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Rifiuti elettronici: denuncia di Greenpeace, ‘Il ministro dell’Ambiente provveda ad attuare gli anelli mancanti del sistema di gestione dei Raee’

Italia


Telefonini in disuso, vecchi Pc, televisori rotti invadono le discariche con un enorme rischio per l’ambiente e la salute a causa dei molti componenti tossici contenuti in questi oggetti sempre più presenti nelle nostre vite.

 

Quello della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti elettrici ed elettronici è un tema molto dibattuto, soprattutto nel nostro paese dove mancano ancora all’appello diversi decreti attuativi necessari a tradurre in pratica le disposizioni di legge.

 

Per sollecitare il governo a prestare maggiore attenzione a queste tematiche, gli attivisti di Greenpeace hanno creato davanti l’ingresso del ministero dell’Ambiente un centro di raccolta di rifiuti elettronici che riproduce lo stato dell’ottanta per cento dei siti italiani che, secondo l’inchiesta dell’associazione, non rispetta tutti i requisiti di legge.

Computer distrutti, accatastati a terra, stampanti, monitor che rilasciano le sostanze pericolose nel terreno, zone incendiate o razziate da sciacalli che cercano di ricavarne rame o argento. Al centro di questo scenario desolante un’attivista vestita da bella addormentata simboleggia il ministro Stefania Prestigiacomo che – sottolinea Greenpeace, “nonostante denunce e sollecitazioni, finge di non vedere e rimane inerte”.

 

“Chiediamo al ministro dell’Ambiente di fare il proprio lavoro e provvedere subito ad attuare gli anelli mancanti del sistema di gestione dei rifiuti elettronici – ha spiegato Vittoria Polidori, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace – è da febbraio che sollecitiamo il ministro a emanare il decreto che impone ai negozianti di ritirare gratuitamente un prodotto vecchio in caso di acquisto di un nuovo articolo di consumo. Ma ancora siamo in attesa nonostante questo provvedimento fosse previsto nel febbraio 2008!”

 

L’Onu calcola che ogni anno vengano prodotti nel mondo 20-50 milioni di tonnellate di rifiuti tecnologici. Di questi una buona parte viene esportata – spesso illegalmente – per finire in discariche incontrollate in Africa oppure a riciclatori clandestini in Asia, dove le normative a protezione dei lavoratori e dell’ambiente sono inadeguate o addirittura assenti.

Una vera bomba a orologeria se si considera che nei Paesi in cui vengono illegalmente trasferiti sono spesso i bambini a trattare questi rifiuti, con tutte le conseguenze legate all’esposizione ai cocktail chimici in essi contenuti e che si sprigionano quando i Raee vengono trattati in modo rudimentale e senza protezioni per la salute dei lavoratori.

 

L’inchiesta “Hi-Tox!” di Greenpeace denuncia le irregolarità riscontrate in questa fase di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (o RAEE) in Italia. Oltre il 40 per cento dei centri di raccolta visitati da Greenpeace non rispetta assolutamente i requisiti di legge. Un altro 40 per cento circa ha avuto una valutazione mediocre. Solo il 20 per cento ha ottenuto un giudizio positivo e fra questi tre centri su otto schedati in Lombardia, tre aree di raccolta su sei della Toscana, due su cinque in Sardegna, uno su dodici in Sicilia e un CdR su otto in Campania.

 

“Con i risultati della nostra ricerca sul campo, la situazione della raccolta dei rifiuti hi-tech si complica ancora di più”,  ha concluso la Polidori, sottolineando che “Se un cittadino volesse solo smaltire ad esempio un PC rotto (senza acquistarne uno nuovo) lo dovrebbe consegnare al centro di raccolta comunale o privato. Ma questo non sempre è possibile! I centri sono difficili da raggiungere, o addirittura inesistenti, molti sono stati trovati abbandonati, o in condizioni di gestione pessima, tali da mettere a rischio il territorio che li ospita”.  (a.t.)

 

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