Stati Uniti
“I software pirata rappresentano oggi un’economia sotterranea che porta grossi proventi e coinvolge anche la criminalità organizzata”, ha dichiarato Philip Reitinger, direttore del National Cyber Security Center (NCSC).
Nella sua prima intervista (è stato nominato a marzo, ndr) ha lanciato un appello per intensificare la lotta a quella che ormai è una seria minaccia alle reti informatiche dei governi e alle banche dati personali.
I cyber-attacchi condotti attraverso le botnet – reti di computer privati collegate da hacker per attacchi di tipo dos o per inviare spam – costerebbero all’economia americana quasi 8 miliardi di dollari l’anno, alcune stime includono anche il furto di proprietà intellettuale arrivando a stimare 1.000 miliardi di dollari.
Si parla di un’economia latente che coinvolge anche la criminalità e che implica non solo l’installazione di botnet ma pure la vendita.
“Oggi potete andare su internet – ha spiegato Reitinger – e far sapere che volete lanciare un attacco a un signor X e pagare”. E i rischi sono tanti, specie per gli organismi governativi.
Le dichiarazioni del direttore NCSC arrivano giusto due settimane dopo l’annuncio del presidente americano Barack Obama dell’intenzione di rafforzare i dispositivi di difesa contro gli attacchi alle reti di comunicazione e informazione americane, una minaccia crescente e multipla che proviene da pirati isolati o da istituzioni straniere.
Obama intende dare spazio a un “approccio globale” per proteggere i network, non solo pubblici ma anche privati, e creare un organismo per vigilare su eventuali attacchi alle istituzioni.
Il Wall Street Journal riportava martedì che recentemente l’America ha subito gravi attacchi ai sistemi di gestione delle reti elettriche e di altri servizi oltre che al progetto dei caccia F-35, il più costoso programma d’armamenti del Pentagono (vale 300 miliardi di dollari).
Un ex responsabile dei sistemi di sicurezza americani, citato dal WSJ, ha puntato il dito contro la Cina.
Un recente Rapporto del Pentagono evidenzia che la cyber-war rientra nelle priorità di Pechino, sostenendo che negli ultimi tempi sono stati sferrati attacchi alle reti di pc del governo americano e di altri Paesi del mondo. E si presume che siano partiti proprio dalla Cina.
Illazioni? Una cosa è certa, “Siamo in momento cruciale per la sicurezza nazionale“, ha sottolineato Reitinger, ex responsabile per la sicurezza delle infrastrutture di Microsoft.
Mai come oggi le minacce sono aumentate e, anche se sono migliorate le competenze a livello governativo e internazionale, è chiaro che lo stato attuale “risulta ancora insufficiente” per fronteggiare le minacce provenienti dal cyber-spazio.
E’ mutato l’identikit del pirata che non è più il ragazzo, smanettone della rete, che di notte davanti a una pizza e una birra si diverte ad arrecare danni per farsi conoscere dal popolo del web e non solo. Oggi si tratta di ‘professionisti’ che usano sistemi molto più sofisticati. I rischi sono maggiori e gli attacchi sono condotti con scopi precisi che possono essere quelli del furto di informazioni precise o per avere i numeri delle carte di credito.
Il commercio di software pirata spinge poi questi criminali a intensificare i loro sforzi, indipendentemente dalle motivazioni, e rende più difficile individuarli.
Per Reitinger, una maggiore cooperazione a livello mondiale e le misure del governo americano a sostegno delle aziende per migliorare i sistemi di verifica dell’identità degli utenti dei loro sistemi può migliorare la sicurezza su internet.
E ha informato che il governo intende servirsi di specialisti nel cyber-crimine per affinare le proprie competenze.