Italia
Mentre negli Usa il presidente Barack Obama continua a collezionare amici sulle pagine dei social networks più popolari, in Italia monta la polemica per i diversi account chiusi da Facebook senza motivo.
Ieri, i casi del giornalista di Repubblica Vittorio Zambardino – il cui profilo, oscurato senza giustificazioni è stato riaperto in serata – e di Luciano Vecchi, coordinatore vicario del dipartimento per le relazioni internazionali del Partito democratico e candidato alle prossime europee. Anche l’account dell’esponente del Pd è stato oscurato senza che venissero spiegati i motivi della decisione.
Zambardino, sicuro di non aver violato nessuna delle condizioni dei termini d’uso del sito – annunciava ieri sul suo blog l’intenzione di denunciare il comportamento di Facebook al Garante Privacy, per fare di questa vicenda “una battaglia non personale ma di diritto”.
“Qui – scrive il giornalista – il problema che abbiamo di fronte è quello dei diritti degli utenti di Facebook e delle regole della piattaforma, che non possono andare contro i principi che regolano lo stato italiano, oltre ad essere contrari ad ogni buon senso”.
Il giornalista, pur rifiutando l’idea di essere stato preso di mira per i contenuti “inappropriati”pubblicati sul proprio profilo, non contesta tanto il fatto di essere stato eliminato dal sito – “riconosco il diritto di Facebook di liberarsi di chiunque”, scrive sul blog – quanto la mancanza di chiarezza riguardo l’infrazione commessa.
“Posso anche accettare di essere espulso, se mi si spiega il motivo del provvedimento e mi si dà la possibilità di argomentare in mio favore”, sottolinea ancora Zambardino.
Una constatazione fatta anche a marzo, dopo la disabilitazione dell’account del giornalista antimafia Nino Randisi (poi riattivato): un errore dei “bot”, si era giustificato un dirigente americano di Facebook, ma Zambardino, anche allora, aveva ripetuto che la gestione automatica di una parte ormai così importante – seppur digitale – della vita delle persone non può avvenire “solo in automatico e senza un minimo di saggezza umana”.
Inutile anche nascondersi dietro la falsa convinzione che il servizio è gratuito, quando poi dietro questa presunta gratuità il sito “tesaurizza in pubblicità, come fanno anche i giornali on line del resto, il tempo di vita dell’utente”, sottolinea ancora il giornalista.
A sostenere le tesi del giornalista, l’avvocato Fulvio Sarzana di Sant’Ippolito, esperto di diritto delle nuove tecnologie, secondo il quale la “gratuità dell’utilizzo” poi da parte degli utenti “non può essere considerata un elemento da cui far derivare una mancanza di responsabilità da parte del social network”.
Le comunicazioni digitali – continua l’esperto – “devono essere considerate elemento integrante della personalità dell’individuo e come tali protette, a prescindere dalla circostanza che vi sia un soggetto che ci mette a disposizione determinati strumenti”.
Dietro la cancellazione immotivata di un account potrebbe dunque profilarsi un illecito da parte dei gestori, in quanto il nostro codice penale include tra i reati contro la persona “anche quelli legati alle interruzioni delle comunicazioni informatiche o telematiche” e anche nel caso in cui l’errore sia attribuibile ai software ‘intelligenti’ che le gestiscono e non all’intervento di un addetto ‘in carne e ossa’.
Anche l’associazione dei consumatori Adoc interviene nel dibattito in favore degli ‘esclusi’ da Facebook: secondo il presidente Carlo Pileri, l’atteggiamento del sito – che chiude account senza motivi validi e senza preavviso e non ne risponde né economicamente né socialmente – “crea un danno irreparabile all’utente, privandolo della rete di contatti e attività, come gruppi e cause, creata nel tempo, e alla comunità stessa, che vede venire meno un partecipante attivo”.
I social network, insomma, non possono essere “gestiti in maniera autocratica” e devono “rispettare le regole di rispetto e condotta come in un qualsiasi rapporto commerciale, anche se a base gratuita”, conclude Pileri, sottolineando come a breve potrebbe essere chiesto un incontro coi vertici di Facebook per promuovere “un coordinamento legale che miri al rispetto delle leggi”.