Unione Europea
È arrivato ieri in tarda serata l’atteso via libera al nuovo pacchetto telecom, dopo l’accordo tra Commissione, Parlamento e Presidenza Ue.
La riforma, dalle linee decisamente più ‘morbide’ rispetto a quanto inizialmente proposto dal Commissario Viviane Reding, sarà adottata formalmente dal Parlamento entro il mese di aprile, maggio al massimo, per entrare in vigore il primo gennaio 2010.
L’accordo sul nuovo ‘pacchetto telecom’ è frutto di un paziente lavoro di mediazione, portato avanti dalla Reding con determinazione, anche a costo di scontrarsi con le lobby e la forte opposizione di alcuni Stati membri.
Certo, non tutto ha preso forma come il commissario lussemburghese avrebbe voluto, ma i nodi sono stati sciolti e il settore europeo delle telecomunicazioni potrà avere nuove regole: saranno in grado di rafforzare la competizione, far scendere i prezzi dei servizi e assicurare maggiore scelta ai consumatori, come nelle intenzioni?
Intanto, il compromesso sull’Authority europea delle tlc, ha portato alla nascita di BEREC, un organismo formato dai rappresentanti delle Autorità nazionali, con qualche potere in più rispetto all’ERG.
Il nuovo organismo è stato al centro di un lungo braccio di ferro tra la Commissione e gli Stati membri: nella sua proposta, Bruxelles proponeva di introdurre un diritto di veto sulle decisioni prese dai regolatori nazionali: una misura che – secondo l’esecutivo europeo – avrebbe permesso una reale armonizzazione del mercato europeo delle telecomunicazioni e favorito i servizi transfrontalieri. Ma i ministri si sono opposti con forza, proponendo di dare alla Commissione soltanto il potere di emettere delle ‘opinioni’ e delle raccomandazioni non vincolanti.
Germania e Spagna, in particolare, erano in favore del mantenimento dello status quo, secondo cui a occuparsi delle questioni legate alle telecom avrebbe dovuto continuare a essere il gruppo dei regolatori europei.
BEREC – in base al compromesso raggiunto nell’ultima riunione del trilogo (Consiglio, Commissione e Parlamento Ue) – potrà muovere delle osservazioni in merito alle decisioni regolamentari prese dagli Stati membri, attraverso delle raccomandazioni non vincolanti. Se però, dopo un tempo massimo di due anni, la situazione nello Stato oggetto della raccomandazione non avrà registrato progressi, allora la Commissione europea potrà emanare una decisione che sarà a quel punto vincolante.
In questo modo, i governi dei Paesi Ue avranno il tempo di adeguarsi ai ‘consigli’ della Ue, ma non potranno in alcun modo eludere le regole comunitarie.
Riguardo poi le reti di accesso di nuova generazione, è stata ribadita la necessità di tenere conto dei rischi assunti dalle aziende che investono nel settore, che ricadranno con ogni probabilità sulle maggiori società tlc nazionali, venendo incontro così alle richieste della Germania. Ma è stata altresì riaffermata l’esigenza di rispettare le regole della concorrenza in materia di accesso, garantendo agli operatori alternativi costi equi e trasparenti per l’affitto delle infrastrutture.
Gli investimenti nelle nuove reti richiedono infatti un’altissima disponibilità di capitali – è stato calcolato che per la loro realizzazione, a livello europeo, occorrano almeno 300 miliardi di euro – e sono caratterizzati da un’altrettanto elevata incertezza per quel che riguarda la risposta del mercato.
Fonti comunitarie vicine al dossier hanno spiegato che questo compromesso “promuove gli investimenti e l’innovazione, ma non a costo di rinunciare alla concorrenza”.
Il pacchetto, oltre a riaffermare la necessità di garantire l’indipendenza dei regolatori nazionali dai rispettivi governi, include anche la possibilità di imporre la separazione funzionale della rete, ma solo come ‘ultima spiaggia’ nel caso in cui altre misure non abbiano dato risultati. Soddisfatti i grandi operatori, come Deutsche Telekom e Telefonica, fortemente contrari alla possibilità di dare ai governi facoltà di imporre la scissione tra la proprietà delle reti e la gestione dei servizi.
Sul fronte dei diritti dei consumatori, viene sancito il diritto al cambio di operatore telefonico con portabilità del numero entro un giorno dalla richiesta. Diritto rispettato solo in una manciata di Stati membri, mentre in altri – tra cui l’Italia – i consumatori sono costretti ad aspettare anche 15 giorni, senza alcuna motivazione tecnica.
La riforma, infine, ribadisce che gli utenti internet devono essere in grado di accedere a qualsiasi contenuto, con qualsiasi dispositivo, ma mantiene intatta la facoltà per gli operatori di utilizzare sistemi di gestione del traffico.
Necessaria, infine, l’autorizzazione della competente autorità giudiziaria per limitare la connessione degli utenti che scaricano o condividono in rete materiale protetto da copyright.
Niente caccia ai downloaders, dunque, come voleva la Francia, che insisteva sulla necessità di bloccare la connessione degli utenti recidivi.