Italia
“…Ogni giorno democrazia e diritti che in essa si radicano o sono globali o non sono”. E’ il parere del presidente del garante per la protezione di dati personali Francesco Pizzetti nella relazione annuale per il 2008 presentata stamani al Senato.
“Il fatto stesso – sostiene – che oramai tra i segni più evidenti di ogni reazione totalitaria siano il blocco di internet, la chiusura dei social network, gli ostacoli all’uso dei telefonini, ci dice che la frontiera della democrazia si intreccia strettamente con la libertà di accesso ai nuovi sistemi di telecomunicazione”.
Per Pizzetti, “le regole e le istituzioni del passato, le nostre antiche strutture democratiche, costruite sul nesso fra comunità, sovranità e territorio, sono sempre meno adeguate a fronteggiare il nuovo mondo”.
Quindi servono “regole comuni e condivise a livello planetario”.
Anche quest’anno il Garante è stato spesso impegnato nello sforzo di trovare il corretto bilanciamento fra due diritti fondamentali delle società democratiche: quello ad informare e ad essere informati, e quello a veder tutelata la propria riservatezza e la sfera più intima della vita privata.
Non pochi casi hanno riguardato la tutela della dignità delle persone, specialmente minori o vittime di reati, rispetto a un esercizio del diritto di cronaca esasperato e spesso non corretto.
“Siamo intervenuti per vietare la pubblicazione di dati e dettagli che rendevano facilmente identificabili i minori coinvolti, o le vittime di reati, specialmente a sfondo sessuale, compiendo così ulteriore violenza nei loro confronti”.
Il Garante ha quindi rinnovato un appello forte ai mezzi di informazione, perché siano sempre rispettati Codice deontologico, Carta di Treviso e soprattutto le regole della buona informazione.
A difesa della dignità delle persone, abbiamo raccomandato misura nelle riprese televisive di situazioni di degrado sociale, come nel caso dei campi nomadi, o di riprese sui comportamenti delle persone in stato di disagio. Questo non intacca affatto il valore delle inchieste di giornalismo televisivo condotte con equilibrio e evidenti finalità di buona informazione”.
Con lo stesso spirito, nel caso del delitto di Perugia il Garante ha vietato l’ulteriore diffusione di immagini televisive riprese dalla polizia giudiziaria e relative al corpo della vittima, trasmesse da televisioni locali nel disprezzo assoluto della dignità della persona.
Anche quest’anno non sono mancati casi di diffusione e pubblicazioni di intercettazioni telefoniche raccolte nell’ambito di attività giudiziarie ancora in corso.
Abbiamo più volte raccomandato, specialmente con riguardo a pubblicazioni annunciate ma non ancora avvenute, di effettuare sempre una valutazione rigorosa sulla sussistenza o meno di un effettivo interesse pubblico alla diffusione, rispettando scrupolosamente tanto le leggi quanto il Codice deontologico, e tutelando i terzi estranei.
Il divieto di diffusione di foto all’interno di abitazioni private
Pizzetti ha fatto riferimento anche alle foto di Villa Certosa che coinvolgevano il premier Silvio Berlusconi, pubblicate poi dal quotidiano spagnolo El Pais e riprese da altri siti internet italiani, spiegando che “siamo intervenuti due volte in merito a foto contenenti immagini di persone ritratte all’interno di Villa Certosa. Abbiamo vietato tali foto, in quanto sono stati utilizzati teleobbiettivi e sistemi intrusivi e sofisticati di ripresa e di trattamento delle immagini. In conformità all’indirizzo seguito non solo dalla Cassazione ma anche dalle Corti europee, e recentemente dalla Camera dei Lords, abbiamo ribadito che non è lecito riprendere, senza il loro consenso, persone all’interno di una privata dimora, compreso il parco e gli edifici che ne fanno parte, specialmente quando esse svolgono normali attività di vita sociale o di relazione”.
Il Garante ha quindi sottolineato che “questo è un principio che si applica a tutti, indipendentemente dalla notorietà, e che comporta la illiceità delle foto e il conseguente divieto della loro diffusione. Un principio che non viene meno neppure in ragione della qualità pubblica della o delle persone che abitano o frequentano una privata dimora”.
Contestualmente è stato invece confermato l’utilizzabilità delle foto relative a persone pubbliche, o di oggettivo interesse pubblico, riprese in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
Gli interventi nell’ambito del rapporto tra informazione e nuove tecnologie
Il Garante ha dovuto misurarsi più volte con i problemi legati all’informazione e all’uso delle nuove tecnologie: “in più di un caso si è verificata la pubblicazione di foto di persone, vittime di incidenti o di fatti di sangue, prese da Facebook senza alcun adeguato controllo e senza il consenso degli interessati, con la conseguenza che le foto riguardavano persone del tutto estranee. Questo ci ha messi di fronte alla pericolosità di un uso sprovveduto e disattento delle nuove opportunità della rete, tanto più grave perché condotto da operatori dell’informazione”.
