Italia
L’Italia ha bisogno di superare il gap digitale e riprendere la via dell’innovazione per entrare nel G8 anche per quanto riguarda il mercato delle tlc. Il nostro Paese si è posto questa priorità nel momento in cui ha affidato a Francesco Caio la stesura di un Rapporto, consegnato a marzo, sulla quale il viceministro alle Comunicazioni, Paolo Romani, con il suo team ha lavorato per sviluppare le opportune strategie di intervento.
Stamani, in audizione davanti alle Commissioni Trasporti della Camera e Lavori Pubblici del Senato, Caio ha illustrato a grandi linee i passaggi fondamentali della propria analisi, per poi dare spazio a Romani che ha chiarito come ci si muoverà per colmare il digital divide.
Caio è partito da una considerazione fondamentale: l’Italia nel 2000 era in vantaggio rispetto agli altri Paesi Ue, grazie ai servizi di Fastweb e all’iniziativa unbundling di Alice, “oggi gli altri hanno accelerato lo sviluppo, lasciandoci dietro”.
La penetrazione della banda larga risulta così inferiore alla media Ue, ma 20 milioni di cittadini usano internet e lo fanno più del 90% delle imprese.
Dato importante che spiega la necessità di accelerare sul piano tecnologico davanti alle mutate esigenze di una società sempre più digitalizzata.
Romani è quindi intervenuto per indicare le proposte da presentare al parlamento per avviare il processo di copertura di rete.
“Abbiamo calcolato quanto costa cancellare il digital divide, 1.471 milioni di euro. Entro la fine del 2012 darà la possibilità di connettersi a internet a una velocità tra i 2 e i 20 megabit”.
Il viceministro ha ricordato che l’Italia presenta dati allarmanti, posizionandosi 17a nella classifica europea pubblicata a gennaio 2009 nel XIV Rapporto della Commissione Ue.
La media della penetrazione della banda larga fissa è al 22% contro quella dell’Italia al 19%. Il nostro Paese va però meglio nella connessione mobile con un 13,6% di penetrazione contro la media Ue del 13%.
“La copertura sarà realizzata – ha continuato Romani – prevalentemente in fibra, offrendo così una connettività sino a 20 mb/s al 95,6% degli italiani e in tecnologie radio nelle aree scarsamente abitate dove non risulta conveniente intervenire con infrastrutture fisse. L’accesso radio interesserà il 3,9% della popolazione a cui sarà garantita una capacità di 2 megabit, raggiungibile con il wireless”. Un investimento del genere permetterà di estendere la fibra sostituendo l’attuale rete in rame: “Investiremo 564 milioni di euro per connettere 2900 centrali in fibra ottica e mille centrali con sistemi wireless”.
Inoltre il governo intende rinnovare i vecchi apparati “in circa 8.000 nuove centrali investendo 161 milioni di euro“. E ancora “bonificare la rete di accesso incrementando la connettività sia fissa sia mobile. Un intervento – ha aggiunto Romani – oneroso che implica una spesa di 747 milioni di euro“.
Nel dettaglio il valore totale del progetto prevede la realizzazione di opere civili e la relativa fornitura di materiali per 763, 85 milioni; fornitura hardware e software per 617,66 milioni e attività di progettazione per ulteriori 89,81 milioni.
“Queste attività – ha concluso Romani – interesseranno nel progetto circa 50.000 lavoratori nei quasi 4 anni necessari a eseguire i lavori“.
Secondo Romani le opere relative all’attuazione del piano dovrebbero avere come conseguenza un incremento del Pil di “circa 2 miliardi“.
“Investire quasi un miliardo e mezzo potrebbe portare a un incremento di Pil di circa 2 miliardi. Studi Ocse fissano infatti a 1,45 il moltiplicatore congiunto del settore comunicazione sull’intera economica“, ha detto Romani.
Il progetto del governo si basa “prevalentemente su fondi pubblici, che però – ha proseguito il viceministro – rappresenteranno un forte incentivo per investimenti privati”.
Romani ha ricordato gli 800 milioni già stanziati e ora all’esame del Cipe, i 264 milioni già adibiti al progetto banda larga e un’ulteriore integrazione dei fondi pari a 188 milioni provenienti da fondi europei da investire nelle aree ‘C’ ovvero rurali a sviluppo intermedio e aree ‘D’ ovvero rurali con problemi complessivi di sviluppo.
