Italia
Dalla scorsa settimana NewTV si è sdoppiata. Da una parte il classico pezzo a svolgimento monografico, dall’altra New(s)TV con le ultimissime sul mondo dell’online video, commentate dal sempre vostro.
§§§ A pensarci bene, sarà davvero raro nel ragionevole futuro un numero di questa rubrica senza almeno una “pillola” dedicata a Hulu. Se non 2, come oggi. Ma veniamo al conquibus. Hulu in Gran Bretagna a Settembre? La data non è ancora fissata, ma si procede spediti. Si dovrebbe iniziare con 3000 ore di programmi USA , più contenuti locali tratti dalle library di ITV, Channel 4 e BBC. Gli accordi con i partner locali sono ovviamente chiave nel determinare tempistiche e modalità del lancio. Sul piatto negoziale il problema #1 è: chi controlla la pubblicità? Hulu, leggi: le major dietro Hulu, vogliono mangiarsi l’intera torta pubblicitaria della NewTV in Europa – è più gustosa e saporita delle fettine a cui erano abituati con la OldTV vendendo i diritti d’antenna – e vogliono farlo in tempi record. Hanno due strade:
* Rendere accessibile il sito americano, usando strumenti di geofiltro degli IP; ma se la tecnologia aiuta, è burocraticamente un casino modulare poi i contratti con gli sponsor (Chrysler vorrà sponsorizzare gli episodi di Fringe per gli IP USA, non gli interessano gli IP italiani, Fiat chiederà l’esatto opposto).
* Creare entità locali separate, in grado di raccogliere pubblicità con cognizione di causa del mercato autoctono, gestire l’inferno di finestre di sfruttamento (sebbene si vada verso la contemporaneità universale di diffusione di ogni nuovo audiovideo, esistono ancora milioni di contratti a medio-lungo termine con centinaia di media companies europee da rispettare, per cui non tutto si può webtrasmettere così come negli States) e soprattutto offrire un tot di contenuti killer indigeni. Per arrivarci servono accordi con operatori locali, e per spartire gli introiti senza incorrere nei tranelli del celebre Hollywood Accounting, questi ultimi pretendono giustamente joint venture autonome regolate dal diritto nazionale.
§§§ Nel frattempo in patria – sintomatico dell’attrazione fatale che spinge verso Hulu i blue chip del mercato di massa (provocando paradossalmente la tremarella negli adiacenti uffici delle emittenti TV che possiedono Hulu; ne riparleremo a inizi Giugno) – Pepsi ha finanziato una serie di 11 spot dall’estetica retrò apposta per gli show anni ’70 e ’80, oltre 200 in archivio, streammati da Hulu. Sono commercials da 15 secondi per lanciare Pepsi Throwback, una bevanda con bottiglia in stile grafico anni ’70 e vero zucchero nella formula come i soft drink di quarant’anni fa. Se la vedranno gli americani, e forse presto gli inglesi?, che su Hulu cercano Hill Street Blues, Battlestar Galactica e The Mary Tyler Moore Show. Il target, nelle intenzioni Pepsi, è un misto di adulti nostalgici e teen affascinanti dal revival internettiano di indagini e commedie d’epoca. Degli 11 spot, tre sono confezionati da CollegeHumor.com, ergo si tratta di ciniche parodie delle mode del tempo. Per Jason Kilar, CEO di Hulu, è una priorità convincere gli inserzionisti a produrre pubblicità su misura per il popolo web, al posto di rimontaggi dei soliti break televisivi (in gergo “repurposed TV”, espressione di largo respiro che si applica ormai a moltissime situazione dell’online video). E per l’ennesima volta, non posso che inchinarmi davanti alle idee di Kilar e alla sua impeccabile visione. Se ci sarà un Uomo dell’Anno 2009 nel digitale, dev’essere lui.
