Unione Europea
Intel farà ricorso contro la maxi multa da 1 miliardo e 60 milioni di euro comminata dalla Commissione europea per abuso di posizione dominante nel mercato dei microprocessori x86 e violazione delle regole sulla concorrenza.
Il presidente Paul Otellini, annunciando l’intenzione di portare la questione davanti al tribunale di primo grado della Ue, ha respinto al mittente ogni addebito, sottolineando innanzitutto che la decisione dell’Antitrust “ignora quale sia la realtà di un mercato altamente competitivo” come quello dei microprocessori, caratterizzato – ha aggiunto – “dalla costante innovazione, dal continuo miglioramento delle performance dei prodotti e da prezzi contenuti”.
Non c’è stato, secondo Otellini, “nessun danno per i consumatori, né alcuna violazione delle leggi europee”, come sostenuto invece nelle motivazioni della Commissione, ben dettagliate in un documento di 542 pagine.
Secondo il numero uno di Intel, la situazione sul mercato dei microchip è quella che naturalmente si viene a creare in qualsiasi altro comparto quando ci sono solo due grandi fornitori.
Come dire, c’è chi vince e c’è chi perde ed è il mercato stesso a sancirlo, premiando chi ritiene faccia meglio il proprio mestiere e agendo di conseguenza nei confronti di chi invece lo fa peggio.
“Intel – ha aggiunto Otellini – non ha mai venduto prodotti sottocosto, ha continuato a investire in innovazione e nello sviluppo di tecnologie di prima classe”.
Solo per questo, insomma, la società ha potuto permettersi di applicare sconti a produttori – tra cui Acer, Dell, HP, Lenovo e Nec – e ai grandi distributori e ha potuto mantenere una posizione leader sul mercato.
Otellini ha comunque concluso dichiarando che nonostante il ricorso, la società “collaborerà con la Commissione” per chiarire ogni dubbio sulle proprie condotte commerciali.
La multa – equivalente al 4,15% del fatturato del gruppo nel 2008 – dovrà comunque essere pagata entro tre mesi dalla data di notifica della decisione.
In caso di appello, infatti, il denaro viene congelato in un conto bloccato e dopo l’eventuale pronunciamento favorevole della Corte di Giustizia, andrà a rimpinguare il budget Ue, riducendo così il contributo degli Stati membri.
I microprocessori rappresentano il ‘cuore’ dei computer e l’incremento della loro capacità di elaborazione è alla base della crescita dell’intero settore ICT negli ultimi decenni.
Il mercato è caratterizzato da un’accesa competizione, anche se i protagonisti sono solo due: Intel nel controlla la fetta più grossa (il 77%) e AMD il 22%
L’inchiesta dell’Antitrust europeo è partita proprio su segnalazione di AMD, che si batte dal 2001 per dimostrare quanto e in che modo i suoi affari siano stati frustrati dalle pratiche commerciali della rivale, dai suoi accordi poco leali con i retailer per escludere i prodotti AMD dalla grande distribuzione, non solo in Europa.
Nel 2005, infatti, anche l’Antitrust giapponese, la Fair Trade Commission , ha accusato la società americana di avere violato l’articolo 3 della legge anti-monopolio giapponese.
Anche in questo caso, la filiale giapponese di Intel avrebbe offerto degli sconti “particolari” ad almeno cinque costruttori informatici nipponici in cambio della promessa di non acquistare o di limitare l’acquisto di chip fabbricati da società concorrenti come AMD o Transmeta.
La JFTC ha quindi imposto tramite un’ordinanza alla divisione giapponese di Intel di mettere fine alle pratiche anticoncorrenziali quali, anche in questo caso, “l’offerta di incentivi ai clienti che in cambio si fossero impegnati a non acquistare microprocessori dai rivali”.