Il Garante ha vietato la riproduzione delle foto, ed ha segnalato il fenomeno all’Ordine dei giornalisti e alla Federazione nazionale degli editori, chiedendo che fosse data adeguata diffusione alle nostre raccomandazioni.
Nuovo e di grande rilievo il problema della pubblicazione online degli archivi dei giornali e delle testate televisive.
Qualunque fatto del passato, purché contenuto in questi archivi, viene riproposto nel presente. Il che, collegato con i motori di ricerca e con la loro caratteristica di decontestualizzare le notizie catturate in rete, provoca problemi inediti, potenzialmente lesivi della vita delle persone. Il passato diventa un eterno presente e non vi è più possibilità di sperare che vicende anche dolorose, appartenenti ad anni lontani della esistenza di una persona cadano nell’oblio, confinate negli archivi tradizionali.
Il Garante è intervenuto più volte, su ricorso o segnalazione degli interessati. Quando abbiamo ritenuto che non vi fosse interesse attuale a conoscere le notizie esaminate, “abbiamo raccomandato che esse venissero quantomeno anonimizzate e che non fossero più leggibili dai motori di ricerca generalisti, ma solo da quello della singola testata”.
“Si tratta tuttavia di pronunce che non ci lasciano pienamente soddisfatti, perché insufficienti rispetto a un fenomeno dalle implicazioni imprevedibili. Proprio per questo intendiamo continuare nella nostra riflessione, coinvolgendo anche gli operatori dell’informazione”.
Un fenomeno analogo è quello che il Garante aveva già individuato lo scorso anno rispetto alla pubblicazione online delle interrogazioni parlamentari risalenti a periodi molto lontani, e spesso contenenti ricostruzioni minute di fatti poi rivelatisi non veri.
“Pensiamo che la soluzione migliore potrebbe essere quella di inibire l’accesso da parte dei motori di ricerca generalisti almeno agli atti parlamentari di sindacato ispettivo. Ciò infatti non comprometterebbe in alcun modo la loro pubblica conoscibilità”.
Il Garante ha anche detto che si assiste con grande interesse al moltiplicarsi di tecnologie che consentono un uso quasi interpersonale dell’informazione, esaltando quel circuito tra chi informa e chi è informato, che costituisce uno degli aspetti più affascinanti del mondo contemporaneo. Dai blog ai social network fino al recentissimo, e già quasi invecchiato, sistema Twitter, sempre di più oggi l’informazione è il prodotto di una comunicazione continua e collettiva a livello mondiale.
“Quanto sta accadendo in Iran dimostra che su questi strumenti, e specialmente sui più innovativi, poggia una forma di resistenza democratica mai immaginata prima. Allo stesso tempo mutamenti così profondi ci costringono a ripensare cosa sia e cosa significhi informazione oggi. Su questo si interrogano prima di tutto gli operatori dell’informazione, ma anche il mondo della cultura, del diritto, e tutte le Autorità come la nostra”.
Uno sguardo sul futuro
“Il nostro primo impegno è la difesa intransigente del diritto dei cittadini al controllo sui loro dati e alla tutela della vita privata. È però sempre più complesso e difficile padroneggiare la realtà in cui siamo immersi con gli strumenti tradizionali a nostra disposizione. Viviamo in un mondo nel quale siamo sottoposti a forme di controllo ogni giorno più invasive, e quasi tutto ciò che ci riguarda si trasforma in dati che le moderne tecnologie consentono di schedare, archiviare, incrociare ed utilizzare per gli scopi più diversi e da parte di una pluralità sterminata di soggetti. Assicurare a ciascuno il controllo totale sulla propria vita e, dunque, anche sui propri dati personali appare sempre più come l’ultimo sogno dell’uomo contemporaneo”.
Oggi il diritto alla protezione dei dati personali è proclamato nelle Carte dei diritti, e riconosciuto nella normativa europea e nella giurisprudenza delle Corti europee, oltre che delle Corti nazionali. Eppure mai come ora l’esplosione delle tecnologie rende difficile una difesa effettiva e efficace di questo diritto.
Ciascuno di noi può crearsi mille diverse identità, persino temporanee, o vedersi identificato e rappresentato in mille modi diversi.
Per il Garante, cambia la dimensione tradizionale dello spazio, perché attraverso la rete possiamo manifestare la nostra esistenza in ogni parte del mondo. Cambia anche la dimensione del tempo, perché sulla rete le informazioni e i dati vivono al di fuori di ogni temporalità.