Ma il governo guarda anche al mercato e ha l’obiettivo di incentivare i privati con il meccanismo della finanza di progetto. Romani ha indicato la via di una gara pubblica cui potranno partecipare gli operatori interessati ai contributi pubblici.
Quello del superamento del digital divide ha sottolineato Romani è solo un primo obiettivo, ”un passo necessario e propedeutico allo sviluppo delle reti di nuova generazione, ovvero a portare la fibra sino a casa degli italiani offrendo così una connessione a internet a oltre 50 megabit al secondo”. Le reti di nuova generazione rappresentano infatti l’obiettivo a medio termine, che prevede un investimento ”importante” (circa 10 miliardi di euro), ma che è ”un traguardo a cui il Paese deve saper guardare”.
Il punto essenziale è che, come ha sottolineato Caio, ci sono 7 milioni di cittadini che vivono in zone difficilmente raggiunte dalla banda larga e non compatibili con i nuovi servizi di eGovernment annunciati per il 2012 dal Ministro Brunetta.
Per Caio, è importante dare priorità all’allocamento di fondi pubblici per la copertura geografica della rete e garantire l’universalità dell’accesso. Gli investimenti pubblici in tal senso non devono essere intesi come a fondo perduto, ma come in un asset capace di produrre ritorni economici.
Valutare, quindi, azioni di supporto ai piani di mercato e individuare il ruolo dello Stato in questo processo di innovazione, come si chiedono i Paesi Ue e Ocse, per capire se il finanziamento delle infrastrutture di rete può diventare argomento di politica industriale.
Ha quindi ipotizzato la realizzazione, in collaborazione con i gestori italiani, di una rete mista di tecnologia fisso-mobile per fornire una banda larga minima a estremi della rete.
Più precisamente, laddove si decidesse di portare almeno 2 megabit nella zone a bassissima densità, si farebbe un gran passo avanti e si otterrebbe che almeno il 3-4% della popolazione abbia la banda necessaria per fruire dei servizi della PA.
Intanto resta importante, ha evidenziato Caio, la collaborazione con gli enti locali, ma soprattutto avere il supporto dell’Agcom sulle iniziative avviate.
Anzi, per Caio e basilare che l’Autorità avvii in tempi rapidi “una misurazione sul campo della banda effettivamente erogata dai gestori in Italia”.
“Per quanto riguarda lo sviluppo della fibra ottica è comprensibile la preoccupazione del Paese, visto che c’è un basso livello di concorrenza e sono necessari grossi investimenti, per cui risulta difficile per gli operatori giustificarli in termini economici. Telecom, per esempio, è impegnata nel risanamento del debito e non può muoversi in questa direzione e al momento non esiste in Italia un altro gestore che abbia annunciato operazioni in questo senso”.
E’ intanto fondamentale che il governo dia una direzione strategica, fissando nell’arco di 6-7 mesi i propri obiettivi per stabilire qual è il livello di copertura di rete NGN che si ritiene più appropriato per le esigenze del Paese, senza tralasciare anche le importanti ricadute in termini di occupazioni che tale operazione comporterebbe.
Solo così, ha detto Caio, si potrà comprendere se i piani dei gestori sono adatti alla mission.
Prima dell’audizione in Commissione, Romani ha incontrato il presidente dell’Autorità’ per le garanzie nelle comunicazioni Corrado Calabrò.
In particolare è stato fatto il punto sul passaggio al digitale terrestre. Calabrò e Romani hanno convenuto sull’opportunità’ di sensibilizzare tutte le emittenti, e in particolare il servizio pubblico radiotelevisivo, a intensificare la campagna di informazione ai cittadini. Un altro tema di grande rilievo affrontato è stato appunto quello dello sviluppo della larga banda nel Paese, condividendo la preoccupazione per il ritardo dell’Italia che ha una penetrazione della larga banda inferiore alla media europea.
Entrambi hanno convenuto sulla necessità di definire un piano organico di interventi che veda la collaborazione di tutti gli attori istituzionali.
“Ho rappresentato a Romani la disponibilità dell’Autorità a esercitare in piena indipendenza il suo ruolo di garanzia nell’ambito delle iniziative che saranno messe in campo da Parlamento e Governo. Come sta avvenendo nel resto d’Europa, nell’ambito dello sviluppo delle reti di nuova generazione c’è forse bisogno di definire un ruolo nuovo per l’Autorità”.
Presentazione sulle conclusioni del progetto al Ministero dello Sviluppo Economico – Comunicazioni
di Francesco Caio
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