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Legge Comunitaria: OK definitivo dalla Camera. Decisi i criteri di pianificazione frequenze e fissato in 5 multiplex il dividendo digitale

Italia


La Camera ha dato il via libera definitivo alla Legge Comunitaria 2008. Il testo, lo stesso del Senato, ha avuto dalla maggioranza 249 voti a favore. Si sono invece astenuti i 192 deputati dell’opposizione presenti in aula.  

“L’approvazione delle Legge Comunitaria – ha dichiarato il viceministro alle Comunicazioni Paolo Romani – rende ancor più incisivo il processo di trasformazione della televisione e il passaggio dalla tecnologia analogica al digitale terrestre”.

 

Nella legge, infatti, viene recepita come norma primaria la delibera 181 dell’Agcom che determina i criteri di pianificazione delle frequenze digitali e fissa in 5 multiplex il dividendo digitale da assegnare mediante una procedura di gara, con riserva in favore dei nuovi entranti. Un impegno preso con la Comunità Europea nel processo per la chiusura della procedura di infrazione ormai avviata verso la fase di chiusura.

 

Il provvedimento approvato in via definitiva dalla Camera contiene, inoltre, il recepimento della direttiva europea 2007/65/CE sui servizi di media audiovisivi conferendo la delega al governo per la sua applicazione attraverso il decreto legislativo di modifica del testo unico della radiotelevisione.

 

A maggio, in occasione del primo voto alla Camera, Romani ha commentato che la Commissione Europea è pronta a “…chiudere la procedura di infrazione” aperta a carico dell’Italia nel 2006, spiegando che i Commissari Ue alla Concorrenza Neelie Kroes e ai Media Viviane Reding gli hanno scritto una lettera indicando tre condizioni, in via di realizzazione, per chiudere la procedura di infrazione.

La Ue ha quindi chiesto: l’adozione di una delibera sul dividendo digitale che riguarda le nuove reti che si libereranno con il passaggio alla nuova tecnologia, in base ai criteri già individuati dall’Agcom; l’inserimento di tali criteri in una norma primaria di legge; la realizzazione del disciplinare di gara per l’assegnazione delle nuove frequenze come stabilito.

 

Romani ha precisato che “la prima condizione è già realizzata, perché l’Autorità ha approvato l’apposita delibera lo scorso aprile; la seconda è in via di confezione, perché con un emendamento abbiamo acquisito la delibera dell’Agcom nella legge comunitaria che è in corso di approvazione alla Camera. Quanto alla terza condizione, c’è l’impegno a realizzare la gara come stabilito dall’Authority”.

Il viceministro ha spiegato che sarà previsto un dividendo digitale di cinque multiplex che saranno messi a gara in base ai criteri già definiti: tre saranno riservanti ai nuovi entranti, due saranno destinati a qualsiasi offerente, fermo restando il limite di cinque multiplex per ciascun operatore fino allo switch-off.

Quanto alla gara, “…è prevista entro fine anno – ha concluso Romani – ma pensiamo di farla anche prima”.

La procedura d’infrazione, aperta con una lettera di messa in mora all’Italia del luglio 2006, accusava le legge Gasparri di attribuire un “chiaro vantaggio” agli incumbent ovvero gli attuali grandi broadcaster – Rai e Mediaset -, nelle modalità del passaggio al digitale terrestre, e questo a danno dei new entrant sul mercato radiotelevisivo e dei piccoli operatori.

Come Europa7, che già era stata discriminata per non aver ottenuto, pur avendone diritto, le frequenze terrestri necessarie per trasmettere su scala nazionale. Dopo un periodo insolitamente lungo (un anno invece degli usuali due-tre mesi), il 19 luglio 2007 la Commissione era passata al secondo stadio della procedura d’infrazione, inviando a Roma un parere motivato, ultimo avvertimento prima del ricorso in Corte di giustizia Ue. Un ricorso che ora, se l’Italia rispetterà l’accordo, non ci sarà.

 

Le condizioni dell’accordo, a cui ha fatto riferimento Romani, erano già chiaramente indicate nella lettera che la Kroes e la Reding hanno inviato al sottosegretario il 3 aprile scorso. Le misure corrispondono sostanzialmente alle esigenze che i due commissari avevano posto in una precedente lettera del 4 febbraio, minacciando, nel caso che il governo non le avesse accolte, il proseguimento della procedura d’infrazione contro l’Italia.

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