§§§ Quest’estate in America partirà l’ottava e conclusiva serie del Detective Monk (in Italia su Rete4 e DTT Mediaset). Ma le avventure dell’investigatore affetto da manie ossessivo-compulsive avranno un seguito online, con un web serial in 10 puntate sull’infanzia di Adrian Monk‘s childhood. Non si sa ancora se il Premio Emmy Tony Shalhoub riprenderà il suo personaggio, nè quanto durerà ogni webisode. È interessante, però, notare l’estendersi della produzione di webserial “di lusso” dai generi di nicchia per nerd, vedi la fantascienza, ai più popolari campioni di audience come appunto i polizieschi.
§§§ Quando abbiamo parlato di Sport in Streaming, si è evidenziato uno dei principali ostacoli alla sua definitiva esplosione nelle finestre di esclusiva locali per la OldTV. Le cosiddette regole di blackout. Ad esempio i residenti di New York non possono vedere gli Yankees o i Mets su MLB.com, almeno finchè la Lega di Baseball non deciderà che i contratti televisivi e le loro esclusive non valgono più la candela. Oh , beh, pare abbiano deciso. La MLB ha annunciato la fine dei “blackout” in tempi rapidissimi, forse già dalla prossima stagione di campionato. Motivo? Incassano con il portale MLB.com più di quanto attendevano, ed è sufficiente per fare a meno delle emittenti televisive “normali”. Uno sviluppo inevitabile, la cui reale accelerazione si avrà appena tecnologie e dispositivi web-to-TV diventeranno di uso comune.
§§§ Torniamo in chiusura alla perfida Albione. Dal 25 Dicembre 2007 tutti i residenti sul territorio di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra possono guardarsi in streaming l’intera programmazione della BBC per 7 giorni dopo la messa in onda. Merito dell’acclamato BBC iPlayer. In più ogni video si può scaricare sul pc, ma con limitazioni temporali di fruibilità e divieto tecnico di copia (in una parola: DRM). L’iPlayer è un successo indiscusso del servizio pubblico, con quasi 500 milioni di programmi streammati nel 2008 e la percezione diffusa tra la gente di “qualcosa di utile che usano tutti”. È compatibile con ogni sistema operativo e da qualche settimana anche in HD. Durante le Olimpiadi di Pechino da solo l’iPlayer ha attirato il 20% dell’intero traffico Internet inglese! Viene finanziato con il canone, ovviamente. Ma sia in Italia che in Gran Bretagna il canone (da loro di 163 euro, da noi di 107,5 euro) è una tassa sul possesso del televisore. Chi non possiede una TV non lo paga, anche se ora ha accesso libero ai contenuti BBC tramite l’iPlayer. E così Erik Huggers, il boss dell’hi tech BBC, la scorsa settimana ha dichiarato “bisognerebbe far pagare l’iPlayer a parte”. Come? Aumentando il canone? Non sembra corretto, pagherebbero di più quelli in regola per sovvenzionare i non-televisivi. Una neotassa solo per l’iPlayer? Pagata da chi e come? Sono problemi di natura politica, e infatti il CdA della BBC ha subito provveduto a prendere le distanze da Huggers. Decideranno governo e Parlamento. Cosa ne penso? Che nelle aziende pubbliche radiotelevisive europee l’area Internet è figlia di un Dio Minore. Le risorse allocate sono sempre residuali. Individuare a livello normativo una porzione di canone da destinare solo e soltanto alla distribuzione in streaming del palinsesto potrebbe contribuire a dare legittimità al servizio. Fermo restando che è solo questione di una manciata di anni, e l’intero flusso video planetario passerà attraverso device dotati di indirizzo IP, quindi si tratta di soluzioni-ponte per sopravvivere prima che gli americani si pappino tutto.
Coming up next in NewTV: moria delle vacche tra gli studios solo-digitali, e per la sezione “ mai senza Hulu “, quanto costa uno spot su Hulu e chi naviga contro.
NewTV. Non è più troppo presto, non è ancora troppo tardi.