Italia
L’Italia, confermano gli ultimi dati Ocse, segna ancora il passo nella diffusione della banda larga: siamo infatti al 22esimo posto su 30 Paesi con 19,2 connessioni broadband (tra Adsl, fibra e altri sistemi) ogni 100 abitanti, contro una media Ocse di 22,6 linee ogni 100 abitanti e questo nonostante – dice ancora l’OCSE – i prezzi siano bassi e la velocità delle connessioni buona.
Del problema della scarsa penetrazione della banda larga nel nostro Paese si è discusso oggi al convegno ‘L’Italia in rete’ organizzato dal Pd, cui sono intervenuti, tra gli altri, anche il presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè e il consulente del governo per la banda larga, Francesco Caio.
Bernabè ha ribadito come la radice del fenomeno non sia tanto da ricercare nella mancanza, nel nostro Paese, di un’infrastruttura a banda larga adeguata, quanto nella scarsa propensione dei consumatori, delle imprese e della PA a utilizzare i servizi.
La rete attuale, ha affermato Bernabè intervenendo al convegno ‘L’Italia in rete’ organizzato dal Pd, “è in grado di sostenere la domanda” anche se, ha ammesso, “ci sono alcuni problemi da risolvere”, ma il vero nodo da sciogliere non riguarda la capacità infrastrutturale quanto il fatto che internet nel nostro Paese sia usato a malapena dalla metà della popolazione. Si tratta insomma di una questione di scarsa “alfabetizzazione informatica” e non riguarda solo i cittadini, ma l’intero sistema Paese.
Il problema, dunque, secondo Bernabè non è di semplice soluzione, e non si riuscirà a risolvere nel breve periodo senza un adeguato intervento che convogli risorse pubbliche e private.
Servono, innanzitutto, regole che incentivino gli investimenti nelle nuove reti prendendo in considerazione gli elevati rischi imprenditoriali e, più in generale, ha aggiunto Bernabè, “serve un grande progetto infrastrutturale che veda insieme le imprese, le istituzioni e i consumatori”.
Riguardo l’upgrade della rete, Telecom Italia ha previsto, nell’ambito del piano industriale 2009-1011, investimenti per 6,7 miliardi di euro “destinati in misura del 40% alla rete di accesso”. Entro il 2016, ha detto ancora Bernabè, il gruppo prevede di investire oltre 6 miliardi di euro nella fibra ottica.
Ma c’è bisogno di un altro miliardo e mezzo di euro per garantire la banda larga a quel 3% della popolazione che entro la fine del 2010 potrebbe esserne ancora esclusa e “per potenziare i servizi a banda larga nelle località dove attualmente la velocità di connessione è pari a 1 mega e che rappresentano il 4% delle linee fisse”.
Una quota prevalente di questo investimento, secondo l’ad di Telecom, deve “ricadere sul governo che a tale fine ha già previsto uno stanziamento di 800 milioni”.
Francesco Caio, che ha preferito non pronunciarsi sul tema dello scorporo della rete, ha affermato, nel suo intervento al Convegno, di ritenere “positivo” il fatto che si stia tentando realmente di capire “di cosa si sta parlando”.
Sulla realizzazione della rete NGN, Caio ha ribadito che il tema fondamentale, in tutti i Paesi, è quello di capire se i governi debbano assumere o meno un ruolo primario nel passaggio alle infrastrutture digitali oppure se il mercato sia in grado di fornire “velocità di sviluppo adeguate alle esigenze del Paese”. Se infatti, come si lamenta da più parti, la domanda ancora è scarsa, bisognerà prepararsi a sostenere l’ aumento del traffico internet generato dall’evoluzione dei terminali.
Prima di pensare alla NGN, ha aggiunto Caio, “Bisogna fare in modo che la rete in rame venga governata per estrarre il massimo della qualità e far sì che funzioni al meglio”.
L’Agcom dovrà dunque vigilare sulla gestione dell’attuale infrastruttura, perché è anche sulla base della sua qualità che si potrà stabilire “la quantità degli investimenti” da affrontare per la NGN.
Bernabè ha quindi parlato di Open Access e degli impegni presentati all’Agcom per garantire ai concorrenti un accesso equo alla rete.
La società già ad aprile aveva messo in atto, non senza difficoltà, il 66% degli obblighi concordati con l’Autorità: un impegno che è costato – ha detto Bernabè – “enormi sacrifici in termini di flessibilità commerciale” e si è tradotto “nella perdita di quote di mercato” a beneficio degli operatori alternativi.
Nonostante tutto, il gruppo sta procedendo con rapidità per onorare degli impegni sottoscritti “non certo nel proprio interesse”, e che verranno totalmente assolti, ha promesso il manager, entro il 2010.
Sul tema di Open Access è intervenuto – sempre nell’ambito del convegno ‘L’Italia in rete’ – anche l’amministratore delegato di Vodafone Italia Paolo Bertoluzzo, secondo cui “gli impegni rappresentano un passo avanti” ma l’efficacia della nuova struttura (interna a Telecom Italia) “dovrà essere verificata sul campo“, misurando i risultati concreti “come il tempo di passaggio dei clienti, gli investimenti e la riparazione dei guasti”.
In tema di separazione della rete, Bertoluzzo ha sottolineato come la necessità di partire dalla rete in ramo per lo sviluppo della fibra ottica, porti “inevitabilmente a parlare della creazione di una società della rete”, sul modello di quella ipotizzata nel Rapporto presentato al Governo da Francesco Caio, che suggerisce la creazione di un’azienda rete nazionale integrata costruita intorno alla struttura di rete di Telecom Italia, per valorizzare l’investimento pubblico ed evitare aiuti di Stato.
Bertoluzzo si è detto d’accordo con Caio anche per quanto riguarda le tecnologie da utilizzare per superare il digital divide, che penalizza 7,5 milioni di italiani.
Per superare questo gap in maniera rapida ed efficace, anche secondo Bertoluzzo ci vuole un mix di tecnologie, con l’obiettivo di garantire a tutti almeno una velocità di 2 megabyte.