“Ogni giorno di più perdiamo quel bene prezioso che è la possibilità di essere padroni di cosa rivelare di noi e cosa celare, di come apparire e come essere; in una parola di definire la nostra immagine verso il e nel mondo. Questo carica ognuno di un peso che rischia di diventare insostenibile”.
“L’umanità si trova a fare i conti con una nudità totale, che solo Adamo ed Eva nel giardino terrestre erano in grado di sopportare. La grande rivoluzione del nostro tempo sta portando l’umanità oltre le colonne d’Ercole, in un viaggio verso un futuro ignoto che gli uomini non rinunceranno a fare”.
Secondo Pizetti è quindi compito di tutti, e in particolare di una Autorità come la nostra, aiutare le persone a essere consapevoli e ragionevolmente libere di padroneggiare la tecnica e non esserne schiave.
Occorre ridefinire in modo profondo il contenuto, l’estensione e le modalità di applicazione dei diritti fondamentali che costituiscono l’eredità più preziosa di secoli di conquiste civili e che tocca a noi traghettare nel nuovo mondo.
Nella società nella quale siamo cresciuti il contemperamento tra i diversi interessi e diritti in gioco era rimesso a ciascuna comunità territoriale, attraverso l’operato dei suoi legislatori, dei giudici e delle amministrazioni.
Ma come applicare questi principi e come lasciare immutate le regole nella società contemporanea?
Come valutare il diritto a informare e ad essere informati in una realtà nella quale il confine tra comunicazione pubblica e comunicazione privata, sfuma fino ad annullarsi? Come applicare i principi di finalità, essenzialità, proporzionalità, in una realtà che ogni giorno di più sfugge a ogni radicamento territoriale per assumere una dimensione globale?
Il fatto stesso che ormai tra i segni più evidenti di ogni reazione totalitaria siano il blocco di Internet, la chiusura dei social network, gli ostacoli all’uso dei telefonini, ci dice che la frontiera della democrazia si intreccia strettamente con la libertà di accesso ai nuovi sistemi di telecomunicazione.
“Non meno difficile è definire come si declini nel nuovo mondo il diritto dei cittadini alla conoscenza. Ciascuno di noi riceve migliaia di notizie, spesso senza poterne verificare né la fonte né l’affidabilità, con il rischio che esse siano state manipolate, falsificate, corrette in modo indebito”.
Il bisogno di sicurezza sta già creando una onnivora società del controllo che al di là di ogni confine nazionale, accumula indiscriminatamente dati, informazioni e notizie.
“Una realtà nuova che, se non regolata e governata, è destinata a minare alle radici le nostre libertà. Lo stesso accade sul fronte dell’economia e dei rapporti sociali, che sempre più vivono di dati scambiati, di informazioni utilizzate, di relazioni intrecciate sulla rete”.
Il mondo della rete è in questo senso speculare a quella finanza globale che, altrettanto priva di regole e di regolatori, ha determinato la attuale crisi economica.
“Le regole e le istituzioni del passato, le nostre antiche strutture democratiche, costruite sul nesso fra comunità, sovranità e territorio, sono sempre meno adeguate a fronteggiare il nuovo mondo.
Il riemergere della logica degli Stati costituisce in questo quadro un elemento in più di preoccupazione. Sempre più spesso vi sono Nazioni tentate di fare da sé e di vietare ciò che a tutto il resto del mondo è consentito. Questo alla lunga rischia di trasferire anche nella dimensione del web gli scontri e le tensioni già in atto nel pianeta”.
Proprio nel momento in cui la crisi di una globalizzazione senza regole spinge ogni giorno di più al ritorno delle logiche di potenza, per Pizzetti “la sola strada praticabile per evitare, se ancora possibile, il deflagrare di enormi conflitti su scala mondiale, è trovare la capacità di darsi regole comuni e condivise a livello planetario”.
“L’epoca delle Autorità nazionali ed europee di sola garanzia è al tramonto. C’è sempre più bisogno di nuove Autorità di regolazione e di controllo, capaci di lavorare congiuntamente”.
Su questa frontiera le Autorità europee e quelle dei Paesi più avanzati delle diverse aree del pianeta stanno facendo da battistrada.
La prossima Conferenza internazionale di Madrid sarà dedicata a questo tema. Essa segue quella di Strasburgo dello scorso anno e porta avanti l’intento di elaborare standard internazionali comuni in tema di protezione dati; obiettivo ribadito di recente anche rispetto alle attività di sicurezza e giustizia. Un lavoro lungo e impegnativo, che richiederà ancora tempo e fatica, per definire regole che solo un Trattato internazionale potrà poi rendere davvero vincolanti. (r.n.)
Relazione 2008 – Protezione dei dati e nuove tecnologie nel mondo in trasformazione