollari.
La ripresa del servizio sms è sì positiva, dunque, ma non certo tranquillizzante: l’Iran è ancora blindato e su Twitter i ragazzi consigliano vivamente di evitare di usare il telefonino per inviare messaggi dal contenuto politico, al fine di evitare ripercussioni come quelle minacciate nei confronti dei blogger, a cui il governo ha consigliato di non postare contenuti in grado di creare ‘tensione’, pena l’arresto.
I giovani iraniani consigliano anche di ‘boicottare’ i servizi sms, per arrecare danno alla compagnia telefonica.
Nonostante le vessazioni subite in queste ultime settimane, i blogger e i ‘tweeters’ iraniani continuano a resistere e, seppure tra mille difficoltà, cercano di far arrivare fuori dai confini nazionali notizie su quanto sta accadendo nel paese.
Si teme però per una nuova recrudescenza della censura in vista dello ‘sciopero islamico’ che i sostenitori di Moussavi stanno organizzando dal 6 all’8 luglio, attraverso una forma di contestazione – Etekaf- che non infrangerebbe le rigide leggi islamiche.
Chi partecipa allo sciopero deve recarsi nelle moschee che diventano, così, il centro dello sciopero, non deve assolutamente lasciare la propria postazione nella moschea scelta e deve digiunare come nel mese di Ramadan, dall’alba al tramonto.
Dal paese, intanto, continuano ad arrivare notizie inquietanti: secondo Shirin Ebadi, giurista iraniana e premio Nobel per la pace, potrebbero essere più di 100 le vittime della sanguinosa repressione delle proteste contro l’esito delle elezioni.
Incerto il numero degli arrestati che per la Ebadi sarebbero 1200, per la polizia iraniana poco più di mille e per la Federazione internazionale dei diritti umani (Fidh) oltre 2.000, fra leader dell’opposizione, giornalisti, studenti, intellettuali e docenti universitari. Centinaia le persone che risultano ‘scomparse’.
Ieri, anche il Garante Privacy italiano, nel presentare la relazione annuale al Senato, ha sottolineato l’importanza del web e delle nuove forme di comunicazione – come i social network e Twitter – per la democrazia.
“Quanto sta accadendo in Iran – ha affermato il Garante Francesco Pizzetti – dimostra che su questi strumenti, e specialmente sui più innovativi, poggia una forma di resistenza democratica mai immaginata prima”.