Italia
L’Italia deve correre e attrezzarsi per l’ultra banda larga se vuole evitare che il gap che già allontana il Paese dalle maggiori economie mondiali in termini di penetrazione delle nuove tecnologie di comunicazione, diventi insormontabile.
Il dibattito, dopo essersi focalizzato per troppo tempo sull”infrastruttura fisica – quella attualmente in mano a Telecom Italia – deve ora spostarsi sulle tecnologie da utilizzare per realizzare una copertura ottimale dell’intero territorio italiano.
Non si può pensare, infatti, solo alla fibra ottica, ma anche ad altre tecnologie, come ad esempio, il WiMax o le tecnologie mobili e occorre, è stato più volte ribadito, un maggiore sforzo per coordinare e massimizzare le diverse iniziative in corso, di modo da accelerare lo sviluppo della banda larga di nuova generazione e ‘fare sistema’, per non escludere nessuno dai benefici legati a queste tecnologie.
In questo momento di transizione verso le nuove infrastrutture digitali e per evitare ulteriori squilibri competitivi nel futuro, l’Agcom intende porre le basi per un presidio permanente sulle tematiche tecnologiche, normative ed economiche relative agli aspetti infrastrutturali delle Reti di Nuova Generazione (NGN) a banda larga e ultra larga.
Di questo si è parlato ieri nell’ambito del 2° Workshop del Programma di Ricerca “Infrastrutture e Servizi a Banda larga e Ultra Larga” (ISBUL), promosso dall’Agcom con la collaborazione di alcuni dei principali Atenei italiani – Milano Bocconi, Napoli Federico II, LUISS, Università di Roma (Sapienza, Tor Vergata, Roma Tre), Università di Siena, Politecnico di Milano, Politecnico di Torino, Imperial College di Londra.
Il Programma, del valore di 700.000 euro, si articola su 3 Progetti (Tecnologico, Economico e Giuridico) e 14 Sottoprogetti (Work Packages) da completare nel corso dell’ anno.
Sempre ieri, si è tenuto l’incontro Agcom-IIC (International Institute of Communications) sul tema della convergenza fisso-mobile nell’ambito delle reti di nuova generazione (NGN) e delle reti broadcast.
All’incontro hanno partecipato – oltre al Presidente Corrado Calabrò – anche i Commissari Roberto Napoli e Nicola d’Angelo e diversi esperti internazionali, tra i quali Gèrard Pogorel (Telecom ParisTech, membro dell’Organismo di vigilanza sugli impegni Telecom Italia ), Brian Williamson (Plum Consulting – London) e Peter Alexiadis (Gibson Dunn & Crutcher LLP-Bruxelles).
Prosegue intanto il lavoro delle società che hanno ottenuto una licenza per la realizzazione di una rete WiMax: tra queste, Aria – unico operatore nazionale ad essersi aggiudicato la licenza sull’intero territorio nazionale – ha annunciato che entro la fine del mese prossimo verranno coperti 197 comuni del Veneto ed, entro il 2009, verranno raggiunte dal servizio le province di Brescia e Bergamo; le aree della bassa padana comprese tra Pavia, Lodi, Mantova e Cremona; l’area prealpina coperta dalle province di Varese, Como e Sondrio e le aree digital divide della provincia di Milano.
Aria ha scelto lo standard 16e, già predisposto per il WiMax mobile, come la tecnologia più adatta al mercato italiano e ha specificato che la copertura privilegerà le aree in digital divide dove oggi non è possibile accedere ai servizi a banda larga.
Le grandi città verranno quindi coperte in una seconda fase, tenendo in considerazione le opportunità di co-finanziamento che possono nascere nel rapporto con gli enti locali.
Il gruppo, con sede a Perugia, ha iniziato la copertura propria dall’Umbria, con l’obiettivo di installare 1.200 stazioni WiMax su tutto il territorio nazionale entro il 30 giugno 2009.
L’offerta commerciale della società è stata pensata per due principali tipologie di utenti: le famiglie e le piccole imprese, con prezzi che per le prime partono da 15 Euro al mese per una velocità di 4 Mega per arrivare a 20 Euro al mese per l’offerta con velocità di 7 Mega.
Aria Ufficio ha invece un costo di 30 euro al mese con una velocità di 7 Mega e una banda garantita di 100 kb/s.